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ROTTAMAZIONE DELLE CARTELLE DI PAGAMENTO

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ROTTAMAZIONE DELLE CARTELLE DI PAGAMENTO

(D.L. 193/2016 in legge 225/2016)

Consiste nel saldare i debiti iscritti a ruolo al 31.12.2016 e regolarmente notificati dal concessionario “ Equitalia S.p.A.”, usufruendo, a volte, di significativi risparmi.

Ecco una breve sintesi di ciò che si deve sapere per decidere se aderire o meno alla rottamazione.

Cosa si può rottamare:

  • ·        le entrate tributarie, compresa l’IVA, contributi assistenziali e previdenziali, per gli anni dal 2000 al 2016;
  • ·        debito chiesto con un avviso di accertamento esecutivo dell’Agenzia delle Entrate, affidato all’agente della riscossione entro il 31.12.2016;
  • ·        ruoli affidati nel 2016;
  • ·        Carichi affidati agli agenti della riscossione nell’ambito dei procedimenti della crisi da sovraindebitamento;
  • ·        Si può scegliere cosa rottamare non solo nell’ambito di cartelle diverse ma anche all’interno della stessa cartella;
  • ·        Le entrate, anche tributarie, delle Regioni, delle Province, città metropolitane e dei Comuni per i tributi locali affidate per la riscossione all’Equitalia; 
  • ·        Le sanzioni amministrative per violazioni al Codice della strada (interessi).

Benefici: 

  • ·         Cancellazione delle sanzioni e degli interessi di mora e di dilazione;
  • ·         Cancellazione delle somme aggiuntive, cioè accessori dovuti sui ritardi od omessi pagamenti dei contributi previdenziali,
  • ·         Cancellazione delle sanzioni e delle somme aggiuntive degli enti previdenziali;
  • ·         il blocco delle procedure esecutive in corso;
  • ·         la presentazione della dichiarazione sospende i termini di prescrizione e decadenza per il recupero dei carichi, con la conseguenza che l’agente Equitalia non potrà:

o   Notificare atti di pignoramento presso terzi;

o   Riavviare nuove azioni esecutive;

o   Procedere all’iscrizione di nuovi fermi amministrativi e ipoteche legali;

o   Proseguire le procedure di recupero coattivo precedentemente avviate.

  • ·         Se con i pagamenti già fatti il debitore ha saldato il conto della rottamazione, per avvalersi della definizione e quindi per stralciare le eventuali somme residue è sufficiente presentare la domanda.

Beneficiari:

  • ·         Soggetti che avevano dilazioni scadute (pendenti);
  • ·         Soggetti in contenzioso tributario per accertamenti esecutivi, o cartelle di pagamento, purchè rinunci agli atti del giudizio;
  • ·         Coloro che hanno già pagato parzialmente;
  • ·         Coloro che sono decaduti per non aver pagato almeno 5 rate anche non consecutive.
  • ·         Soggetti che hanno presentato istanza di riammissione in termini, ex art. 13 bis Dl 113/2016, entro il 20.10.16, purchè siano state pagate le rate in scadenza da ottobre a dicembre 2016.  

Decadenza:

Si decade dal beneficio per il mancato ovvero insufficiente o tardivo versamento dell’unica rata ovvero di una qualsiasi delle rate ed il residuo non può essere più rateizzato; conseguentemente l’agente della riscossione potrà proseguire l’ordinaria attività di recupero.

Istanza:

Ø  Redatta su modulo messo a disposizione da Equitalia, va presentata entro il 31.03.2017 agli sportelli di Equitalia oppure inviata per mail agli indirizzi di posta elettronica.

Ø  Entro lo stesso termine il debitore può integrare la dichiarazione presentata anteriormente a tale data.

Termini:

  • ·         Entro il 31.03.2017 presentare domanda ad Equitalia;
  • ·         Entro il 31.05.2017 l’Equitalia comunica a coloro che hanno prodotto la dichiarazione di rottamazione, l’ammontare delle somme dovute, nonchè l’importo delle singole rate, il giorno ed il mese di scadenza di ciascuna di esse tenendo conto che:

o   Per l’anno 2017 la scadenza delle singole rate è fissata nei mesi di luglio, settembre e novembre per il 70% del debito;

o   Per l’anno 2018 nei mesi di aprile e settembre per il residuo 30%;

  • ·         Entro il 28.02.2017 l’Equitalia, con posta ordinaria, avvisa il debitore dei carichi affidati nell’anno 2016 per i quali, al 31.12.2016, gli risulta non ancora notificata la cartella di pagamento.

