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ricorso contro avviso di accertamento da parametri – studi di settore

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ALLA COMMISSIONE TRIBUTARIA PROVINCIALE DI B A R I

Oggetto: ANNO 1999 – IMPOSTE  IRPEF – ADDIZIONALE REGIONALE IRPEF – IRAP – CONTRIBUTI PREVIDENZIALI INPS – I.V.A. –

RICORSO avverso l’Avviso di Accertamento n. RF 311, prot.N. 6 xxx del xxx.10.xxxxx, dell’UFFICIO DELLE ENTRATE GIOIA DEL COLLE, Via Prov. Noci, atto notificato in Turi in data 0x.1x.xxxx.

Contro:
AGENZIA DELLE ENTRATE UFFICIO DI GIOIA DEL COLLE.

RICORRENTE

zzzzzzzzzzzzz, nato a zzzzzzzz) il zzzz e residente in zzzzzz alla via zzzzzzzzzzzzzzzzzzzz,  C.F. zzzzzz,

e per suo nome e conto, il difensore tecnico abilitato:

Rag. Tonio Detomaso, nato a Putignano (Ba) il 4.9.1947, con studio alla Via                                      G.
Pascoli, n.27/a, 70017 Putignano (Ba), Cod. Fisc.  DTMTNO 47P04 H096B, giusta procura alle liti,
rilasciata a margine del presente atto di ricorso, a cura dello stesso ricorrente xxxxxxx.

1)     CON RICHIESTA DI SOSPENSIONE DELL’ATTO IMPUGNATO, AI SENSI DELL’ART. 47 DEL D.LGS. 31.12.1992, N.546 e s.m.;

2)     CON LA RICHIESTA DI TRATTAZIONE DELLA CAUSA IN PUBBLICA UDIENZA, AI SENSI DELL’ART. 33, 1° COMMA DEL D.LGS. n.546/92. 

Il sottoscritto difensore rag. Tonio Detomaso, libero professionista in Putignano (Ba), ha ricevuto mandato difensivo dal Signor
xxxxxxx essendogli giunto a notifica il xxxxxxxxxx.2006 l’avviso di accertamento n. RF 3xxxxxxxProt. n.xxxx del xxx06), emesso dall’AGENZIA DELLE ENTRATE DI GIOIA DEL COLLE.

Egli in esecuzione del mandato difensivo ricevuto, ha riscontrato la totale infondatezza ed illegittimità del citato avviso di accertamento, pertanto, ai sensi dell’art. 18 e seguenti del D. Lgs. 31.12.1992, n. 546 e s.m.,

RICORRE

A Codesta On.le Commissione Tributaria Provinciale, quale Giudice a quo, affinchè eserciti la relativa cognizione e decida la controversia ai sensi dell’art. 36  dello stesso D. Lgs. N. 546/1992.

MOTIVI DEL
RICORSO

IN FATTO

1) L’Agenzia Delle Entrate di Gioia del Colle notificava a mezzo raccomandata r.r. n. xxxx, prot. xxx3 del xxxxxx, l’invito n.
P00xxx/2004
(allegato n..1), a presentarsi il giorno 5.12.2xxx in Ufficio ai fini dell’instaurazione del contradditorio e dell’eventuale
definizione dell’accertamento con adesione, ai sensi del Decreto Legislativo 19.6.1997, n.218 ; 

2) Per l’incontro è stato redatto il processo verbale n. xxxxx del xxxxx (all.2) ed in quell’occasione il delegato rag. Tonio Detomaso esibiva memoria esplicativa (all.n.3), con la quale  chiedeva l’archiviazione per mancanza dei presupposti di fatto e di legge. Il funzionario preposto, fatta una preliminare cognizione delle ragioni adotte dalla parte, riteneva possibile l’archiviazione o quanto meno definire la controversia con lo strumento dell’accertamento con adesione, pertanto si riservava la valutazione del caso.

3) Il contradditorio, tuttavia, svaniva nel vuoto fino al xxxxx.2006, giorno in cui è pervenuto a notifica l’accertamento; 

4) Con le memorie depositate in risposta all’invito, il contribuente faceva rilevare all’Uffcio che:

