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RICORSO AVVERSO AVVISO DI RETTIFICA E LIQUIDAZIONE IMPOSTE IPOTECARIA E CATASTALE

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ALLA COMMISSIONE TRIBUTARIA PROVINCIALE DI                       BARI.

Controparte:    AGENZIA DELLE ENTRATE – DIREZIONE PROVINCIALE DI BARI – UFFICIO TERRITORIALE DI BARI.

Oggetto: Anno 2012 – IMPOSTE COMPLEMENTARI IPOTECARIA E CATASTALE, INTERESSI, SANZIONI ED ACCESSORI.

Valore della controversia €. XXXXX.

                                                    RICORSO

                                                 INTRODUTTIVO

                                                    CUMULATIVO

Avverso gli avvisi di Rettifica e Liquidazione, emessi dall’ Agenzia delle Entrate, Direzione Provinciale di Bari, Ufficio Territoriale di Bari, distintamente specificati, per soggetto d’imposta e tipo di imposta, nelle leggende che seguono:

  1. LEGGENDA DEGLI AVVISI CHE SI IMPUGNANO:1) atto numero 20XXX3000), relativo al Sig. XXXXXX, ricorrente sostanziale,nato a Putignano (Ba) il 08.05.1939 ed ivi residente alla Via S. XXXXXXX, Codice fiscale XXXXXXXXXXXXX,- Atto notificato il 02.1XXXX014, racc. n. 7XXXX525-4;
  •    Tributi accertati: IPOTECARIA E CATASTALE;2) medesimo atto numero 201XXXXXXXXXX3000, relativo al liquidatore della società XXXXX S.r.l. di BARI i, cancellata dal Registro delle Imprese di Bari in data 02.1xx13 per ultimazione della liquidazione e cessata all’Agenzia delle Entrate l’0xxxx013, rag. Tonio Detomaso, nato a Putignano (Bari) il 04.09.1947 ed ivi residente alla via F.S. Tateo n. 18, codice fiscale DTMTNO47P04H096B,-      Atto notificato il 02.xxx014, raccomanda-ta n. 766xxxx0199-0- Tributi accertati: IPOTECARIA E  CATA-

    STALE;

    3) medesimo atto n. 20131xxxxx000, relativo alla società xxxxx S.r.l., cancellata dal Registro delle Imprese di Bari in data 0xxx13 per ultimazione della liquidazione e cessata all’Agenzia delle Entrate l’08xxxx013 (all. n. 4,5,6), codice fiscale 0xxxxx,

  • Atto notificato il 03.1xx014, raccomandata n. 7xxxxx0200-1;Tributi accertati: IPOTECARIA E  CATASTALE.B. LEGGENDA DEI RICORRENTI, PER TUTTI GLI AVVISI DI RISPETTIVA PERTINENZA E COMPETENZA:1) Vxxxxxxxxx, acquirente, unico soggetto sostanziale destinatario degli effetti impositivi dell’avviso di rettifica e liquidazione;

    2) rag. Detomaso Tonio, nato a Putignano (Bari) il 04.09.1947 ed ivi residente alla via F.S. Tateo n. 18, già liquidatore della società venditrice “ xxxxxxxxx S.r.l., cancellata dal Registro delle Imprese di Bari in data 02xxxx2013 per ultimazione della liquidazione e cessata all’Agenzia delle Entrate l’08.xxx13, il quale agisce incidentalmente per sé e la società nel presente procedimento e cautelativamente, ma senza legittimazione processuale, per la presunta responsabilità in solido ipotizzata dall’Ufficio;

    3)   Soc. xxxxxxxxxr.l., cancellata dal Registro delle Imprese di Bari in data 0xxx3 per ultimazione della liquidazione e cessata all’Agenzia delle Entrate l’0xxxxx013, quindi società non più esistente. Soggetto estinto (all.4,5,6).

    ED IN NOME E PER

    CONTO DI TUTTI I

    SOPRA SPECIFICATI

    SOGGETTI D’IMPOSTA,

    IL DIFENSORE  TECNICO

    ABILITATO

DIFENSORE: rag. Tonio Detomaso nato a Putignano il 04 settembre 1947, c.f. DTM TNO 47P04 H096B, iscritto all’Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Bari al n. 137, sez. A, PEC: toniodetomaso@pec.it, fax 080/4913207, giusta procura rilasciata in calce del presente atto, con studio in Putignano, Via Giovanni Pascoli n.27/a, presso il quale il ricorrente xxxxxxxx è elettivamente domiciliato ai fini del giudizio;

CON RICHIESTA

  1. DI SOSPENSIONE DEGLI ATTI IMPUGNATI, AI SENSI DELL’ART. 47 DEL D. LGS. 31.12.1992, N.546 E S.M.;
  2. DI TRATTAZIONE DELLA CAUSA IN PUBBLICA UDIENZA, AI SENSI DELL’ART. 33, 1° COMMA DEL D. LGS. N. 546/92. ALL’UFFICIO DELLA P.A.F. AVVISANTE, DI ANNULLAMENTO DEGLI OPPOSTI AVVISI, MEDIANTE L’APPLICAZIONE DELL’ISTITUTO DELL’AUTOTUTELA, AI SENSI DELL’ART. 68 DEL D.P.R.  287/92 E DELL’ART. 2 QUATER DEL D.L. 30.09.1994, IN LEGGE 30.11.1994, N.656 E DELLE DIRETTIVE APPLICATIVE E  REGOLAMENTARI DETTATE DALLE ISTITUZIONI GERARCHICHE SOVRAORDINATE.
  3. CON RICHIESTA ISTRUTTORIE (art.7, D. Lgs.546)
  1. Se la Commissione lo reputi necessario acquisire ogni elemento conoscitivo aggiuntivo degli immobili del xxxxxxx, delle sue complessive condizioni e di agibilità;
  2. Ordinare all’Ufficio il deposito di tutti i documenti pseudo probatori indicati in motivazione dell’avviso, copia dell’atto pubblico rogato dal notaio Cxxi il 03.08.11, repertorio 54xxx/17924, registrato a Bari il 042011 al n. 25xxx2, considerato dall’Ufficio quale parametro di riferimento;

    ———-O———-

    Il sottoscritto difensore rag. Tonio Detomaso, libero professionista in Putignano (Ba), in conseguenza del mandato difensivo ricevuto dal Sig. xxxxxxxxxo, ha riscontrato la totale infondatezza ed illegittimità dell’anzispecificato Avviso Erariale, pertanto, ai sensi dell’art.18 e seguenti del D.Lgs. 31.12.1992, n. 546 e s.m.

    R I C O R R E

    a Codesta On.le Commissione Tributaria Provinciale, quale Giudice a Quo, affinché eserciti la relativa cognizione e decida la controversia ai sensi dell’art. 36 dello stesso D. Lgs. n. 546/1992, e s.m..

    PREMESSA  AI  M O T I V I  DEL  RICORSO

  1. I tre Avvisi di rettifica e liquidazione, nel loro costrutto formale, sostanziale, logico e giuro-impositivo, in abbinata constatata ricorrenza della connessione per natura tra gli stessi sul piano dei motivi, dei fatti, dei criteri di discrimine dei presupposti, dei tributi, dell’oggetto e di ogni altro elemento giuridicamente considerabile, nella ratio dell’art.29 del D.Lgs. n.546/1992 e s.m. e delle norme del C.P.C., configurano la Condicio Iuris di proponibilità “cumulativa”  del presente ricorso. Trattasi cioè dell’unico fatto economico posto in essere dalla cessata società “ xxxxxxxx.r.l.”, assunto dall’Ufficio come ipotesi di aggiuntiva obbligazione d’imposta, anche se il liquidatore rag. Detomaso Tonio e la società sono stati destinatari di notifica di atti nulli ed entrambi non sono più soggetti di diritto e sono privi di legittimazione sostanziale e processuale, Corte di Cassazione, sezioni unite, sent. N. 4062 del 22.02.2010.
  2. L’assenza dagli atti di controversia, per la mancata allegazione all’avviso fiscale in disamina, degli atti istruttori posti in essere dall’Ufficio o assunti “ per relationem” determina la condizione di incostitutività della pretesa tributaria e di “ ingiusto ed irregolare procedimento” e l’impossibilità dell’adeguato esercizio del diritto di difesa. Con la Sentenza n. 3262 dell’11.02.2013, la Cassazioneha stabilito che quando l’ufficio procede alla rettifica del valore di un immobile ai fini dell’imposta di registro ( per rinvio anche all’ipotecaria e catastale, D. Lgs. 31.10.1990, n. 347, art. 13), comparando tale valore al prezzo di trasferimento di altro immobile di analoghe caratteristiche, deve allegare all’avviso di rettifica il contratto di trasferimento posto a base della comparazione.Quindi, una volta che i fatti costitutivi sui quali si fonda la domanda erariale, si perfezionano con l’allegazione delle prove, il convenuto contribuente deve provare i fatti impeditivi, modificatvi o estintivi, inibendo così ai fatti costitutivi di produrre il loro naturale effetto giuridico.