Versamenti:

  • ·         Unica soluzione;
  • ·         Dilazione da 2 a 5 rate;
  • ·         70% nel 2017 (tre rate) ed il 30% nel 2018 (due rate);
  • ·         Interessi del 4,5% dall’01.08.2017.

Modalità:

  • ·         Il pagamento si effettua mediante domiciliazione sul conto corrente, bollettini precompilati o presso le casse di Equitalia. Non è ammessa la compensazione dei crediti vantati per appalti e forniture alla Pubblica Amministrazione.
  • ·         Non è possibile utilizzare il mod. F24 per il pagamento, quindi è esclusa ogni tipo di compensazione.
  • ·         Il pagamento della prima o unica rata delle somme dovute ai fini della definizione determina, limitatamente ai carichi definibili, la revoca automatica dell’eventuale dilazione ancora in essere precedentemente accordata dall’Equitalia.

Suggerimento:

VISTO L’EFFETTO SGRADEVOLE DELLA DECADENZA ( VEDI SOPRA), SI CONSIGLIA, PER CHI È TITOLARE DI C/C BANCARIO, DI OPTARE PER LA “ DOMICILIAZIONE BANCARIA”. 

RICORSO AVVERSO STUDI DI SETTORE REDDITO DI PARTECIPAZIONE LAVORO AUTONOMO

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ALLA COMMISSIONE TRIBUTARIA PROVINCIALE DI B A R I

Oggetto: ANNI 2002 e 2003 – IMPOSTE  IRPEF –– ADDIZIONALE REGIONALE – STUDI DI SETTORE – REDDITO DI PARTECIPAZIONE.

RICORSO avverso gli Avvisi di Accertamento emessi dall’AGENZIA DELLE ENTRATE UFFICIO DI BARI 1:

  • N. XX2008 per l’anno 2002, prot. n. 0xxx807 delxxxx.12.2008, atto notificato in Bari il 1xxx.2008;
  • N. 8840xxxxx1856/2008 per l’anno 2003, prot. N. 0xxxx6806 del 12.1xxxxx2008, notificato in Bari il 16xxxx08.

I due  Avvisi di Accertamento, nel loro costrutto formale, sostanziale, logico e giuro-impositivo, in abbinata constatata ricorrenza della connessione per natura tra gli stessi sul piano dei motivi, dei fatti, dei criteri di discrimine dei presupposti, dei tributi, dell’oggetto e di ogni altro elemento giuridicamente considerabile, nella ratio dell’art.29 del D.Lgs. n.546/1992 e s.m. e delle norme del C.P.C., configurano la Condicio Iurisdi proponibilità “cumulativa”  del presente ricorso. Trattasi cioè di unico fatto economico generatosi nello Studio Odontoiatrico Associato Dr. xxoro, Dr. Nxxxxxxdi Putignano.

Contro: AGENZIA DELLE ENTRATE UFFICIO DI BARI 1.

ricorrente:  SxxxxxxxxxCO, nato a  Bari il 1xx952 e domiciliato in Bari in Via xxxxxxxxxxxari, n.xxxx, C.F. SNTFxxxxxxxx52D15A662Y, medico;

e per suo nome e conto, il difensore tecnico abilitato:

Rag. Tonio Detomaso, nato a Putignano (Ba) il 4.9.1947, con studio alla Via

G. Pascoli, n.27/a, 70017 Putignano (Ba), Cod. Fisc.

DTM TNO 47P04 H096B, giusta procura alle liti,

rilasciata a margine del presente atto di ricorso, a cura

dello stesso ricorrente Santoro Francesco.

1)      CON RICHIESTA DI SOSPENSIONE DELL’ATTO IMPUGNATO, AI SENSI DELL’ART. 47 DEL D.LGS. 31.12.1992, N.546 e s.m.;

2)      CON LA RICHIESTA DI TRATTAZIONE DELLA CAUSA IN PUBBLICA UDIENZA, AI SENSI DELL’ART. 33, 1° COMMA DEL D.LGS. n.546/92. 

Il sottoscritto difensore rag. Tonio Detomaso, libero professionista in Putignano (Ba), ha ricevuto mandato difensivo dal Dr. xxxxtoro xxxxxsco, essendogli giunti a notifica il 1xxxx08 i due avvisi d’accertamento n. 8xxxxxxxxxx2008 (Prot. n. 0xxxxxxxxxx07 del 12.xxxx008), e xxxxxxxxxxxxxx8 (prot. n. 0xxx6806 del 12.xxx.2008) emessi dall’AGENZIA DELLE ENTRATE UFFICIO DI BARI 1.