  • Il codice attività indicato nell’invito 71402 è errato, mentre quello giusto è 71403, non solo in termini di numero ma di concreta ed effettiva  attività svolta.
  • Il costo del venduto pari a £. xxxxxxxxxxxxx000.= mette in evidenza quanto sia modesta l’attività esercitata dal contribuente. Attività esercitata in un piccolo centro agricolo della Puglia  da un giovane soggetto che, non avendo trovato ancora soluzione al problema della disoccupazione, ha pensato bene di rendersi autonomo dedicandosi all’attività di cui sopra, contando sull’aiuto finanziario iniziale del padre. I risultati economici e finanziari sono stati sempre modesti, tanto da consentirgli solamente la sopravvivenza personale e del suo modesto negozio in xxx.  Vero è, altresì, che per soddisfare inderogabili bisogni di famiglia egli deve, durante la stagionalità della campagna, lavorare alla raccolta di ciliegie, pesche ed altro.   
    Il valore dei beni strumentali indicato per l’anno 1999, rappresenta la sommatoria degli acquisti delle videocassette fin dall’anno 1993, primo anno d’attività, e tra queste tantissime sono ormai obsolete, molte altre rotte o non più richieste perché superate da films più recenti; motivo per cui detto valore non rappresenta assolutamente un dato contabile attendibile ai fini dei parametri. Il semplice fatto che le cassette siano materialmente nel negozio, ma non utilizzate, non significa attitudine alla produzione di reddito, pertanto, per una corretta rappresentazione del valore dei cespiti da cui i parametri traggono gli elementi per il calcolo dei maggiori ricavi, il contribuente deve stralciare tutte queste cassette, ora per allora, dalla propria contabilità  al fine di aggiornare il valore dei beni strumentali che effettivamente sono presenti nel ciclo produttivo e, soprattutto, che abbiano significatività economica, così come previsto anche dalle norme del Codice Civile. L’attuale rilevazione contabile mette in evidenza che, oggi, detto valore contabile è di xxxxxx0,00 euro ed il residuo euro 6xxxx0,00, mentre la prudente stima fissa il valore commerciale a poco più di un migliaio di euro. E’ evidente che il ricalcalo dei parametri, riformulato con questi valori, darà risultati completamente diversi da quelli indicati dall’Ufficio nell’invito di cui all’oggetto; ovvero il soggetto è congruo trovandosi sopra la soglia dei ricavi parametrati (all.n.7).   
    Per le medesime ragioni suesposte e per connessione, la voce quote di ammortamento indicata in £. xxxx.000.=, sebbene esatta come valore assoluto, andrebbe scomposta in quota di ammortamento e quota di minusvalenza, con la conseguenza che quest’ultima parte di costo non concorre alla formazione dei ricavi da parametri.
    L’Ufficio, nel suo invito, determina, sulla base dei parametri di cui al D.P.C.M. 29.1.1996, maggiori ricavi pari a lire 1xxxxx.000.=, senza tuttavia fornire spiegazione di come perviene a tale risultato.
  • Si  riferisce che da diversi anni ormai, questa attività, che già era transitoria per chi la esercitava, non ha più senso economico ove si consideri il basso costo commerciale delle cassette, CD e DVD, utilizzate con l’attuale aggiornatissima strumentazione tecnologica e le infinite possibilità di vedere films navigando in internet, per non parlare dei brillanti servizi forniti da SKY ed altri attraverso l’uso della TV anche digitale e/o computers . Il sottoscritto è in paziente attesa di un posto di lavoro.          
  • Il reddito d’impresa 1999 conseguito e dichiarato pari a £. xxx.000.= è quello effettivo che scaturisce dai ricavi meno i costi, dati opportunamente  registrati nelle scritture contabili.
  • L’attività in questione non è soggetta a studi di settore.
    5) L’avviso di accertamento qui impugnato, alla pag. 3-bis, riporta le motivazioni, giudicate prive di fondamento e delle ragioni giuridiche in ordine ai motivi che seguono:
  • Non è di poco conto, anzi al contrario è sostanziale, il fatto che il codice attività sia 71403 e non 71402. Quando l’Ufficio dice “ … si
    osserva che tale codice 71403 corrisponde al codice “ Atecofin” in vigore a decorrere dall’anno d’imposta 2004, mentre fino all’anno d’imposta 2003, l’attività corrispondentre al medesimo codice 71403 era unificata con l’attività corrispondente al codice 71402, indicato nel citato invito, che pertanto deve considerarsi corrispondente anche all’attività effettivamente svolta dalla S.V., di noleggio videocassette, Cd, dvd, etc”,
      non si può che trarre la conferma dell’inesattezza della determinazione dei ricavi mediante i parametri in quanto il risultato economico nell’applicare un codice anzichè un’altro da luogo a differenti ammontari di ricavi; da qui il vizio nella pretesa erariale che si presenta incerta, approssimativa nel quantum e della sua infondatezza. Falsa richiesta!. Manca la  ragionevolezza e la certezza del diritto.
  • Quanto ai beni strumentali, l’Ufficio, sorprendentemente e con atto di accertamento sostitutivo, torna sui suoi passi e riferisce che è disposta ad abbattere il valore complessivo dei cespiti ( cassette del 1993) di un 10%, riconoscendo che dette cassette del 1993 sono in effetti da ritenere in parte obsolete. Dal momento che si sta parlando di potenziali ricavi da noleggio di videocassetteda iscrivere come ricavi nell’esercizio 1999 ma riferite a cassette acquistate nel 1993, la proposta ( fatta nell’atto di accertamento) dell’Ufficio assume il
    carattere dell’irragionevolezza, dell’ irrazionalità e della improponibilità.
  • E’ già di per sé una forzatura legislativa quella di considerare per il 1999 un bene strumentale con valore storico del 1993, al lordo di ammortamenti, al fine di determinare i ricavi buoni per l’esercizio 1999. Cioè il bene vecchio di sette anni, secondo la norma, darebbe potenzialmente una quantità di ricavi pari a quelli conseguibili dallo stesso bene se acquistato nell’anno 1999 e portato ad utilizzazione nell’anno accertato 1999.

Quindi, il valore delle cassette riferite all’anno 1993, per effetto dello sconto del 10%, diventa di lire xxxx6.000, gli ammortamenti da lire xxx91.000 diventano lire xxx.000. Rifacendo il calcolo dei parametri, i maggiori ricavi scendono da lire xxxxxx63.000 (vedasi invito a comparire) a lire xxxxxxx (pag. 3-bis dell’accertamento) e ciò nel giro di 16 giorni, tanti quanti ne intercorrono tra il primo avviso di accertamento notificato il 1xx.2006 (all. n.4, solo 1^ pagina) ed il secondo appunto notificato il 5xxxx.2006 che sostituisce il primo!. C’è da chiedersi se maggiore tempestività ed attendibilità nell’operato dell’Ufficio impositore non porti a risultati diversi e ad un rapporto più trasparente, meno diffidente, più conciliativo tra fisco e contribuente.
Le altre sono  pseudomotivazioni che non recano la vera e sostanziale motivazione così come definita e voluta dal legislatore, dalla giurisprudenza e dai cultori del diritto.
In pratica l’Ufficio perviene al maggior ricavo, attraverso i parametri che sono costituiti da alcune voci di costo ai quali si applicano coefficienti medi prestabiliti per tutto il territorio Nazionale e per codice attività d’impresa,esponendo la pretesa erariale in: Euro xxx8,81 per
la maggiore imposta irpef  accertata;

  • Euro xxxxx0 per addizionale Regionale Irpef;     Euro xxxxx3 per Irap; Euro 1.xxxx37 per I.V.A.;  Euro 1xxxx66 per I.N.P.S.;
  • Euroxxxxxxx,22 per sanzioni;
  • Euro 6xxxx8 per interessi.

Il tutto senza indicare come l’Ufficio abbia determinato il maggiore imponibile da parametri di cui al D.P.C.M. 29.1.1996, e quindi non illustrando i passaggi logico-giuridici seguiti, nè gli indici e coefficienti utilizzati per i calcoli, nè i motivi del loro impiego.

IN  DIRITTO

  1. 1.      VIOLAZIONE DELLA CARTA COSTITUZIONALE 1.1. Art. 53 della Costituzione-. Profili di costituzionalità dei parametri e degli studi di settore in relazione al principio della capacità contributiva.

L’analisi della normativa dettata per i parametri ( art.3, commi 181-189, L.549/1995) e per gli studi di settore ( D.L. n. 331/1993), coordinata
con le disposizioni in materia di accertamento ( art. 39 e 40 D.P.R. 600/73, e 54 dpr 633/72) deve essere condotta necessariamente alla luce dei principi costituzionali in tema di imposizione tributaria e, in particolare, di capacità contributiva (art. 53 cost.). Secondo il dettato costituzionale l’attività impositiva soggiace a due limiti:

  • non vi può essere imposizione se non in forza di una legge (art.23);
  • La contribuzione di ogni cittadino alle spese dello Stato deve avvenire in proporzione alla capacità contributiva ciascuno (art.53).