MOTIVI DEL RICORSO

IN FATTO

FALSA ED ERRONEA CONSIDERAZIONE DELL’ATTO ECONOMICO DI COMPRAVENDITA, AI FINI DELLA DETERMINAZIONE DEL VALORE VENALE DEGLI IMMOBILI. CONSEGUENTE ARBITRARIETA’ ED ILLEGITTIMITA’ DELL’ASSUNTO RETTIFICATIVO, DELLA METODOLOGIA APPREZZATIVA APPLICATA E DEI RELATIVI ATTI ISTRUTTORI E FINALI DEL PROCEDIMENTO DI RETTIFICA. REIEZIONE DELL’INTENTO IMPOSITIVO PER INESISTENZA DEI PRESUPPOSTI DI FATTO E DELLE RAGIONI GIURIDICHE.

Il ricorrente xxxxxxxxx, con atto pubblico rogato dal Notaio Avv. Axxxxasi del 28.12.2012, registrato a Bari il 07xxx2013, al n. 48xx1T, ha acquistato dalla società xxxxxx.( all. n.1):

  1. Locale a piano interrato, palazzina “E” con accesso dalla rampa al civico 9xx/A di via Sanxxxxxxx in xxxxxxoli, partita n. 1xxxxx1, foglio 18, particella 4xx sub 42, interno 1, scala E1, lotto E, p. 1 int, cat. C/2, cl. 4 (deposito)  di mq. 4xxx al prezzo di €. 65.000,00;
  2. Locale di via xxxxxarco n. xxx, al piano terra della palazzina F, partita cat. 12xxx, foglio 1xx particella 16/2, cat. c/1 ( ufficio), classe 3, di mq. 101;
  3. Locale al piano interrato con accesso dalla rampa carrabile ultima porta a destra, partita cat. 1xxxx, foglio 1xx, particella 16/2, scala F di mq. 190 ( si segnala l’errore di accatastamento).Il valore venale dichiarato per i beni di cui ai punti 2 e 3 è di €. 1xxxxxx,00.Complessivamente il valore venale dei suddetti beni in atto è di €. 23xxx500,00. L’Ufficio accerta il valore normale di €. 8xxx45,00,  e chiede il pagamento di €. 1xxx2,52 a titolo di imposta ipotecaria ed interessi, €. xxxx0,84 per imposta catastale ed interessi, €. 2xxxx,00 per sanzione pecuniaria ipotecaria e catastale, per un totale di €. 4xxxxx,36. Ai fini del corretto inquadramento del caso, va detto che il notaio rogante, erroneamente, ha indicato per le unità di cui ai punti 2 e 3 un’unica superficie complessiva di mq. 1xxx, mentre in realtà le unità sono due distinte che misurano la superficie di mq. 101 per il locale al piano terra (punto 2), C/1 classe 3 e di mq. 1×0 per l’interrato deposito di cui al punto 3, senza attribuzione di categoria propria, come è indicato nella piantina planimetrica allegata all’atto notarile, pertanto il valore venale dei due beni non può essere unico per tutta la superficie di mq. 16x, ma occorre procedere alla determinazione di due valori, tra l’altro molto diversi l’uno dall’altro, quello relativo al locale al piano terra di mq. 1xx e quello relativo all’interrato di mq. 1×0. Né il notaio, né l’ufficio si sono resi conto, consultando le piantine planimetriche allegate all’atto, che il piano interrato è accatastato quale deposito e che non poteva mai essere un C/1 !!.E’ appena il caso di segnalare che i predetti immobili sono ubicati nell’estrema periferia di Bxxxxxli ( foto n. 26 e 27 all.2).

    Lo stato di conservazione degli immobili, tranne per il locale negozio a piano terra di mq. 1x, le cui condizioni sono discrete, è pessimo. 

    Ma veniamo alla discrimina dei fatti di nostro ed attuale interesse:

  • Costitutivi dell’atto economico di compravendita in argomento;
  • Identificativi, apprezzativi, valutativi, procedimentali e comparativi che l’Ufficio ha applicato al medesimo caso.Già la perizia giurata, allegato n.3, descrive esaurientemente i beni, ma qui si vogliono fornire ulteriori dati:Unità immobiliare di cui al precedente punto 1)-  Locale deposito a piano interrato, palazzina “E” con accesso dalla rampa al civico x8/A di via Saxxxxxxxi, cat. C/2, cl. 4, di mq. 4xxx, rappresentato dalle foto contraddistinte dal n. 1 al n. 15. L’ubicazione è periferica, a ridosso della campagna, e si accede dalla rampa carrabile (foto 1,2,3,4). Per la descrizione del locale si richiamano le foto dalla n. 5 alla n. 15, dalle quali emerge che trattasi di locale di servizio il cui utilizzo è limitato al deposito di beni leggeri, essendo vuoto sotto la pavimentazione, mentre si evidenzia che lo stesso è privo di impianto idrico e fognante e quindi di servizi igienici di alcun genere.   Unità immobiliare di cui al precedente punto 2)- Locale di via Sxxxxxxo n. 8x, in xxxonxxxxxli, al piano terra della palazzina F, cat. C/1 (negozi, botteghe), classe 3, di mq. 101 (foto 16,17,18, 19). E’ l’unico dei tre locali, a piano terra, ubicato poco distante dal precedente e quindi in posizione periferica a ridosso della campagna, in discrete condizioni ma avente un bagnetto di appena 4,5 mq. dotato di solo due pezzi igienici, rifiniture economiche popolari e non sono state fatte opere di miglioramento (foto 17 e 18).Unità immobiliare di cui al precedente punto 3)-Locale deposito sottostante, alla via Sxxxx, in xxxxxxi, con accesso dalla rampa carrabile ultima porta a destra, scala F di mq. 1xxxx, erroneamente accorpato con il precedente immobile sotto la stessa partita catastale 12673, foglio 18,  particella 16, sub.2, categoria (C/1), classe 3, mq. xxx. Trattasi in realtà di locale deposito C/2 in pessime condizioni, umido, è in condizioni igieniche poco idonee dal momento che risulta interessato da consistenti fenomeni di infiltrazione di acqua a causa della posizione soggetta ad intrusione di acqua piovana proveniente dalle strade pubbliche poste a monte, privo di impianto fognario, dotato solamente di impianto elettrico di illuminazione interna; il tutto osservabile nelle foto dalla n. 19 alla 25.

Una volta fornita la fedele rappresentazione dei beni immobili oggetto del trasferimento, necessita esaminare l’atto di rettifica e liquidazione  emesso dall’Ufficio alla luce delle citate notizie e prove e della normativa di riferimento, al fine di affermare che i valori accertati dall’ufficio impositore sono infondati, inesistenti.