Egli in esecuzione del mandato difensivo ricevuto, ha riscontrato la totale infondatezza ed illegittimità dei citati avvisi d’accertamento, pertanto, ai sensi dell’art. 18 e seguenti del D. Lgs. 31.12.1992, n. 546 e s.m.,

RICORRE

A Codesta On.le Commissione Tributaria Provinciale, quale Giudice a quo, affinchè eserciti la relativa cognizione e decida la controversia ai sensi dell’art. 36 dello stesso D. Lgs. N. 546/1992.

MOTIVI DEL RICORSO

IN FATTO

1)          L’Agenzia delle Entrate Ufficio di Gioia del Colle notificava al Dr. Santoro a mezzo raccomandate r.r. 7xxx649394-9 e 761926xxxx-7 l’invito n. RF3Ixxxx007, prot. 6xxx1 del 20xxxx077, per l’anno 2002 (all.1), e raccomandate nn. 7xxxx9391-5 – 761xxxx9390-4,  l’invito n. RF3Ixxxxx0253/2007, (allegato n.2) per l’anno 2003, ad esibire documentazione contabile e a presentarsi il giorno 1xxxx2007 in Ufficio ai fini dell’instaurazione del contraddittorio e dell’eventuale definizione dell’accertamento con adesione, ai sensi del Decreto Legislativo 18.6.1997, n.218, relativamente allo STUDIO ODONTOIATRICO ASSOCIATO Dr.xxxxxx con sede in Putignano alla via Wxxxxxxxer n. 3, citando calcoli da studi di settore, i quali –tuttavia- NON RISULTAVANO ALLEGATI ALL’INVITO;    

2)          Per l’incontro avvenuto il 16xxxxx007 furono redatti due verbali di contraddittorio prot. n. 6xxxx del 16xxxx007 (all.3) e prot. n. xx877 del 1xx2007 (all. 4), dai quali si evince che il Dr. xxxxncesco, nella qualità di amministratore legale rappresentante dello studio associato “ ODONTOIATRICO Dr. xxxxxxito, con procura conferita al rag. Tonio Detomaso, esibiva i documenti fiscali richiesti, tra cui la memoria difensiva esplicativa con relativi allegati e chiedeva l’archiviazione della pratica avendo fornito ampie prove a sostegno della tesi che nel suo caso gli studi di settore non erano applicabili.

In entrambi i verbali, da una parte il verbalizzante Sig. Masxxxxx    per l’Agenzia delle Entrate Ufficio di Gioia del Colle e dall’altra lo Studio associato odontoiatrico, rappresentato dal difensore rag., T. Detomaso, alla pag. 2, si legge:  “ si ritiene di considerare le suddette giustificazioni in parte persuasive in quanto le circostanze evidenziate comportano effettivamente una riduzione dei compensi determinati in base agli studi di settore applicabili. Pertanto, l’Ufficio, dopo aver attentamente vagliato le suddette giustificazioni, propone la rideterminazione dei maggiori compensi calcolati in base all’applicazione dello studio di settore in € 36.xxxx00 per l’anno 2002 ed in  € 34.xxx0 per l’anno 2003 (all. 3 e 4).

La parte aderiva alla definizione per lo studio associato per due ragioni:

  1. convenienza economica a chiudere subito l’incomprensione sorta tra il fisco e l’associazione professoniale, dato il sostenibile gravame ( contributo ) dovuto, rispetto all’eventuale  percorso del contenzioso;
  2. la conservazione dell’autonomia negoziale degli atti, consapevole del rinvio a nuova e successiva data per l’esame della posizione dei due associati appartenenti a distretti diversi da quello di Gioia del Colle, ed essendo tra loro posizioni giuridiche distinte.

3)          La parte effettuava nei 20 giorni successivi al 1xxx07 i versamenti perfezionando così la definizione per gli anni 2002 e 2003 (all. 5 e   6) solo per l’Associazione professionale “ Studio associato Dr. xxxxxxxxxxxxxto.  

4)          Il 16 dicembre 2008 venivano notificati i due accertamenti impugnati, non preceduti dal contraddittorio, con i quali l’Agenzia di Bari:

Per l’anno 2002  chiede il pagamento delle seguenti  somme:

IRPEF                                                                            € 2xxxx1,00

ADDIZIONALE REGIONALE                                    €    10xx2,00

ADDIZIONALE COMUNALE                                    €      37xx,00

SANZIONE AMMINISTRATIVA                              € 2.4xx70,00

Avendo elevato il reddito complessivo da € 19.xxxx6,00 (all.17) ad € 26xxxx1,00.

Per l’anno 2003:

IRPEF                                                                          €  3.3xx,00

ADDIZIONALE REGIONALE                                    €     10xxx,00

ADDIZIONALE COMUNALE                                    €       4x,00

SANZIONE AMMINISTRATIVA                              €  3.xxxx,00

Avendo elevato il reddito complessivo da € 3xxxxx00 (all. 18) ad €  40xxxx2,00.