Il principio contenuto nell’53 della Carta Costituzionale, ovvero dell’effettivo concorso alle spese pubbliche in base alla capacità contributiva
è palesemente violato, atteso che la stessa viene determinata astrattamente, senza alcun riscontro obiettivo, e sopratutto senza tenere in debito conto le situazioni patrimoniali, ambientali, dell’occupazione e particolari dell’imprenditore ( specie del micro imprenditore), che senza dubbio devono essere tenute in debito conto al fine di determinarne concretamente la reale capacità contributiva;

1.2.  Art. 3 della Carta Costituzionale.  Per la grave disparità di trattamento tra i cittadini, in quanto per una medesima attività taluni sono
verificati dall’Amministrazione Finanziaria con i soliti e diversi strumenti di accertamento, es. accertamento analitico, accertamento sintetico, accertamento induttivo, etc, mentre altri sarebbero oggetto dell’azione accertatrice solo in base al sistema dei parametri, e ciò in evidente violazione del principio Costituzionale di uguaglianza, che implica uguale trattamento in situazioni identiche;

1.3 Art. 24 della Carta Costituzionale- In quanto il sistema dei parametri comprime fortemente fino a renderlo non più effettivo il diritto di difesa del cittadino, essendo lo stesso sistema legato a termini e dati la cui genesi e la cui ratio non è dato comprendere e quindi confutare, come non avviene per gli altri sistema di accertamento, i quali essendo fondati su elementi certi, su rigorose risultanze documentali, su precise e definite valutazioni dell’Amministrazione Finanziaria offrono concretamente al singolo la possibilità della confutazione;

1.4. Art. 97 della Carta Costituzionale-  sotto il profilo della violazione del principio “dell’imparzialità”, della Pubblica Amministrazione, tra cui è
legittimo annoverare gli Uffici fiscali titolari del potere di accertamento.

Le norme, della cui costituzionalità è legittimo dubitare anche sotto questo profilo, determinano grave ed immotivato potere in capo ll’Amministrazione Finanziaria, in quanto gli Organi di essa preposti alla verifica, senza alcun vincolo o motivo, determinano essi soltanto,
nell’ambito dei soggetti potenzialmente verificabili con il sistema dei parametri, quali poi di essi in concreto siano assoggettati e quali invece
siano verificati con i sistemi alternativi. Ciò determina grave ed immotivata parzialità dell’andamento della Pubblica Ammnistrazione, in palese contrasto con il principio di cui all’art. 97, anche sotto il profilo “ del buon andamento”, determinando nei soggetti accertati con i parametri concrete motivazioni per l’esperimento del ricorso tributario, il che comporta evidente aggravarsi del peso del volume del contenzioso.

1.5 – In linea generale si può affermare che tassare in base a criteri di medietà implica, nel contempo la violazione del principio di eguaglianza, in quanto il metodo in esame non è applicabile alla generalità dei contribuenti, ma soltanto  a quelle categorie che, senza alcuna logica giuridica e giustificazione sono assoggettate al sistema improvvido della parametrazione contributiva.

E’ appena il caso di far notare alla On.le Commissione Tributaria che sono destinatari dei parametri i soggetti minori in contabilità semplificata, che abbiano dichiarato ricavi o compensi non superiori a 10 miliardi di lire e gli imprenditori ( persone fisiche e giuridiche) ed artisti e professionisti in contabilità ordinaria che abbiano dichiarato ricavi o compensi non superiori a 10 miliardi di lire, nei soli casi in cui risulti da un verbale di accesso, ispezione o verifica l’inattendibilità della contabilità ordinaria ( lett. a e b, comma 181, dell’art.3, L. 28.12.1995, n.549).

Da qui l’evidente e manifesta difformità di trattamento tra contribuenti appartenenti a diverse categorie: per alcuni si utilizzano strumenti di
accertamento di natura presuntiva e limitativi dell’esercizio del diritto di difesa, laddove per altri si fa ricorso a metodi analitici e garantisti,  in quanto collegati a precisi dati, rivenienti da operazioni documentalmente provate, senza ingresso alcuno a situazioni ideali di confronto che possono non avere alcun riscontro obiettivo, attesa la libertà dell’iniziativa economica privata, e il fine sociale cui essa è costituzionalmente collegata.

Per il combinato disposto degli artt. 24 e 53 della Costituzione, poi, il contribuente ha solo in linea teorica la più ampia possibilità di difesa, ma
non poche difficoltà nascono dal fatto che solo gli eventi eccezionali dell’impresa sono documentabili (e neanche tutti). Rimane, invece, non legato alla documentazione ogni evento di gestione che possa determinare sintomatiche patologie della vita di ogni impresa: da ciò conseguono le difficoltà dell’onere probatorio per il contribuente, il quale non potrà concretamente esercitare il diritto di difesa, per spiegare le cause di una redditività che non riesce a superare la soglia teorica imposta dal parametro.          

In definitiva la metodologia dei parametri, nella linea del sistema garantista cui la nostra Carta Costituzionale si ispira, non soddisfa, inoltre, per questi due argomenti:

per primo la notifica di un avviso di accertamento ha conseguenze in sè sanzionatorie; essa implica, infatti, un pregiudizio per il contribuente,
sopratutto economico, essendo l’atto suscettibile di diventare defintivo e motivo dell’iscrizione a ruolo di una parte delle imposte accertate;

Per secondo: manca l’identificazione del campione di contribuenti, economicamente coerenti, assunto per la formazione della “ base di riferimento “, poichè nè la nota tecnica e metodologica, nè altre fonti ufficiali forniscono chiarimenti sullo specifico punto. In via astratta o il riferimento è a posizioni soggettive verificate mediante attività ispettive e di riscontro ( ma anche tale ipotesi lascia pur sempre dei margini di incertezza ) oppure l’enucleazione è scaturita dal confronto con indici di produttività o di redditività forniti dalle categorie economiche interessate, cioè di parte;

  • Non esistono correttivi territoriali, nè a livello Regionale nè a livello di centro abitato in cui l’attività viene esercitata. Ciò significa che in base ai parametri la stessa attività commerciale o professionale al centro di Milano o in un paese ipotetico della Puglia con meno di 1000 abitanti dovrebbe, produrre il medesimo fatturato e lo stesso volume di compensi. La mancanza di certezza, quale indice di attendibilità, è conseguenza (dannosa) inevitabile delle procedure per valori medi. Sarebbe davvero pretestuoso pretendere di raggiungere, per tale via, risultati conseguibili esclusivamente con metodologie analitiche per cui, una volta optato per uno schema sintetico-induttivo, occorre gioco forza accettare anche possibili profili negativi quale inevitabile conseguenza del sistema procedurale prescelto.

L’art. 3, comma 184, della L. 28.12.1995, n. 549, recita “ Il Ministero delle Finanze – Dipartimento delle entrate, elabora parametri in base ai quali determinare i ricavi, i compensi ed il volume d’affari fondatamente attribuibili al contribuente in base alle caratteristiche e alle condizioni di esercizio della specifica attività svolta. A tal fine sono identificati, in riferimento a settori omogenei di attività, campioni di contribuenti che hanno presentato dichiarazioni dalle quali si rilevano coerenti indici di natura economica e contabile; sulla base degli stessi sono determinati parametri che tengono conto delle specifiche caratteristiche della attività esercitata”. Evidente è che la parametrazione viola l’art. 53 della Costituzione. Ma lo stesso criterio impositivo contrasta con l’art. 41 della stessa Carta Costituzionale, che tutela l’iniziativa economica privata, compreso quella di iccolissima dimensione.