Alla pagina 3 dell’atto, motivazione, secondo capoverso l’ufficio ripete un errore già commesso dal notaio in fase di stipula, ovvero dice che il Signor xxxxxxxxxxx ha acquistato dalla società xxxxxxxxxS.r.l. in liquidazione “ un locale ad uso commerciale ed un locale ad uso deposito siti nel Comune di xxxxxxxxi, via Sxxxxxrco n. xx e n. xxx8/A, rispettivamente della estensione catastale di mq. 1×3 e mq. 4×5, riportati in catasto…”, erettifica i valori dichiarati, ultimo capoverso della pag. 3, per la superficie catastale di mq. 163 del locale commerciale il valore unitario come sopra determinato in €. 2.200,00 per metro quadrato e applicando alla superficie catastale di mq. 445 del locale deposito il valore unitario di €. 1.041,00 per metro quadrato”.  I super valori praticati dall’Ufficio non sono certamente applicabili al caso di specie, ma essi sono inesatti anche perché utilizzati per superficie metrica sbagliata, I locali, come innanzi riportato,  sono tre e non due, aventi caratteristiche e valori diversi da quelli assunti dall’Ufficio, aventi i seguenti valori dichiarati:

  1. Locale a piano interrato, palazzina “E” con accesso dalla rampa al civico 9/A di via Sxxxxan Marco in Mxxxxonopoli, partita n. 1xx71, foglio x1, particella 486 sub 4x, interno 1, scala E1, lotto E, p. 1 int, cat. C/2, cl. 4 (deposito)  di mq. 445, acquistato il 19.12.2002 per €. 63.835,00;
  2. Locale di via Sxxxxxxx, al piano terra della palazzina F, partita cat. 12xx3, foglio 18, particella 16/2, cat. c/1 ( ufficio), classe 3, di mq. 101;
  3. Locale al piano interrato con accesso dalla rampa carrabile ultima porta a destra, partita cat. 12673, foglio 18, particella 16/2, scala F di mq. 190. I locali di cui ai punti 2 e 3 furono acquistati il 30.12.1994 per il prezzo complessivo di €. 136.861,08.Il valore dichiarato per il bene di cui al punto 1) è di 6xxx000,00, mentre per i beni di cui ai punti 2 e 3 è di €. 17xxx0,00, per complessivi €. 2xxxxx0,00.= Rispetto al prezzo di acquisto si osserva, comunque, l’incremento di valore, certamente modesto per l’immobile di 445 mq., più rilevante per i due immobili di via Saxxxrco 88; mq. 101 più mq. 190. Gran parte dell’incremento di valore, dall’acquisto ad oggi, è stato corroso dal pessimo stato conservativo degli immobili, dalla carente tecnica costruttiva e dalla negativa congiuntura economica del nostro Paese che, tra i molteplici effetti, quello del crollo del mercato immobiliare è tra i più evidenti.         

Al terzo comma della pag. 3 l’Ufficio scrive che ai sensi dell’art. 51, terzo comma, del D.P.R. 26.04.1986, n. 131 è stato effettuato il controllo del valore dichiarato, a seguito del quale è stato rilevato un significativo scostamento rispetto al valore normale determinato sulla base dei criteri stabiliti dal Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate del 27.07.2007.

Nella determinazione dei valori accertati, pag. 3, l’Ufficio dice che:

  • ha tenuto conto delle quotazioni immobiliari (OMI) … relative a fabbricati con analoghe caratteristiche, siti nella zona in cui sono ubicati i fabbricati trasferiti.  Alla motivazione, tuttavia, non allega alcun documento, violando così il dettato di cui all’art. 52, comma 2 bis, del D.P.R.26.4.86, n. 131;
  • ha tenuto conto in particolare di un locale sito in xxxx, via Nxxxinese, n. 31/A , della estensione catastale di mq. 52, riportato in catasto fabbricati del Comune di xxxoli al foglio 11, particella 3xxx4 sub. 4, trasferito con atto rogato dal notaio Cesare Cerasi il 3.8.2011, repertorio 54342/17924, registrato a Bari il 4.8.2011 al n. 25782 ma non indica la categoria, per il quale è stato dichiarato tra le parti un prezzo di vendita pari ad euro 2.xxxx,00 circa al metro quadrato.Ancora una volta l’Ufficio ha violato l’art. 52 per non aver fornito al contribuente alcun documento probante ed illustrativo; in pratica il ricorrente non è messo nelle condizioni di esercitare una valida difesa non disponendo del contenuto della  motivazione. E per l’esattezza la zona indicata dall’Ufficio ( Via Lagxxxxxese), pur essendo anch’essa periferica e distante dai locali in questione almeno due chilometri, è una contrada sorta a partire dagli anni 70 ed ha visto un discreto sviluppo urbanistico ( foto n. 28 inizio contrada), mentre la zona a noi interessata, avviata all’urbanizzazione solo dal 1990, si proietta più a sud di xxxpoli, verso l’entroterra, verso la campagna tra Monopoli e Castellana Grotte; trattasi di due zone urbanistiche con valori commerciali diversissimi.Ma poi i 52 mq. di via xxese sono stati paragonati con i 163 metri quadrati  e con quale criterio ha potuto procedere l’ufficio se i due locali hanno superfici diverse, destinazioni diverse, classamento diversi, utilizzazione diversa, stati conservativi diversi, insomma è irriverente voler affermare che il paragone è legittimo tanto da dare legittimazione alla “motivazione”.   Pertanto, riferisce l’Ufficio sulla scorta di quanto innanzi “ si accerta il valore dei locali oggetto del trasferimento in euro 8xxxxx45,00 contro il dichiarato di €. 2xxxxx500,00, determinato applicando:
  • alla superficie catastale di mq. 1xx del locale commerciale il valore unitario come sopra determinato in euro 2.200,00 per metro quadrato e
  • alla superficie catastale di mq. 44x del locale deposito il valore unitario di euro 1.041,00 per metro quadrato. La determinazione è, come detto innanzi, sbagliata ed irreale perché il locale commerciale è di 101 mq., l’altro locale è interrato e misura mq. 190. In sintesi oggetto della compravendita sono:
  • un locale a piano terra di mq. 101;
  • due interrati uno di mq. 190 e l’altro di 445; entrambi sprovvisti di servizi igienici, fogna ed acqua, umidi perché soggetti a soventi infiltrazioni di acqua piovana, il cui valore venale è molto basso, come fedelmente rappresentato dalla perizia estimativa allegata al presente ricorso.  E’ di tutta evidenza che il valore accertato è errato per quantità, qualità e valori delle superfici tassabili.

Il grave errore di veduta ed apprezzamento degli immobili è stato causato da un grave e del tutto formale e superficiale procedura di cognizione dell’oggetto dell’atto economico, sostanziatasi in un procedimento astratto, a ritualità meccanicistica, senza veri ed adeguati contenuti di conoscenza dei tre immobili e senza elementi concreti, eppure l’Ufficio avrebbe potuto verificare, ad esempio, l’esistenza di eventuali contratti di locazione da cui cogliere la redditività per determinare valori venali attendibili, capitalizzando il canone, come in effetti succede per il locale interrato di 445 metri quadrati. In epoca antecedente alla rettifica, il xxxxxdopo ben 6 anni di sfitto, locava alla ditta Euxxxxxxno S.r.l. per uso deposito (all. n.7) al canone mensile di 450,00. L’equivalente impiego finanziario, al tasso del 5%, ammonta a poco più di 100.000,00 euro (centomila/00) ( (450,00*12*100)/5). Il canone da “solo” esprime la capacità di reddito ritraibile.        

Aspetti negativi dell’operato dell’Ufficio:

  1. Base imponibile accertata- è stata configurata una base impositiva irreale, errata,  dovuto a:
  • ai metri quadrati sbagliati;
  • all’errato inquadramento dei beni nella categoria e classe catastale;
  • all’attribuzione di valori che nella realtà quotidiana non trovano alcun riscontro, tenuto conto del pessimo stato in cui si trovano e non per incuria del proprietario ma per ragioni ascrivibili esclusivamente alla pessima qualità tecnica costruttiva ed al materiale appena economico impiegato,configurando la grave violazione dell’art. 43 lett. a) del D.P.R. 26.04.1986, n. 131 per effetto del quale la tassazione deve essere certa e riferita al bene singolarmente individuato e non approssimativa purchè sia a vantaggio dell’Erario.  Forse un breve contraddittorio, da tenersi non a ridosso della prescrizione per la rettifica, andava previsto allo scopo di acquisire le notizie utili necessari a confermare il reale valore venale dei beni trasferiti dichiarato.b) Ricerca del valore dei beni– recita il comma 2 dell’art. 51 del D.P.R. 26.04.1986, n. 131, che “ si intende per valore il valore venale in comune commercio”. A ben vedere è tassativo e chiarissimo. La tassazione, ai fini dell’imposta di registro, ipotecaria e catastale, deve avvenire in base al valore venale in comune commercio; non sono ammessi altri metodi o scorciatoie che delegittimano il rapporto tributario tra Fisco e contribuente, poiché il VALORE VENALE- ( art. 51, comma 2) è costituito  dal valore oggettivo del bene determinato dalle leggi di mercato sulla base delle qualitàdell’immobile, così che, certo, maggiore è la rappresentatività, in quella direzione, delle quotazioni OMI, fermo restando il fatto che, comunque, l’utilizzo dello strumento a fini accertativi sconta pur sempre la natura di parametro di rilevazione statistica riferito ad un intervallo da valori ed espressione di situazioni ordinarie, dunque da utilizzarsi- conformemente alle precisazioni di fonte ministeriale- non in sostituzione della stima ma solo con finalità  ausiliarie e con effetto di “indicazioni di larga massima”, ad un livello probatorio inferiore a quello della “stima effettuata da un tecnico professionista” che, come sopra sottolineato “”rappresenta l’unico elaborato in grado di rappresentare e descrivere in maniera esaustiva e con piena efficacia l’immobile di motivare il valore da attribuire al bene medesimo”.