Invero, l’impossibilità, connessa al modesto reddito, di procedere al pagamento dell’imposta di attività, avrebbe come conseguenza ’immediato abbandono dell’impresa esercitata ovvero dell’arte o professione svolta, con evidente compressione del diritto sancito dal citato art. 41 della Costituzione.

Il D.P.C.M. 29 gennaio 1996, art.4, indica quali sono le voci e le variabili utilizzate per la determinazione dei ricavi indicati nel comma 1 dell’art. 6:

Costo del venduto, costo per la produzione dei servizi, valore dei beni strumentali, spese per il personale dipendente, quote spettanti ai collaboratori familiari, partecipazione agli utili, quote di ammortamento, acquisti di servizi. Oltre alla eccessiva limitazione dei fattori di costo considerati concorrenti, non è nota la procedura di ottenimento delle percentuali medie valevoli per tutto il territorio Nazionale; ovvero non si conosce il modello matematico statistico utilizzato, nè gli indici stessi.          

Visti i principi Costituzionali in materia di contribuzione fiscale fortemente violati dall’applicazione dei parametri, l’avviso di accertamento
opposto è illegittimo, infondato e comunque da censurare per i seguenti ulteriori motivi:

  1. ILLEGITTIMITA’ DELL’ACCERTAMENTO

2.1. L’accertamento parametrico dei redditi ai sensi dell’art. 3, comma 181, della L. 549/1995,utilizzando i parametri di congruità dei ricavi e dei compensi stabiliti nel D.P.C.M. 29.1.1996, notificato alla parte dopo 7 anni dall’anno cui si riferisce (1999), deve ritenersi atto illegittimo perchè fondato su un sistema di determinazione dei ricavi non reso obbligatorio fin dalla nascita dell’obbligazione tributaria. Il contribuente in fase di redazione della dichiarazione dei redditi, se sa di dover obbligatoriamente adeguare il suo reddito ai parametri, ha la possibilità di decidere al momento se proseguire nell’attività economica  oppure cessare (certezza del diritto e quindi certezza degli obblighi tributari). Tra l’altro
con grave violazione dell’iniziativa economica privata che diventa non più libera come invece vorrebbe l’art. 41 della Costituzione.

2.2 Il D.P.C.M. 29.1.96, emanato in attuazione dell’art. 3, comma 181, della L. N. 549/1995, ha natura regolamentare a valenza normativa. A norma dell’art. 17 della L. N. 400/1988,il suddetto D.P.C.M. necessitava del preventivo parere del Consiglio di Stato, in mancanza del quale deve considerarsi illegittimo perchè emanato in violazione di legge e, come tale, va disapplicato ai sensi dell’art. 7, comma 5, del D. Lgs. N. 546/1992, con conseguente annullamento degli avvisi di accertamento che si fondano sulla sua applicazione. C.T.Regionale di Bari, Sez. I, 27.9.2005, n.42; C.T. Regionale di Bari, sez. I, 17.11.2005, n.54; C.T,Regionale di Bari, 12.7.2006, n.46; C.R. Provinciale di Bari, 21.1.2004, n.3; C.T: Provinciale di Bari, sez. VIII, 10.02.2006, n.141; C.T. Provinciale di Bari, 5.4.2006, n.57.

  1. 3.      INCOMPATIBILITA’ DEGLI STRUMENTI PARAMETRICI – CALCOLO MATEMATICO – CON IL SISTEMA DI ACCERTAMENTO ACCOLTO DAL LEGISLATORE DELLA RIFORMA TRIBUTARIA DEL 1971 – ILLEGITTIMITA’.

Il sistema di accertamento del reddito e del volume d’affari per gli imprenditori commerciali e gli esercenti arti e professioni, quale emerge dal
tessuto normativo della riforma tributaria del 1971, è caratterizzato:

a)      dall’estensione di obblighi formali, di carattere strumentale rispetto al prelievo, a tutti i soggetti rientranti nelle citate categorie;

b)      dalla molteplicità di tali obblighi e dalla rigidità della loro disciplina, al fine di pervenire a dati numerici precisi;

c)      dalla previsione di sanzioni elevate in caso di violazioni di obblighi formali allo scopo di assicurare il loro adempimento, considerato essenziale ai fini dell’accertamento;

d)      dall’attribuzione di rilevanza preminente alla regolare tenuta della contabilità, sì da potersi ritenere che essa fa prova a favore del contribuente;

e)      dalla circostanza che, ai fini dell’accertamento di un maggior reddito o di un maggior volume d’affari rispetto ai dati dichiarati, incombe sul Fisco l’onere di fornire le prove in contrasto con le risultanze contabili.

Se tale è il sistema di accertamento voluto dal legislatore della riforma del 1971, il meccanismo degli strumenti parametrici si presenta come un corpo estraneo, inconciliabile con la logica che ha ispirato le norme emanate negli anni 1972/1973, tuttora vigenti nel loro impianto originario.

Il ricorso ai parametri nega rilevanza ai dati emergenti dalla contabilità e produce l’inversione dell’onere della prova, rendendola di fatto in taluni casi “diabolica”, con la conseguente compressione dell’esercizio del diritto di difesa e l’inevitabile tassazione su disponibilità di ricchezza non effettiva in aperta violazione del principio di capacità contributiva. Se si vuole attribuire rilevanza agli strumenti parametrici a preferenza dei dati emergenti dalla contabilità, occorre eliminare larga parte degli obblighi formali, che in tale prospettiva non presenterebbero alcuna utilità, e ridurre in modo significativo le gravosissime sanzioni che in atto li assistono. La Giurisprudenza tributaria di merito è consolidata nel ritenere illegittimi gli avvisi di accertamento fondati esclusivamente sul calcolo matematico dei parametri contabili, senza il supporto del riscontro
documentale e dell’analisi della specifica situazione in cui si trova il contribuente, che confermi le risultanze delle presunzioni. Tra le numerose
Sentenze pubblicate, si elencano alcune della Commissione Tributaria Provinciale di Bari: SEZ.XXI,7.5.2001 n.89; Sez. XIV, 5.2001, n.42;  SEZ. I, 21.12.2001, n.1048;  SEZ. XXII, 4.2.2002, n.6;  SEZ II,26.2.2002, n.73;  SEZ. XXIII,26.3.2002,n.547;  SEZ. XXI,8.3.2002,n.83  EZ.XII,8.4.2002,n.538; SEZ. XXII, 8.4.2002, n.213/22/02;SEZ.XXIII,23.4.2002,n.239/23/02. sezioneIX,7.10.2002,n.213;Sezione.7.112002,n.330;  SezioneXIV,21.11.2002,n.196;SezioneXVIII,22.11.2002,n.314; SezioneVIII,24.1.2003,N.296. 

Per ultimo lo scostamento tra alcuni dati contabili dichiarati dal contribuente e quelli previste da tabelle o parametri stabiliti dall’Amministrazione finanziaria può costituire elemento utile a provocare un’indagine o una verifica, ma non può assurgere a fatto certo dal quale risalire al fatto ignorato del possesso del reddito, per carenza dei connotati della gravità, precisione e concordanza ( C.T.Provinciale di Bari, 2.3.2006, n.399) ed altre di Bari CTR ,sez.I, 19.5.2006, n.42; CTR, sez. V, 10.1.2006, n.92; CTR Sez. VI, 6.3.2005, n.7; CTR, sez. VI, 13.6.2005, n.34.   

  1. 4.     FALSA ED ERRONEA APPLICAZIONE DEGLI ARTT. 38 E 39, COMMA 1 LETT. D) D.P.R. N.600/73 E ARTT. 54 E 55 D.P.R. 633/72. L’autore BENEDETTO SANTACROCE, sul Sole 24 ore del 7.2.2000 scriveva: “”I parametri e gli studi di settore, ai sensi del combinato disposto degli articoli 62 bis e 62-sexies del Dl 331/93, costituiscono specifici strumenti di accertamento idonei ad aiutare l’A.F. a rettificare  le gravi incongruenze mascherate dalla correttezza formale delle scritture contabili. Questi strumenti, anche se con un livello di affidabilità e di sofisticatezza diversa, possono condurre alla realizzazione di rettifiche di natura analatica presuntiva, costituendo essi stessi un elemento rilevante a livello di motivazione dell’avviso di accertamento. D’altro canto, bisogna rilevare  che la formulazione delle norme citate non consente di affermare, in senso assoluto, che il semplice scostamento dagli studi di settore ovvero dai parametri possa essere di per sè sufficiente a configurare quelle “ gravi irregolarità” che possono essere alla base di una qualsivoglia accertamento fiscale. Conferma in tal senso è rilevabile dall’art. 10 della legge 146/98 che, in materia di accertamento, fa sempre ed unicamente riferimento agli accertamenti analitici basati su elementi presuntivi di cui all’art. 39, 1° comma, lettera d) del D.P.R. 600/73. Evidentemente il legislatore richiamando la particolare norma e non anche l’art. 39, 2° comma, del D.P.R. 600/73 ( accertamento induttivo) si è reso conto della portata limitata dei
    particolari meccanismi e ha voluto intendere che gli studi e i parametri costituiscono elementi motivazionali importanti per infrangere la perfetta correttezza contabile, ma non sono di per sè idonei a consentire un accertamento vero e proprio se esso stesso non viene suffragato da ulteriori elementi di natura analitica che vengano ritrovati attraverso l’analisi delle scritture ovvero attraverso l’esperimento e la realizzazione di controlli indiretti di altro genere esperiti in sede di accertamento con adesione.
    C.T. Provinciale di Bari, Sez. VIII, 24.1.2006, n.177. Lo stesso Ministero delle Finanze, illustrando la portata della riforma connessa all’introduzione dei nuovi strumenti di accertamento presuntivo, nella Circolare 110/E del 21.5.1999, ha sottolineato con chiarezza che la naturale conclusione delle specifiche procedure di controllo è rappresentata non tanto dall’avviso di accertamento, ma dall’istituto dell’accertamento con adesione. Istituto che consente la creazione di un contradditorio con il contribuente e offre a quest’ultimo di addurre diversi tipi di giustificazione.Proprio alle giustificazioni il Ministero delle Finanze dedica un’ampia parte del suo intervento. Così facendo, da una parte, vuole convincere i contribuenti della flessibilità del particolare strumento e, dall’altra, implicitamente ammette, l’efficacia limitata connessa agli studi di settoreCirca gli inviti ed il contradditorio con l’Ufficio, anche la Circolare n. 203/E del 20 ottobre 1999, ha ribadito che in detta fase è possibile correggere i dati esposti nella
    dichiarazione originaria
    , possono essere portate prove e giustificazioni  sufficienti a dimostrare la non applicazione dei parametri; insomma il contradditorio consente una più ragionata e fondata misurazione del presupposto impositivo, che tenga conto degli elementi di valutazione offerti dal contribuente, con il primario obiettivo di pervenire alla definizione della posizione in sede amministrativa attraverso  l’istituto dell’accertamento con adesione. Si evince, quindi, la volontà dell’Amministrazione finanziaria di voler a tutti i costi definire la vertenza. Infine, l’Ufficio deve tener conto delle ragioni evidenziate dal contribuente, motivando negli atti l’accoglimento ovvero il rigetto delle stesse. Nel caso di cui trattasi l’Ufficio non ha ulteriori elementi, nè avrebbe potuto mai averli perchè non esistono, nè ha esaminato le scritture contabili. Il Ministero, quindi, ha demandato agli Uffici un compito di capacità tecnica, assai delicato, di responsabilità, ma sopratutto di attitudine alla corretta ed oggettiva valutazione della pratica. L’obiettivo prioritario deve essere quello
    di definire con l’adesione del contribuente. Come precisa lo stesso Ministero delle Finanze nel paragarfo 4.3 “ contradditorio” della Circolare 157/E del 7.8.2000, il risultato dei parametri non deve prescindere dal considerare la peculiarità dell’attività svolta in concreto e, perciò, deve tenere conto della particolare situazione dell’impresa o della professione esercitata (C.T.Prov.le Bari, Sez.I, 25.7.2005, n.115). Nessun strumento induttivo, siano essi i parametri o gli studi di settore, può obbligare il contribuente a dichiarare più di quanto
    effettivamente incassa, nè laddove la norma consente di prescindere in tutto o in parte dalle risultanze del bilancio e delle scritture contabili e di avvalersi anche di presunzioni prive di “ gravità, precisione e concordanza”, deve essere pur sempre interpretata come norma volta a determinare la capacità contributiva del singolo contribuente sulla base di argomentazioni logicamente attendibili, non già a consentire che tali particolari modalità accertative siano utilizzate per determinazioni non accurate o addirittura per punire il contribuente.
    C.T. Prov.le Bari, 18.2.2004, n.18 e C.T.Prov.le Bari., Sez. VIII, 23.9.2005, n.92 la cui Sentenza stabilisce che le presunzioni devono possedere i requisiti della gravità, precisione e concordanza, nonchè C.T. Regionale Bari, Sez. I, 24.8.2006, n.67.  
  2. 5.      DIFETTO DI MOTIVAZIONE DELL’ATTO DI ACCERTAMENTO- NULLITA’.      