La Cassazione ha avuto modo di sottolineare che in materia di imposta di registro si ha riguardo al valore di mercato del bene.    

La Suprema Corte ha detto, inoltre, che il valore venale in comune commercio è null’altro che quanto si può ricavare dalla vendita di un determinato bene.

Ed ancora si intende il valore di scambio di un bene derivante dall’interazione della domanda e dell’offerta in una libera contrattazione di mercato. Esso è un parametro di valutazione di un bene tendenzialmente oggettivo dipendente solo da qualità intrinseche del bene stesso; il prezzo, invece, benchè naturalmente influenzato dal valore oggettivo del bene, è un parametro per sua natura soggettivo legato alla volontà, alle esigenze e a circostanze individuali proprie delle parti contraenti.

E passando al 3° comma dell’art. 51 del D.P.R.131/86, leggiamo “ Per gli atti che hanno per oggetto beni immobili o diritti reali immobiliari l’ufficio del registro, ai fini dell’eventuale rettifica, controlla il valore di cui al comma 1 avendo riguardo ai trasferimenti a qualsiasi titolo e alle divisioni e perizie giudiziarie, anteriori di non oltre tre anni alla data dell’atto o a quella in cui se ne produce l’effetto traslativo o costitutivo, cheabbianoavuto per oggetto gli stessi immobili o altri di analoghe caratteristiche e condizioni, ovvero alreddito nettodi cui gli immobili sono suscettibili, capitalizzato al tassomediamente applicatoalla detta data e nella stessa località per gli investimenti immobiliari, nonché ad ogni altro elemento di valutazione, anche sulla base di indicazioni eventualmente fornite dai comuni.   

L’attenta lettura ci porta a soffermarci sul periodo:

  • …”stessi immobili o altri di analoghe caratteristiche e condizioni”. Nel caso che ci riguarda non siamo in grado di affermare se ricorrono o meno le analoghe caratteristiche e condizioni perché non disponiamo dell’elemento comparativo, mentre sappiamo solamente che il locale assunto come riferimento comparativo dall’ufficio misura 52 metri quadrati e solo per questa ragione non è affatto comparabile agli immobili oggetto della rettifica; ovviamente non sappiamo poi se detto locale si trova a piano terra, né lo stato conservativo, né le ragioni della compravendita, e così via dicendo. Si avanzano forti perplessità !.   
  • “reddito netto di cui gli immobili sono suscettibili, capitalizzato al tasso mediamente applicato”. Con riferimento al locale deposito di 445 metri quadrati, il ricorrente si è sostituito all’ente impositore e, come indicato in precedenza, la capitalizzazione del reddito netto ritraibile ( al netto delle spese) fornisce un valore venale di poco più di 100.000,00 euro; valore distantissimo da quello ipotizzato dall’ufficio, ovvero €. 445.445,00.   Anche per questa via, purtroppo, dobbiamo rilevare la violazione dell’art. 51 del D.P.R. 131/1986.

c) E’ chiaro, poi, che lo scostamento tra dichiarato ed accertato, da solo, non può mai definirsi “ Motivazione”, non avendo l’ufficio, nel caso di specie, né allegato l’atto di comparazione, né ha offerto altri elementi a sostegno della pretesa tributaria, anzi ha dimostrato di non conoscere affatto il vero contenuto della transazione, né di volerlo conoscere attraverso una informativa o contraddittorio con il contribuente, qualificandoinidoneo l’atto a dar conto dei presupposti di fatto e diritto posti a suo fondamento… gravando il contribuente che, onde evitare che l’atto divenga definitivo, si trova costretto a ricorrere in ogni caso in giudizio, prima ancora di avere la possibilità di conoscere gli elementi necessari per valutare la fondatezza e la legittimità della pretesa impositiva avanzata nei suoi confronti. La chiamata in causa dell’ex liquidatore, che alla data della notifica non ha alcuna legittimazione processuale, né la società già cancella dal Registro delle Imprese e dall’Agenzia delle Entrate, procura l’ingiusto onere di assumere comunque la difesa anche se solo al fine di conseguire la declaratoria di nullità degli atti loro notificati perché privi di legittimazione sostanziale e processuale.     

Tra l’altro si osserva che non è sufficiente che il documento richiamato sia semplicemente conoscibile dal contribuente, a meno che esso non riguardi un atto compiuto alla sua presenza (ad esempio PVC) o che sia stato a lui comunicato nei modi di legge, così che “il riferimento ad un atto non conosciuto dal contribuente, ma del quale egli possa procurarsi la conoscenza, comporterebbe una più o meno accentuata ( e del tutto ingiustificata) riduzione del lasso di tempo a lui concesso per valutare  la fondatezza dell’atto impositivo e si risolverebbe in un’indebita menomazione del suo diritto di difesa, che l’art. 24 Cost. annovera tra i principi fondamentali dell’ordinamento ed esige che sia garantito come “inviolabile” in ogni stato e grado del procedimento”.

Pertanto, “il ricorso a elementi offerti da altri documenti, non conosciuti dal contribuente né a lui comunicati, è legittimo solo se tali documenti sono allegati all’atto che li richiama o in esso riprodotti”.

d) Quanto all’obbligo di allegazione, in genere, ogni provvedimento amministrativo deve essere motivato e deve indicare i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione dell’amministrazione, in relazione alle risultanze dell’istruttoria.

Se le ragioni della decisione risultano da altro atto dell’amministrazione richiamato dalla decisione stessa, insieme alla comunicazione di quest’ultima deve essere indicato e reso disponibile, a norma della presente legge, anche l’atto cui essa si richiama (art. 3, c3, Legge n. 241//1990).

L’OBBLIGO di allegazione degli atti richiamati nell’atto impositivo è ineludibile e non surrogabile dalla conoscibilità in astratto, in considerazione dell’esigenza di tutelare l’effettività del diritto alla difesa (Cass. Civ. 16.10.2012, n. 17755)

La menzione del criterio astratto su cui si fonda la rettifica e la specificazione degli estremi dell’atto assunto quale termine di comparazione, soddisfano l’onere di motivare l’avviso di rettifica, ossia di indicare i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche del medesimo, ma non sollevano l’ufficio dal diverso ed ulteriore onere di allegare, ove la motivazione abbia un contenuto comparativo, l’atto assunto quale termine  di comparazione.

Con la sentenza n. 3262 dell’11.02.2013, la Suprema Corte di Cassazione ha stabilito che quando l’ufficio procede alla rettifica del valore di un immobile ai fini dell’imposta di registro, comparando tale valore al prezzo di trasferimento di altro immobile di analoghe caratteristiche, deve allegare all’avviso di rettifica il contratto di trasferimento posto a base della comparazione.   (art. 52, comma 2 bis, dpr 131/1986).

Trattasi di principio cardine dell’ordinamento giuridico tanto nel diritto amministrativo quanto in quello tributario. Soventemente e per intuibili ragioni l’ufficio tributario si sottrae dall’osservare l’obbligo di allegazione.

Quindi anche per questa via l’atto di rettifica è nullo, comma 2-bis dell’art. 52 del DPR 131/1986.  

IN  DIRITTO

1°)- VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DEGLI ARTT. 3, COMMI 1° e  3°, DELLA LEGGE 7.8.1990, N.241;  ART. 52, COMMI 2° e 2 bis DEL T.U. 26.4.1986, N.131, PER FALSA, GENERICA, APPARENTE, STEREOTIPATA, INSUFFICIENTE E SOSTANZIALMENTE MANCANTE “MOTIVAZIONE”, DEGLI OPPUGNATI AVVISI   DI RETTIFICA DEL VALORE VENALE E LIQUIDAZIONE MAGGIORE IMPOSTA.