Le motivazioni contenute nell’atto di accertamento impugnato non tengano conto delle memorie prodotte dal contribuente, e sono basate solo su presunzioni non aventi il carattere della gravità, precisione e concordanza. La parte in fase di produzione dei documenti richiesti dall’Ufficio mette in luce il dato di base importante, basilare, che è quello del valore dei beni strumentali assunti a valore storico del 1993, quando esso nel 1999 non aveva più alcun valore e non produtivo di alcun ricavo. Guardare in faccia la realtà con obiettività significa poter validamente e costruttivamente archiviare una pratica senza timore di aver omesso l’esame della stessa, non tralasciando l’osservanza dei profili giuridici che la investano. Se alla questione “beni strumentali”si aggiunge il dato concreto del “codice errato” considerato dall’Ufficio, si può ragionevolmente pervenire alla conclusione che solo i due elementi sono sufficienti per affermare che lo sviluppo parametrico dei maggiori ricavi è viziato da infondatezza ed errore, pertanto la presunzione di cui all’art. 39, 1 comma, non ha più il carattere della gravità della precisione e della concordanza. La conseguenza è nella nullità dell’atto. Come ha ribadito la Commissione Tributaria Regionale di Bari, Sez. 7, Sentenza n. 103 del 26 giugno 1999, “Il meccanismo dell’induttivo, non può essere utilizzato in ogni e qualsiasi situazione, ma solo in presenza di determinati presupposti che ne condizionano la validità sul piano normativo. Inoltre è altrettanto noto che l’atto conclusivo della procedura di accertamento, che manifesta all’esterno l’esercizio del potere impositivo della Pubblica Amministrazione, deve essere sorretto da idonea e congrua motivazione perchè possa ritenersi garantito il pieno e puntuale esercizio del diritto di difesa del contribuente. Se la presunzione non ha i connotati previsti  dalla legge non può racchiudere gli ulteriori caratteri della gravità, precisione e concordanza indicati in modo espresso dagli art. 38, comma3, e 39, comma 1, del D.P.R. 29.9.1973, n.600.  La motivazione risulta, altresì, inidonea poichè per il procedimento di controllo, assume rilevanza la fase del ontradditorio con il contribuente, che, come avverte la circolare Ministeriale 157/E del 7.8.2000, consente agli uffici fiscali di conoscere e considerare le specifiche caratteristiche dell’attività esercitata e di adeguare il risultato dell’applicazione dei parametri  alla particolare situazione
dell’impresa o della  professione esercitata.

L’obbligo di una adeguata motivazione degli atti amministratrivi che incidono su situazioni giuridiche soggettive ( qualificabili vuoi come diritti soggettivi vuoi come interessi legittimi) del contribuente, costituisce un principio generale del nostro ordinamento giuridico, come tale applicabile anche nel sistema normativo tributario, nonchè un principio di civiltà giuridica tendente a salvaguardare la fondamentale ed insopprimibile esigenza di circondare la sfera patrimoniale del contribuente di un adeguato strumento di garanzia, consentendo il controllo
giurisdizionale dei limiti legali del potere di imposizione ( così Cass.  10.1.1973, n.24, Corte Cost. 8.2.1966, n.7 e Cons. Di Stato 30.4.1966) ed
assicurare, quindi in ogni caso al contribuente, di fronte alla pretesa tributaria una difesa adeguata delle proprie ragioni ( Cass. 26.10.1988,
n. 5783; 13.7.1989, n.3285; 20.11.1989, n. 4966).

Un sensibile rafforzamento della tutela della posizione del contribuente discende dalla previsione dell’art.3 della Legge n. 241 del 1990 che ha
generalizzato l’obbligo di motivazione di tutti i provvedimenti amministrativi. Il comma 3 del citato art. 3 precisa che la stessa motivazione deve estendersi ai presupposti di fatto ed alle ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione dell’amministrazione, in relazione alle risultanze dell’istruttoria, norma ripresa integralmente nell’art. 7 della Legge 27.7.2000,n. 212 ( Lo Statuto del contribuente).

E’ chiaro, quindi, che la semplice menzione nell’accertamento di una o più norme regolatrici del sistema tributario, in mancanza di indicazione dei
presupposti di fatto e delle ragioni giuridiche, ma soprattutto degli elementi certi da cui poter costruire il giusto ragionamento tributario che conduce alla determinazione di quanto deciso dall’Amministrazione, nonchè degli elementi oggetto di calcolo,
non può mai costituire “motivazione”.  C.T. Prov.le Bari, Sez. VIII, 2.11.2005, n.122.

INFONDATEZZA DELL’ACCERTAMENTO.-

Alla pagina 3 bis dell’accertamento, “ Motivazioni ”:

a)      Con sorprendente semplicità l’Ufficio sostiene l’ininfluenza dell’uso di un codice anziché un altro, lasciando intendere che le medie statistiche applicate ad un codice vadano bene anche per gli altri!!!!. Il contribuente fin da 26.10.2004 comunicava all’Agenzia il cambio
del codice attività (all n.5) segnalando che il codice giusto, ovvero più adeguato alla realtà operativa del soggeto è il 71403 ( attività di noleggio videocassette, CD, DVD), ma per l’Ufficio uno vale l’altro, anche se il 71402 è stato attribuito per l’attività di “noleggio di altri beni per uso personale e domestico n.c.a.!!!!!!”  (all. n. 12).

b)      Per l’Uffico non ha alcuna importanza che già dalla fine degli anni 2000, l’attività di noleggio videocassette subiva il crollo verticale dovuto ormai alle infinite possibilità che INTERNET offriva agli utenti nello scaricare films;

c)      Per l’Ufficio non ha alcuna influenza il fatto che il valore della cassetta solo dopo 15 giorni dall’uscita perde in media il 25%
di valore e dopo 2-3 mesi il suo valore scende a non più del 25%. Come dire che il valore dei beni strumentali indicati in lire xxxxxxx0, andavano a fine anno 1999 indicati in non più dixxxxxx000 di lire, con il conseguente crollo dei ricavi da parametri, come, d’altronde, si è verificato nella realtà. Con l’allegato n. 10, costituito da 4 copie di fatture e n. 1 listino prezzi, si dimostra, inequivocabilmente, come l’acquisto del film “ una promessa è una promessa” cod. 7 del listino, è stato pagato all’acquisto lire 129.000, in fatt. N. 26/1997 del 29.10.97, mentre nel
listino di dicembre 1997 della Twentieth Century Fox H.E., è offerto al prezzo di lire 22.900 ( a distanza di 3 mesi dall’uscita !!!!!). Stesso discorso vale per gli altri tre prodotti di cui alle successive fatture.

d)      Circa il valore dei beni strumentali impiegati nell’attività ed indicati nella misura lire x000, si rammenta che detto valore storico
di acquisto dei beni è la sommatoria delle cassette acquistate fin dall’anno 1993 e che le stesse, dato il tempo trascorso al 31.12.1999, assumono qualche decina di milioni di valore e non l’abbattimento del 10% come proposto dall’Ufficio tardivamente ovvero nell’atto di accertamento qui impugnato. Si è spiegato che il valore della cassetta acquistata nel 1993, già dopo qualche mese si riduce del 75%. Il film riprodotto nella cassetta ha una efficacia nei primi 2-3 mesi dall’uscita, e quindi un normale corrispettivo, perché dopo, in conseguenza  della notevole diffusione
dei mezzi di riproduzione e pubblicazione e della stessa proiezione nelle sale cinematografiche, detta cassetta è destinata ad essere archiviata, cioè diventa un pezzo da museo. Si evidenzia, altresì, che il calcolo dei parametri sviluppato nuovamente con il valore scontato dall’Ufficio, ovvero considerando i beni strumentali pari ad euro xxx0 ( lire  xx00) e gli ammortamenti euro 1xxxxxx( 20xxxxx da come risultato ricavi di xxxx00 del tutto simili ai xxxx00 ottenuti dall’Ufficio, ma il maggior ricavo conseguito è di euro xxxx contro 6.9xxxx indicati dall’Ufficio; la differenza è considerevole ( alle n.6)!, ma ciò che importa è dimostrare che lo strumento medio statistico da solo, data la facile modificabilità dei dati, non può mai essere considerato strumento certo per l’accertamento e la determinazione dei maggiori ricavi. C.T.R. ari, Sez. VII, 9.5.2006, n.150.