Dalle norme appena richiamate è prescritto, ora per la generalità degli atti amministrativi, ora più specificatamente per gli avvisi di accertamento o di rettifica, che devono essere “motivati”, costituendo così la motivazione il requisito giuridico base dei provvedimenti amministrativi, omesso il quale le norme stesse ne sanciscono la “nullità”. Lo Stesso concerto normativo specifica che la motivazione deve indicare i  presupposti di fatto “ e le “ragioni giuridiche” che hanno determinato la decisione dell’Amministrazione, in relazione alle risultanze dell’istruttoria (testuale dall’art.3 della Legge n. 241/1990 e s.m.). Certamente l’intero ordinamento giuridico Costituzionale dello Stato, le stesse poco prima menzionate leggi e più precisamente quelle concernenti il procedimento amministrativo, contengono un onere, un vincolo non solo ontologico-professionale, alla stregua del quale la “ motivazione “ deve essere innanzitutto veridica, genuina ed adeguata, indubitabilmente in relazione alla natura ed il genere dell’atto che la porta ed alle risultanze dell’istruttoria che ha preceduto la sua stesura. Trattasi dei requisiti atti a qualificare giuridicamente tale l’elemento, che la norma, da secoli e secoli, denomina  motivazione”. La Suprema Corte di Cassazione, intervenuta a tal proposito nel lontano anno 1987, con la Sua Sentenza n. 2999, del 27.3.1987 ( seguita da numerosissime altre di pari tenore), nel ritenere nullo un avviso di accertamento fiscale ( con riferimento agli artt. 48 e 49 del D.P.R. sull’imposta di registro n. 634/1972), aveva equiparato a “mancanza di motivazione” i casi in cui la motivazione è soltanto apparente, stereotipata, contenente frasi di mero stile che, per la loro genericità, sono applicabili ad una serie indeterminata di casi, a qualsiasi accertamento. Trattasi del coronamento di un periodo d’impegno dottrinario e giurisprudenziale di settore, durante il quale si erano distinte alcune sezioni della commissione Tributaria, che nelle loro decisioni avevano accolto la esatta concezione giuridica dell’obbligo di motivazione (22.5.1978, n. 1585) e la sezione XIII  (sua decisione del 20.9.1978, n.2335), secondo la quale l’accertamento di valore, ai fini dell’imposta di registro, “ deve essere motivato, a pena di nullità, in guisa da esternare non solo gli elementi di stima, ma anche i fatti posti in concreto a fondamento della stima”.

Si è detto  che l’Ufficio avvisante ha esternato poco e nulla e quel poco che ha esternato e completamente falso. E che di falsità trattasi lo si evince bene dal circolo vizioso generato dall’Ufficio, composto dalle circostanze:

  • Che non si è dato conto e ragione di nulla;
  • Ha proceduto “ de relato “ e per paradigma, individuando un parametro del quale non ha reso i termini;
  • Ha trascurato di vedere e capire se i tre cespiti coinvolti nella valutazione erano comparabilie rispondenti in termini di analogiche caratteristiche e condizioni.In giurisprudenza  ed in dottrina si vuole che la motivazione sia l’esternazione dei motivi di opportunità, di convenienza amministrativa, ecc. che stanno a fondamento dell’atto. A parte le prescrizioni che si leggono nelle singole leggi d’imposta, vale anche per gli avvisi di accertamento, rettifica, ecc., la regola generale del diritto amministrativo, già indicata, secondo cui la motivazione deve essere portatrice, in veridicità,  almeno dei seguenti tre elementi:
  • Indicazioni dei presupposti di fatto;
  • Indicazioni delle ragioni di diritto;
  • Indicazione delle risultanze istruttorie (probatorie).

    In punta  di  discorso, si controverte sul contenuto dell’elemento “motivazione”, in termini quantitativi, qualitativi e qualificativi, così come segue:

  • Ha proceduto “ a tavolino “ e trascurato di attenersi al criterio e metodo di valutazione stabilito dal T.U. n. 131/1986 ( art.51, III comma), violando così le regole giuridico-procedimentali cui era tenuto ad osservare. La legge non consente di spacciare per procedimento accertativo tributario ciò che è unicamente una superficialissima, distratta, ed incompleta visura “ a tavolino “ di qualche atto, peraltro tra loro in completa soggettiva dissimilitudine. Accertare, dice il vocabolario della lingua italiana ed il glossario dei termini giuridici, significa: darsi conto, capire, verificare, controllare, stabilire la verità, rendere certa constatare ictu oculi, dimostrare, ecc.. In conclusione significa proprio tutto quello che l’Ufficio ha omesso di fare per veramente qualificare giuridicamente il suo operato ed il suo atto di avviso e liquidazione E l’atto di che trattasi è del tutto viziato ed irrilevante proprio perché il procedimento tributario di accertamento è viziato in radice nella stessa concezione aleatoria e molto riduttiva che l’Ufficio dimostra di avere dell’accertamento fiscale.  Orbene per l’Ufficio opposto è bastante fare praticamente niente e quel poco che ha fatto è sbagliato ed infondato; scrivere quattro parole intrise di indebite apoditticità per richiedere a persone la somma di €. 23xxxxxx.00, oltre a sanzioni ed interessi, per un totale di €. 48xxx,36.Di conseguenza l’avviso è considerabile del tutto mancante di motivazione ( che appare ma non è) e come tale lo si indica alla censura di nullità di Codesta On.le Commissione. Dallo stesso ordine di fatti, che  si combinano nella multivalenza, nelle molteplici ragioni di diritto, scaturiscono le seguenti ed ulteriori eccezioni le quali destrutturano, in diritto, come in fatto, gli oppugnati avvisi di rettifica e liquidazione. 2- VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DELL’ART. 51, commi 2 e 3, e DELL’ART. 52, commi 2 e 2 bis, DEL T.U. 26.4.1986, N. 131 E S.M..Dal combinato disposto delle due norme sopra richiamate si esige che la determinazione del “ valore venale “ dei beni immobili, ove l’Ufficio voglia disattendere il valore dichiarato dalle parti, nel relativo avviso notificato alle parti deve essere specificato, fra l’altro “ il criterio seguito per la determinazione di ciascun valore “. La natura dell’avviso, la sua struttura, le finalità cui è funzionalmente diretto, concorrono a stabilire la necessità di un preciso e concreto riferimento, sia per quanto riguarda il bene oggetto di valutazione, sia per quanto attiene i valori concorrenti cui eventualmente si faccia riferimento. Non può, pertanto, ritenersi legittimo l’uso di forme stereotipe, approssimate o simulate, atte a giustificare qualunque rettifica. Se la stima è effettuata con riguardo ad altri trasferimenti, si devono indicare gli elementi tenuti presenti per la equiparabilità dell’immobile ad altri e precisamente le concrete loro caretteristiche e condizioni che costituiscono il presupposto per la riferibilità dei valori ricorrenti; devono, in ogni caso, indicarsi gli elementi di consistenza e di valore unitario attribuiti, nonché le fonti da cui vengano desunti i valori correnti. Le direttive ministeriali, la dottrina e la giurisprudenza di ogni rango sono intervenute innumerevoli volte in materia di valutazioni relative ai tributi liquidati dall’Ufficio, individuando una categoria di casi in cui le valutazioni fiscali restano vincolate da fattori dalle quali non si può prescindere e da certe realtà giuridiche ed economiche, atte a condizionare le determinazioni del valore.Il caso che ci riguarda si inquadra nell’ambito di una particolare configurazione, essendo esso atipico e si connota per i suoi molteplici aspetti di specificità, come si è già dettagliato in questo atto difensivo. L’art. 51, III comma, del T.U. Imposta di Registro nel consentire la cossidetta valutazione “ per comparazione”, così ha formulato la specifica e vincolativa locuzione:

    “ Per gli atti che hanno per oggetto beni immobili…, che abbiano avuto per oggetto stessi immobili o altri di analoghe caratteristiche e condizioni”, ovvero al reddito netto di cui gli immobili sono suscettibili, capitalizzato al tasso mediamente applicato alla detta data e nella stessa località per gli investimenti immobiliari, nonché…

    Il vincolo giuridico che la norma pone è chiaro e tassativo. I suoi contenuti di tecnica accertativa si traducono e si sostanziano nel fatto che la constatazione della esistenza delle analoghe caratteristiche e condizioni non è criterio che possa essere convenientemente dedotto unicamente sulla base degli elementi e dei documenti esistenti ed acquisiti, per così dire, a tavolino, ma presuppone più fondatamente un’acquisizione di dati derivanti da opportuni e finalizzati sopralluoghi compiuti dagli organi, anche tecnici a ciò abilitati. Operazioni queste che sappiamo non sempre possono essere adempiute. I dati di fatto ed i molti elementi materiali differenzianti totalmente i tre cespiti più uno posti a confronto, così come ha pensato di fare l’ufficio,  non determinano affatto la condizione del giusto procedimento e del valore venale dei beni compravenduti al punto da affermare che l’ intervento accertativo è stato inopportuno.

    L’Ufficio non ha ( lo dice il suo avviso, o meglio lo si evince dal suo avviso) ha agito all’incontrario di come voleva e vuole ancora la norma, nel senso che non si è dato conto di nulla, per cui non ha o potuto cogliere la completa dissimilitudine tra i tre immobili valutati ed il paradigma immobile di via Lagravinese. Essi non sono in nulla, proprio in nulla, in istato di caratteristiche e condizione analoghe, come ha documentato il ricorrente attraverso la perizia e le foto dei luoghi allegati al ricorso.

    Basti considerare che il locale interrato (C/2) della superficie di 190 metri quadri di via Sxxquello interrato al n. civico 98/A (C2), della superficie di mq. 445, per complessivi 635 mq., rappresentano l’86,28% della superficie tassabile accertata, entrambi non sono dotati di servizi igienici, acqua e fogna e sono umidi in quanto sono sottoposti al livello stradale, in discesa, frequentemente si allagano a causa di infiltrazioni d’acqua piovana, privi di qualsiasi rifinitura, costituiscono veri e propri fattori di disturbo, condizionamento d’uso e come tali capaci di incidere notevolmente sul valore venale.

    Dalla descrizione fatta in questo ricorso degli immobili acquistati dal xxxxx è riscontrabile che gli immobili non hanno assolutamente nulla in comune con quello indicato dall’ufficio, neppure la località. I  beni sono agli antipodi ed in tutta, proprio in tutta discordanza di condizioni e di valore. Eppure l’Ufficio non ha tenuto nessun conto di tutto ciò e vuol far passare i quattro beni come in istato di analoghe caratteristiche e condizioni, i quali se realmente e seriamente parametrati, risultano del tutto antitetici. Esso ha così all’ingrosso agito e proceduto, bruciando ogni seria e discernente intenzione ed azione di verifica, di confronto e di aderenza parametrica e paradigmatica. Esso stesso ha disatteso la regola normativa e la sostanza del procedimento; ha mortificato in radice la metodologia critico logico sistematica di settore. Ha praticato cioè un criterio metodologico del tutto astratto, formale ed inconferente; ha tirato ad indovinare, con la speranza di cogliere. Da tanto avventurismo e da tanta sconsideratezza, scriteriato, infondato ed illegittimo agire non poteva che sortire un risultato campato in aria, pretestuoso, insussistente ed ingiusto, per divenire costrittiva ma certa materia di contrasto giurisdizionale, da dirimere mercè l’opera di giustizia di Codesta On.le Commissione. Tutto questo oltre a rendere impraticabile un’estimazione economico-comparativa, del tipo inopinatamente praticato dall’Ufficio fiscale avvisante, significa e giustifica la diversità del valore economico sortito nelle due compravendite, astrattamente dal ripetuto Ufficio comparate.

    Così chiarita la reale situazione dei fatti, si tratta ora di valutare con più cura se l’organo accertatore era facoltizzato ad emettere un avviso di rettifica di chiara (se pur non dichiarata) natura induttiva. Al riguardo si deve considerare il fatto che il Legislatore, attraverso la formulazione adottata, ha inteso regolare in modo puntuale i casi in cui su può addivenire alla rettifica deduttiva comparativa. Da ciò si deve logicamente dedurre l’inesistenza di un potere discrezionale dell’Amministrazione Finanziaria in ordine alla scelta di quale metodo adottare, non essendo quindi facoltà degli uffici tributari determinare in modo soggettivo la convenienza dell’applicazione di un procedimento comparativo in termini di interesse ed utilità, ma soltanto di operare sulla base di un giudizio su dati tecnici oggettivi. E ciò per il fatto che la scelta deve essere informata soltanto alla ricorrenza dei casi espressamente indicati dalla legge (art.51, III c. T.U. 131/86). L’Ufficio avvisante non era, quindi, libero di scegliere il metodo da seguire per l’accertamento, ma obbligato ad adottare quello del quale ricorrevano le specifiche condizioni, appunto deduttivo-comparativo, calibrato ed applicato a immobili dello stesso tipo, agli stessi immobili già valutati in sedi ed occasioni attendibili o ad altri di analoghe caratteristiche e condizioni. Evidentemente analogia congruente e non inventata.

    Non è però proprio possibile trarre dalla sedicente motivazione dell’avviso le sue più evidenti infondatezze ed assurdità, di criterio, di travisamento e di pretesa, tra le quali si segnala la frase (pag.3):

    “ Nella determinazione del valore normale, in seguito indicato come “valore accertato” si è tenuto conto:

  • Delle quotazioni immobiliari, estratte dalla apposita pubblicazione dell’Agenzia del Territorio-OMI, consultabile nel sito web … a cui si rimanda per eventuali approfondimenti circa la metodologia e i processi alla base…. Si evidenzia una certa difficoltà di adattare il significato delle quotazioni OMI – che per loro natura non hanno parametri correttivi di adattamento al caso specifico- ai concetti di valore normale, con conseguente indebolimento logico di procedimenti di accertamento svolti unicamente in questa direzione.Le quotazioni OMI assumono la connotazione giuridica di presunzioni semplici, da inserire in un più ampio contesto di accertamento, in un’evoluzione di analisi che giurisprudenza e dottrina vanno ormai consolidando.I valori OMI non possono intendersi sostitutivi della “stima”, ma soltanto di ausilio alla stessa. Inoltre, sono riferiti all’ordinarietà degli immobili ed, in particolare, allo stato conservativo prevalente nella zona omogenea.

      Inoltrele quotazioni OMInell’ambito del processo estimale non può che    condurre ad indicazioni di valori di larga massima. Pertanto la stima effettuata da un tecnico professionista rappresenta l’unico elaborato in grado di rappresentare e descrivere in maniera esaustiva e con piena efficacia l’immobile e di motivare il valore da attribuire al bene medesimo.

       Inoltre, i valori OMI, a metro quadro, che sono indicativi, sono stati moltiplicati per due superfici: una commerciale di mq. 163 ( 163x2xx,00= 358.xx00,00) e l’altra superficie per uso deposito mq. 445 (445×1.0xx00= 463.24xx00) e quindi per un totale di €. 82xxx,00; cioè l’Ufficio ha semplificato facendo di tutta l’erba un fascio unificando le superfici. Si rammenta che le superfici sono tre delle quali solo una è al pianto terra (101 mq.) tutto il resto e scantinato in pessimo stato conservativo e, oggi, in deflazione e con i problemi dell’Italia, detti immobili sono destinati alla progressiva perdita di valore, fino ad assumere la configurazione di locali pertinenziali al servizio del fabbricato uso abitazioni sovrastante, avendo perso anche la funzione di “depositi – interrati”.            

  • Del prezzo di vendita definito per locali ad uso commerciale compravenduti nel triennio antecedente aventi analoghe caratteristiche, siti nella zona in cui è ubicato il fabbricato trasferito, tra i quali si segnalano: locale commerciale sito in Nicola Lagravinese n. 31/A, della estensione catastale di mq. 52, …. Intanto, la segnalazione è unica e si contesta all’Ufficio la generica affermazione, rimanendo nella totale reticenza, omettendo il pur minimo elemento indicativo e delucidativo, specificativo:
  • La categoria di appartenenza, e non è un dato secondario, anzi tutt’altro;
  • del criterio ( ponderato o semplice ) essendo la “media aritmetica tra il minimo ed il massimo” indefinita;
  • degli atti che abbiano avuto per oggetto gli stessi immobili o altre di analoghe caratteristiche e condizioni ( art. 51, 3° comma);
  • se la procedura impiegata è, come la norma richiede, quella di cui all’ art. 51, comma 3, e art. 52, comma 1, del D.P.R. 131/86, ovvero consiste in:
  • prima fase (art. 51, comma 3): … l’ufficio del registro, ai fini dell’eventuale rettifica, controlla il valore di cui al comma 1 avendo …
  • seconda fase (art. 52, comma 1°): l’ufficio, se ritiene ( dopo aver effettuato il controllo) che i beni  o i diritti di cui ai commi 3 e 4 dell’art. 51 hanno un valore venale superiore al valore dichiarato o al corrispettivo pattuito, provvede con lo stesso atto alla rettifica e alla liquidazione della maggiore imposta, con gli interessi e le sanzioni.

Si apprezza facilmente che la norma, chiaramente scritta, vuol dire che l’ufficio prima effettua il controllo e poi se ritiene rettifica, ma occorre fare attenzione che il verbo controllare non significa confrontare due unità, il dichiarato ed il presunto, ma accertare che nella sua accezione significa “ accertarev.tr.”