e)      Il resto delle considerazioni fatte dall’Ufficio del titpo …“attività antieconomica “ bisogna riconoscere che è vero ma è altrettanto vero che bisogna solo prenderne atto, perchè questo è il tessuto economico della nostro territorio Barese, mentre, tuttora, il contribuente non riesce a trovare una sistemazione migliore; a tempo debito, nelle campagne di Turi, zona fertile, da una mano a qualche amico dedicandosi alla raccolta delle ciliegie, pesche; insomma si arrangia come può.

Certamente, il sistema parametri è studiato in modo da far emergere sempre ricavi: sarebbe stato facile per CIMOLI applicare alla compagnia di bandiera gli studi di settore per risolvere l’annoso problema delle perdite dell’ALITALIA. Si vuol dire che dai ricavi d’esercizio si sottraggono i costi e quindi si perviene all’utile o alla perdita di fine esercizio, ma dai costi, per quanto limati e compressi, e non c’è magia che tenga, non è possibile applicare coefficienti per conseguire ricavi! ( e’ possibile solo sulla carta ed ecco l’illegittima tassazione sul reddito inesistente).

f)       L’accertamento non indica, non spiega quali variabili siano state considerate, nè indica il gruppo di appartenenza, nè i coefficienti impiegati. Il contribuente subisce l’insieme dei calcoli senza conoscerli e quindi poter verificare. Fatto questo di inaudita gravità se si considera, ulteriormente, che l’art. 42 del D.P.R. 29.9.1973, n.600, al secondo comma, sancisce che l’atto di accertamento è nullo se in esso manca l’indicazione delle aliquote applicate e delle imposte liquidate.

Da qui è evidente il disordine concettuale nell’ideazione dei parametri, la irragionevolezza del risultato finale “ maggior ricavo determinato”, senza aver fatto conoscere il procedimento attuativo, senza aver reso noto i presupposti, senza aver spiegato le ragioni giuridiche che hanno oscurato l’obbligo di tenuta delle scritture contabili e connessi numerosissimi, complicati adempimenti tributari. C.T.Prov.le Bari, Sez. VIII, 11.2.2005, n.3. La situazione contabile riferita al contribuente (all. n.11) evidenzia che l’ incidenza maggiore nei costi, per questa attività,
è rappresentata dagli ammortamenti delle cassette ( lire 1$xxxxxx); giustificati oltre che dalla tecnica contabile e fiscale, dalla necessità di sostituire periodicamente le cassette ( è la funzione tipica dell’ammortamento). Per la verità, nella fattispecie, a modesto parere dello
scrivente, il processo di ammortamento andrebbe accelerato fino al punto di considerarlo esaurito in un esercizio, cioè nell’anno di acquisto, in luogo di “n” anni. In presenza di inconfutabili ragioni, per la non applicazione, nel caso di specie, dei parametri, indicate nella memoria
illustrativa a discarico della parte, l’Ufficio non avrebbe potu to ignorare l’accoglimento per l’archiviazione della pratica; tuttavia, per motivi non
noti, non solo ciò si è verificato,  ma non è seguita alcuna proposta dell’Ufficio di un possibile abbattimento percentuale dell’imponibile accertato, al fine di definire l’accertamento ai sensi dell’art. 5 del D. Lgs. 18.6.1997, n. 218, come da istruzioni diramate con Circolari dal Ministero delle Finanze. Ne deriva che l’omissione di parte della fase istruttoria, per violazione del D. Lgs. 218 e l’ inosservanza delle Circolari Ministeriali emanate in materia di accertamenti con i parametri, rende annullabile l’atto di accertamento.

P.Q. M.

Viene a finale considerazione che l’avviso di accertamento è completamente estraneo al nostro Stato di Diritto e dal suo Ordinamento Tributario, per violazione di norme Costituzionali, illegittimità, infondatezza, illiceità, abuso, arbitrarietà, e quindi da ritenersi nullo o soggetto a censura di annullamento.

Il sottoscritto, richiamando ciascun punto del ricorso,

CHIEDE

A) – Ai sensi dell’art. 47 del D.Lgs. 31.12.1992, n.546 e s.m. a Codesta On.le Commissione la sospensione dell’atto impugnato, non essendo il Lxxxxxxxxxxxxxxx in grado di corrispondere le imposte, le sanzioni e gli interessi richiestigli. La sua impossibilità a solvere in conformità alle conseguenze impositive ed esattive, si ancora e si raccorda al seguente ordine di motivi:

  •  l’Ufficio, non avendo saputo valutare la capacità economico-contributiva dello stesso contribuente, l’ha posto nelle prevedibili condizioni di danno di cui si è sopradetto;
  • Il contribuente non può utilizzare alcun fido bancario, prestito o altro, non avendo alcuna capacità di restituzione e nessuna banca disponibile a concedergli somme. Proprio perché vi è la lesione di un così ovvio requisito dell’accertamento e di un precetto costituzionale così fondamentale, che è lo scopo primario stesso di ogni accertamento tributario, ignorato il quale si è contemporaneamente omesso di stabilire l’effettiva esistenza di una pur essa effettiva capacità contributiva, il sottoscritto, in aggiunta a quanto ha già scritto sul punto che ad essa concerne, enuclea quanto segue. L’indole giuridica della chiamata esattoriale, ingenerata dagli atti fiscali da accertamenti o rettifiche, è data da norma, dottrina antipositivista, ispirata da un genere di norma di difficile qualificazione, ma che sicuramente
    ha tanto contribuito a gettare ombre sulla riforma del contenzioso tributario (Andrea Colli Vignarelli, ricercatore nell’Università di Messina: in Rassegna tributaria n. 23 Maggio-giugno 1996). Essa è, in concreto, camuffamento dell’aborrito ed abolito (sic) istituto del solve et repete. La natura giuridica dell’intervento esattivo, come riflesso dell’efficacia esattoriale degli avvisi ed annessi, sia esso a titolo di “ deposito fruttifero” o di vero anticipato pagamento (se pur parziale), una volta individuata e stimata l’incostitutività dell’atto e l’inesistenza degli essenziali parametri di misurazione dell’effettiva capacità contributiva del contribuente, è vista e sentita tuttora, come irragionevole ed anticostituzionale, anche per gli aspetti ed i caratteri di disuguaglianza dell’istituto riscossivo anticipato, quando la fattispecie è ancora sub iudice. Come sia possibile raccordare il principio di presunzione di innocenza fino alla definitività della condanna (recepito negli altri settori del diritto pubblico e privato) con l’art. 3 della Costituzione, che impone l’eguaglianza dei cittadini difronte alla Legge, è cosa che sarebbe opportuno sentirla dire dal supremo Magistrato della Corte Costituzionale. Venuta alla ragione ed alla constatazione il dato di fatto che la capacità contributiva è inesistente, intesa, se pur largamente, non solo come capacità economica, ma come capacità suscettibile di
    fornire al soggetto gravato della prestazione impositiva i mezzi finanziari occorrenti per l’assolvimento della stessa, nell’umana ragione non vi è possibilità di acquisire la circostanza che essa incapacità di poter disporre, la si tramuti in capacità solutoria (per giunta in crescendo);
    nell’attesa che il o i procedimenti giurisdizionali si svolgano e si concludano. Non s’ignorano, già si conoscono le peripezie, il travaglio della
    Corte Costituzionale e delle battaglie da essa combattute, per giungere ad affermare che:

a)     – per quanto attiene gli aspetti procedimentali, la garanzia dell’osservanza della capacità contributiva, si manifesta solo in via mediata ed indiretta, per questo in caso di violazione si determina contemporaneamente, se non esclusivamente, contrasto con l’art. 24 della Costituzione;

b)     –In ordine all’atto di accertamento allorchè si presenti privo di ragionevolezza (o addirittura irrazionale: è il nostro caso) contrasta sia con il principio di capacità contributiva che con quello di difesa. L’attitudine soggettiva del contribuente in termini di forza e di valenza economica non si confà, neppure parzialmente, alle pretese dell’erario. L’apparato di principio e di diritto di rango costituzionale oppositorio già esiste. E’ invece carente, retrivo, capzioso, quello della normativa ordinaria, se pur riformata, che ha bisogno di un’ulteriore avanzata (in verità alle viste con l’avvento dello Statuto del Contribuente), affinchè esca dagli equivoci e si allinei agli istituti ed agli intendimenti che in essi i costituenti hanno inteso fissare. Il concorso attivo in tal senso di Codesta On.le Commissione sarebbe oltremodo, sicuramente ed immensamente giusto e
meritorio. L’art. 53 della Costituzione è norma di reciprocità di rispetto. Che altro senso avrebbe altrimenti l’espressione: “ in ragione
della loro capacità
contributiva”, se non quella di comando giuridico, dato prima al legislatore e poi a chi attua i procedimenti di
accertamento tributario, sulla base delle leggi d’imposta, di verificare, misurare, rispettare e stabilire la capacità contributiva di ciascun
amministrato contribuente, in “ragione” (e con ragione) della sua valenza economica, espressa in ciascun singolo tributo
. Se tutto ciò è e deve
essere, si comprende bene, che così come psicologicamente ed intellettivamente costruito, costituito e strutturato l’uomo (sia esso contribuente o meno) non gli è proprio possibile assumere e giustificare un ufficio pubblico, cioè lo Stato, che s’inventa del tutto un’inesistente capacità contributiva e che a ragione di ciò e di tanto, essere pure in grado di agire, (senza interposizioni giurisdizionali), di proseguire e fare, pezza da piedi, rovinare il malcapitato cittadino. Trattasi di gravissima offesa e di oltraggio, tanto più gratuito e lesivo quanto più delle leggi, del senso comune, della pace sociale, della pubblica funzione e del credito istituzionale si fa illecito uso, scempio. E’ pacifico che occorrono, sono indispensabili, gli interventi del giudice delle leggi, ma è cosa incontestabile che ancor prima ed ancor più, nella già esistenza della Carta Costituzionale e di moltissime altre norme con esso in linea, vi è necessità di coraggio civile, ripulsa di chi reazionariamente ed infedelmente agisce fuori e contro il nostro sistema, mostrando non avere nemmeno l’idea della Carta Costituzionale nel suo assieme e partitariamente della “ capacità contributiva “.  In tal senso la funzione di giustizia e certificativa di Codesta On.le Commisione non può che essere preziosa, quilibratrice. Il delineato contesto è stato altresì artificiosamente associato alle condizioni soggettive del Laera Franco, che sono di grande e travagliata modestia di mezzi economici, di impossibilità a solvere per incapacità di reddito e contributiva, per sfociare e debordare in certa esposizione a danni gravi ed irreparabili. Or dunque, si sostiene che una capacità contributiva inventata di sana pianta è già di per sé bastante a configurare motivo e prova per la concessione della chiesta sospensione dell’avviso e che qui si reitera.

B) – DI ACCOGLIERE TOTALMENTE IL PRESENTE RICORSO  e per l’effetto, con riferimento alle previsioni di legge, dichiarare nullo o
annullare l’impugnato atto di accertamento, siccome incostitutivo, radicalmente viziato ed illegittimo, del tutto infondato in fatto e diritto;

Con vittoria delle spese di giudizio.

Si deposita:

  • copia del ricorso consegnato all’Agenzia delle Entrate;
  • fotocopia della ricevuta di deposito;
  • fotocopia dell’atto di accertamento impugnato;
  • fotocopia dell’invito, all. n.1;
  • fotocopia del   processo verbale, all. n.2;
  • fotocopia memoria, all. n.3;
  • fotocopia 1^ pagina dell’accertamento (sostituito) del 19.9.2006, all. n.4;
  • fotocopia denuncia variazione agenzia delle entrate del 26.10.2004,all.5;
  • prospetto calcolo parametri con i valori proposti dall’ufficio, all. n.6;
  • prospetto calcolo parametri considerando i beni strumentali pari ad euro 26.000,00, all.n7;
  • fotocopia della D.U. 1999, all. n. 8);
  • stampa cespiti al 31.12.1999 ed al 31.12.2005, all n. 9;
  • fotocopia n. 4 fatture acquisto e n. 1 listino prezzi, all. n, 10;
  • fotocopia situazione contabile al 31.12.1999, all. n. 11;
  • stampa tabella codici attività al 31.12.2003.

Putignano, 2x.x0.2006
Con Ossequio

Il
difensore abilitato                                                                                  ______________________
Rag. Tonio Detomaso

 

ATTESTAZIONE DI CONFORMITA DELLA COPIA DEL RICORSO ALL’ORIGILE.

Il sottoscritto rag. Tonio Detomaso, in qualità di difensore abilitato dal Sig. Laexx xxxxx nella presente controversia attesta, ai sensi dell’art. 2, comma 3, del D. Lgs. 546/1992, che questo ricorso è conforme all’originale consegnato all’ Ufficio delle Entrate di Gioia del Colle in data _________.
Firma del difensore

_____________________
Rag. Tonio  Detomaso