  • 1. controllare, verificare, indagare, investigare, rilevare, provare, appurare, assodare, riscontrare
  • 2. garantire, attestare, constatare, certificare, assicurare.

Ma di questa attività non c’è traccia nell’atto di rettifica e liquidazione notificato in primis al ricorrente Campanella Antonio;

  • L’Ufficio va procedendo “a carte coperte” ma in sede processuale, vigendo il principio e l’onere a suo carico della prova della pretesa impositiva, si chiede che cessi tale suo stato reticente ed omissivo, si sveli adeguatamente e produca in sede di sua prima costituzione in causa:
  • In primo luogo copia autentica dell’atto pubblico elevato a “ parametroed a “ paradigma “ registrato il 04.08.2011 al n. 25782, relativo all’immobile di via Lagravinese. La presenza nel procedimento di cognizione giurisdizionale è indispensabile, costituendo esso la prova( l’unica ma inidonea a parere del sottoscritto) di cui l’Ufficio disponga. L’assenza o l’inidoneità di essa è fondamentale ai fini della decisione giuridica nella causa della controversia;Ogni impulso non può che essere susseguente alla rivisitazione provvedimentale che il sottoscritto, da subito, chiede all’Ufficio, che si spera non voglia esasperare ed incrementare ancor più la lite. A misura della avventatezza in cui l’Ufficio è incappato, l’ordinamento consente il rimedio, doveroso, normativamente, amministrativamente positivamente giust’apposto, pure incitato e confortato dalle Superiori Gerarchie, che si sostanzia nell’istituto dell’autotutela. Il caso in discorso si connota del tutto per essere attratto a fatto meritevole del detto istituto. Ove occorra esso potrà essere documentalmente corroborato e integrato, su impulso dell’Ufficio. Intanto, a conclusione del presente punto di oppugnazione, si denunzia a Codesta On.le Commissione la violazione e la falsa applicazione degli artt. 51 e dell’art. 52,  del T.U. sull’imposta di Registro e delle altre norme che con esso si interconnettono per l’accertamento e l’esazione riflessa delle imposte ipotecarie e catastali.3°)-ACCERTAMENTO INDUTTIVO. ONERE DELLA PROVA DIMOSTRATIVA DEI FATTI E DELLA PRETESA – art. 2697 c.c.. OMESSA ALLEGAZIONE IN ASSOLUTO. L’incombenza dell’onere della prova si pone, prima ancora che alle commissioni tributarie, alla stessa pubblica amministrazione che esercita la pretesa erariale per il principio generale secondo il quale la stessa non può emanare alcun atto senza essersi prima procurata la prova dei fatti costitutivi di quell’atto ( V.E. ALLORIO, sulla riforma del procedimento di imposizione, A.D. GIANNINI, G.A. MICHELI, F.TESAURO, manuale, cit. ) .A carico del Cxxxxxxxxxxsi registra la seguente e del tutto antigiuridica situazione:
  • Il fatto non esiste nei termini dell’avviso di rettifica e non è assumibile come presupposto e rapporto d’imposta;
  • Il procedimento di controllo, verifica e di accertamento è stato sostanzialmente omesso;
  • La “motivazione” dell’avviso è falsa;
  • Il criterio paradigmatico adottato non è legittimo, né lecito;
  • Il parametro prescelto dall’Ufficio non è né calzante, né plausibile;
  • I tre locali sono talmente atipici, per ubicazione, condizionamenti, limitatezza d’impiego e povertà di infrastrutture e servizi civili, da perdere in gran parte le sue potenzialità di commercializzazione e di giusto valore venale;
  • L’obbligazione d’imposta è stata inventata, perché estranea ad ogni ordinaria condizione di legittimità, per l’assenza del nesso pertinenziale tra gli elementi della valutazione;
  • È stata violata e surclassata la capacità contributiva del nio;
  • La parvenza di probatorietà degli atti impugnati e di disponibilità dei relativi elementi di prova fondanti la legittimità della presuntività e dell’induttività è solo artificiosità, mistificazione, travisamento della realtà, persino degli stessi concetti e principi giuridici di presunzione e di accertamento sintetico-induttivo;
  • La fondatezza nel merito, come in diritto, della pretesa tributaria, è inesistente.L’Ufficio ha eluso tutto quello che in fatto ed in diritto era tenuto ad osservare, a partire dal prima citato comando giuridico della legge, di ogni rango ed importanza. Nella fattispecie rettificativa ed avvisativo- sanzionatoria, nonché liquidativa, tutto converge in un giudizio ed assunto difensivo radicale di nullità e di annullabilità, quale inesorabile destino dei tre atti oppugnati. In tale condizione la razionalità e la doverosità istituzionale dovrebbe determinare l’Ufficio a provvedere in proprio (autotutela) e sgravare Codesta On.le Commissione dal lavoro necessario per giungere a sentenza. Si resta in attesa di prendere atto se l’Ufficio possiede o no, se pur a posteriori, di tal genere di sensibilità e correttezza. La sommazione di tutte le illegittimità ed infondatezze elencate, peraltro incomplete, si integra con la fondata previsione che l’Ufficio non dispone degli elementi di prova di cui ha affacciato il fumus. Si chiede, pertanto, che alle affermazioni, alle parole, faccia seguire i fatti, cioè che esso fin dalla sua costituzione in giudizio ( se costituirsi lo stimerà proprio opportuno) nel suo fascicolo depositi tutti gli elementi di prova di cui ha affermato essersi avvalso nell’esercizio dell’operata valutazione economica degli immobili.  Elementi documentali di cui si è già fatta elencazione specifica nei precedenti punti del presente atto di ricorso, occorrenti al sottoscritto per verificare la linea, l’appropriatezza e la completezza del compito difensivo assunto ed a Codesta On.le Commissione, di esperire il proprio compito istruttorio, di cognizione e giudizio. In difetto, fin da ora le relative richieste di nullità e di annullabilità sono proposte a Codesto consesso di giustizia. L’Ufficio aggiuntivamente, pur di dare i numeri che ha dato, ha trascurato anche di tenere conto che il T.U. n. 131/1986, il  D. Lgs. 31.10.1990, n. 347 ( Imposta ipotecaria e catastale ) non prevedono essi la possibilità di dar luogo ad accertamenti presuntivi o induttivi, come si ha nei settori delle imposte sugli scambi e sui redditi. La Giurisprudenza di Cassazione, pur con qualche oscillazione, è perlopiù, coerentemente orientata nella medesima prospettiva interpretativa delle dirette, sottolineando la necessità, comunque, ai fini della rettifica, di un sistema organico di elementi presuntivi e non già della mera circostanza dello scostamento fra corrispettivo dichiarato e valore normale determinato da rilevazioni di carattere statistico.La stessa natura dell’imposta di registro e delle altre imposte con essa infamiliarizzate, quali imposte essenzialmente d’atti ( un tempo tassa d’atti) sembra escludere criteri accertativi induttivi.La ratio degli artt. 51 e 52 del T.U. 131 consente all’Ufficio di prescindere dal valore dichiarato dalle parti, omologandosi con gli altri accertamenti compiuti ai fini delle altre imposte o agire del tutto autonomamente per gli atti che hanno per oggetto beni immobili, diritti reali, aziende. In tali casi però le norme consentono un accertamento per “comparazione”, di natura deduttivo e non presuntivo induttivo. La differenza è enorme, perché una cosa è dedurre, comparare, sulla base di fatti certi, precisi e concordanti, costituiti come elementi noti ( già ben noti) e come parametro di stima, un’altra è presumere (tirare ad indovinare) senza riferimenti di partenza, sperando di riuscire a convincere il giudice che trattasi di presunzioni semplici, cioè gravi, precise e concordanti.La Cassazione ha stabilito che l’obbligo di allegazione degli atti richiamati nell’atto impositivo è ineludibile e non surrogabile dalla conoscibilità in astratto, in considerazione dell’esigenza di tutelare l’effettività del diritto alla difesa Cass. Civ. 16.10.2012, n. 17755, Cass. Sentenza n. 3262 dell’11.02.2013). 

    Questo discorso si conclude nella constatazione per i settori impositivi della famiglia delle imposte d’atti (registro, ecc.) gli elementi di valutazione assumibili nei procedimenti di accertamento si legano, si debbono legare a fatti, elementi e circostanze di sicura esistenza che abbiano una comunanza di condizioni e caratteristiche. Perciò vincolatività legale e non libertà illimitata di procedere induttivamente e presuntivamente.

    La valutazione degli immobili del xxxx, invece, si qualifica di fatto, per essere pure del tutto induttiva e presuntiva, quindi si colloca in una condizione di illegittimità anche su questo versante e per quest’ultimo aspetto. La si assume a motivo e ragione di ulteriore confutazione ai fini della declaratoria di nullità o di annullabilità dei tre atti.

    P. Q. M.

    Viene a finale considerazione che gli avvisi di Rettifica e Liquidazione risultano completamente estranei al nostro Stato di diritto e dal suo Ordinamento Tributario, per infondatezza, illiceità, abuso, arbitrarietà falsità ed illegittimità, per cui sono da estromettere, in uno, col procedimento accertativo che l’Ufficio ha ritenuto di aver svolto, giudicandoli nulli o dichiarandoli annullati.

    Il sottoscritto, richiamando ciascun punto del ricorso,

    CHIEDE

    A CODESTA ON.LE COMMISSIONE

    A) –  Ai sensi dell’art. 47 del D.Lgs. 31.12.1992, n.546 e s.m. la sospensione degli atti impugnati, non essendo il xxxxxxxxx inj  grado di corrispondere le imposte, le pene e gli interessi per l’assoluta mancanza di liquidità e di accessibilità ad ulteriore fido bancario, già insufficiente per il pagamento mensile degli stipendi dei suoi dipendenti. Dall’atto impugnato può al contribuente scaturire un danno grave e irreparabile.

    La sua impossibilità a solvere in conformità alle conseguenze impositive ed esattive, si ancora e si raccorda alla circostanza che l’Ufficio, non avendo saputo valutare la capacità economico-contributiva dello stesso contribuente, così portandola fuori misura e fuori portata, l’ha posto nelle prevedibili condizioni di danno di cui si è sopradetto.

    L’istituto cautelare della sospensione di cui al richiamato art. 47 pone ulteriori, onerosissimi e difficili oneri motivali e probatori a questo difensore. Ma quando si sbaglia così pesantemente un accertamento fiscale e si tracima così enormemente la capacità contributiva di una persona, i motivi e le prove dello sconfinamento in una inesistente realtà economica del soggetto sono già in massima parte nei motivi di ricorso.

    Venuta  alla ragione ed alla constatazione il dato di fatto che la capacità contributiva è inventata, inesistente, intesa, se pur largamente, non solo come capacità economica, ma come capacità suscettibile di fornire al soggetto gravato della prestazione impositiva i mezzi finanziari occorrenti per l’assolvimento della stessa, nella umana ragione non vi è possibilità di acquisire la circostanza che essa incapacità di poter disporre, la si tramuti in capacità solutoria ( per giunta in crescendo); in attesa che il o i procedimenti giurisdizionali si svolgano e si concludano. Non si ignorano, già si conoscono le peripezie, il travaglio della Corte Costituzionale e delle battaglie da essa combattute, per giungere ad affermare che:

  1. per quanto attiene gli aspetti procedimentali, la garanzia dell’osservanza della capacità contributiva, si manifesta solo in via mediata ed indiretta, per cui in caso di violazione si determina contemporaneamente, se non esclusivamente, contrasto con l’art. 24 della Costituzione;
  2. In ordine all’atto di accertamento allorchè si presenti privo di ragionevolezza ( o addirittura irrazionale : è il nostro caso) contrasta sia con il principio di capacità contributiva che con quello di difesa.Non vi è nessun dubbio che tutto ciò è la risultante di millenni e millenni dell’umana applicazione, tra le cui magne regole di condotta giuridica, l’umanità non deviata, ha imparato a seguire la buona educazione, adattando il principio del “ neminem laedere” e che il rispetto è quasi sempre il corrispettivo del rispetto dato. A ben vedere e sceverare persino lo stesso articolo 53 della Costituzione è norma di reciprocità di rispetto. Che altro senso avrebbe altrimenti l’espressione: “ in ragione della loro capacità contributiva”, se non quella di comando giuridico, dato prima al legislatore e poi a chi attua i procedimenti di accertamento tributario, sulla base delle leggi d’imposta, di verificare, misurare, rispettare e stabilire la capacità contributiva di ciascun amministrato contribuente, in “ragione” ( e con ragione) della sua valenza economica, espressa in ciascun singolo tributo.B)- di accogliere totalmente il presente ricorsoe per l’effetto, con riferimento alle previsioni di legge, dichiarare nulli o annullare gli impugnati avvisi di rettifica, siccome incostitutivi, radicalmente viziati ed illegittimi,  del tutto infondati in fatto e diritto e Voglia di conseguenza confermare il valore degli immobili, come indicato nell’atto di trasferimento, ovvero €. 23500,00, e pertanto non dovuta la somma di €. 24xx,00.=, stabilita a titolo di Imposta ipotecaria  e catastale oltre sanzioni ed interessi.C) In via subordinata e del tutto residuale Voglia determinare per gli immobili  un valore venale massimo tra il dichiarato €. 2xx.500,00 e quello di cui alla perizia indicato in  €. 276.500,00, così costituito: mq. 445 x €. 200= €. 89.000,= arrotondabile a €. 90.000,00 per il locale interrato alla via Sxxxrco n. 98/A, mq. 101 x €. 1.000,00 = €. 101.000,00 per il locale a piano terra di via Sxxarco n. 88 e mq. 190 x €. 450,00 = 85.500,00 per il locale interrato di via Sxxxarco n. 88, e quindi per un totale complessivo di €. 276.500,00. Gli immobili hanno, oggi, caratteristiche costruttive ampiamente superate dalle nuove tecnologie;D) per quanto attiene la società xxxxla S.r.l., dichiari la nullità per le ragioni addotte nel ricorso e per nullità insita nell’atto, l’inefficacia della notifica, tra l’altro eseguita nelle mani di persona estranea alla società, e l’inammissibilità al contenzioso perché la società è stata  cancellata dal Registro delle Ditte di Bari in data 30xxx.2013;

    E) per quanto attiene il liquidatore dichiari la nullità per la ragioni di diritto addotta nel ricorso e per nullità dell’atto, l’inammissibilità del presente ricorso per mancanza della qualità soggettiva di diritto e privo di legittimazione sostanziale e processuale a ricorrere dal momento che la società è estinta il 30.10.2014.

    Valore della controversia €. 2xx453,00.

    Con vittoria delle spese di giudizio, comprensive di quelle sostenute dai ricorrenti Detomaso e soc. xxxxxxxxla S.r.l…

    Allega:

  • fotocopia dei tre avvisi di rettifica e liquidazione impugnati;
  • fotocopia ricevuta di deposito all’Agenzia delle Entrate;
  • fotocopia dell’atto di compravendita di parte (rep. N. 35 raccolta n. 26), rogato in Rutigliano, in data 28.112 dal notaio Dr. Annali xxxx e registrato a Bari il 0xxxxxxxx013 al n. 43/1T,  (all. n. 1 );
  • busta plastificata contenente n. 28 fotografie degli elementi di interesse nel giudizio introdotto (all. n.2);
  • Perizia giurata a firma dell’Ing.xxxastiano xxxxto (axxxxx. n. 3 );
  • Fotocopia comunicazione unica per cancellazione società al R.I. ed Agenzia delle Entrate (all. n. 4);
  • Fotocopia informazione anagrafica di cessazione per cancellazione società dell’08.1013 e mod. AA7/10 (all. n.5 );
  • Fotocopia visura camerale del 18.12.14 (all. n. 6 );
  • Fotocopia del contratto di locazione (all. n,7 );Putignano, 07.01.20xx                                                                  Con OssequioIl difensore abilitato e ricorrenterag. Tonio  Detomaso_________________________

Procura speciale

Il sottoscritto xxxxxonio, nato a Putignano  il 0x05.13 xd ivi residente alla Via S. a da  n.3, delega il rag. Tonio Detomaso,  codice fiscale DTMTNO47P04H096B, con domicilio eletto presso il suo studio in Putignano (Ba), via G. Pascoli, 27/A –CAP 70017 a  rappresentarlo e difenderlo nel presente giudizio, in ogni suo stato e grado, conferendogli ogni più ampio potere previsto dalla legge, ivi compresa la facoltà di conciliare e farsi sostituire.

Putignano, 07.01.201                                                firma del delegante

                                                                           _________________________

                                                                                 ( xxxxxxx )

                                                                  è autentica: rag. Tonio Detomaso 

 

                                                                  _____________________________

ATTESTAZIONE DI CONFORMITA