Oltre gli interessi

5)          Nella memoria del 15.10.2007 (all. 7) il ricorrente evidenziava all’Ufficio ed ora al vaglio di Codesta On.le Commissione che:

  • Lo studio associato è stato costituito il 26.xxx.2001 con lo scopo di esercitare in forma associata la professione di odontoiatra e odontostomatologia in Putignano e con la previsione, all’art. 4, che il contratto associativo sarebbe venuto a scadere il 31.12.2005 (allegato).
  • Lo studio associato ha operato senza dipendenti ed i due medici si alternavano per due mezze giornate la settimana .    
  • Lo studio era ubicato in via xxx, zona molto al di fuori del centro urbano e principalmente inaccessibile a chi non possiede un automezzo, come si evidenzia dalla piantina allegata.

L’ubicazione di un nuovo studio, specie se trattasi di odontoiatra, assume grande rilevanza per l’acquisizione della clientela. E’ noto, altresi’, il divieto di attuare qualsiasi tipo di pubblicità e l’unico modo per acquisire notorietà e lavoro sono il tradizionale “passa parola” ed il tempo, ma è evidente che data la collocazione fuori Paese dello studio ciò non è stato possibile o lo è stato in misura assai ridotta.   

      La scelta dello studio, fatta evidentemente imponderatamente,  E’ STATA CAUSA DELL’INSUCCESSO DELL’ INIZIATIVA (fallimento dell’iniziativa), tant’è che allo scadere del termine previsto ( 31.12.2005) i due associati hanno preferito, senza alcun ripensamento, CESSARE L’ATTIVITA’ (allegato), anche per non rimetterci ulteriori denari rispetto a quelli già investiti e risultati in parte infruttiferi ed in parte persi definitivamente. 

  • L’attività professionale è stata avviata mediante accensione di mutuo per euro 4xxx0,00 presso la Banca Intesa   Bci, fotocopie allegate comprensive del piano di ammortamento, utilizzato per l’acquisto del macchinario ed attrezzature tecniche di studio e stipulando un contratto di leasing (allegato) per l’acquisto del riunito. Per l’esercizio 2002, è stato inevitabile che gli interessi passivi, i canoni leasing, gli ammortamenti, le spese pluriennali, le locazioni, l’IVA indetraibile da pro-rata, per complessivi euro 25.xxxx2,52, hanno rappresentato costi insopprimibili ovvero necessari per l’esercizio professionale, ma che hanno finito per incidere negativamente sul conto economico (allegato). Ciò non deve meravigliare essendo pacifico che nell’avviare l’attività, per i primi anni, i costi non sono proporzionati ai ricavi e ciò vale anche per l’esercizio 2003.   
  • E’ altrettanto inconfutabile che, in considerazione della corposa concorrenza, oggi per avviare un qualsiasi studio professionale occorrono non meno di cinque anni ed i ricavi risultano necessariamente bassi e contratti.
  • Il risultato delle scelte operate si compendia nel risultato negativo per i primi due anni, diventando positivo per gli anni 2004 e 2005, anche se di modesta entità. Perdite e redditi dichiarati derivanti dall’attività lavorativa corrispondono alla reale situazione economico-fiscale, nel rispetto della normativa tributaria.

Gli associati responsabilmente e coerentemente, già a metà anno 2005, constatati i deludenti ed antieconomici risultati conseguiti, decisero di cessare l’attività oltre che per le suesposte ragioni anche per il fatto che preferirono impegnarsi maggiormente a favore dei rispettivi studi di Bari.

La rappresentazione puntuale e veritiera dei fatti soggettivamente ed oggettivamente, unitamente agli allegati documenti, costituiscono dimostrazione e prova che gli studi di settore, nel caso di specie, non sono applicabili sia perchè modificano immotivatamente e non vera il risultato di gestione, sia perchè essi non sono accompagnati da alcuna dimostrazione e prova a carico e cura dell’Ufficio; ne consegue l’annullamento dei due avvisi di accertamento.

Premessa

Si intende con il presente ricorso trattare preliminarmente le due distinte fasi che devono contraddistinguere l’attività dell’Ufficio tributario, ovvero quella dell’accertamento e quella della determinazione dei ricavi.

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RICORSO AVVERSO REVOCA AGEVOLAZIONI FISCALI TRASFERIMENTO IMMOBILI

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ALLA COMMISSIONE TRIBUTARIA PROVINCIALE DI B A R I

Oggetto: ANNO 2008 ‑ IMPOSTA REGISTRO – SANZIONI ED INTERESSI – REVOCA AGEVOLAZIONE DI CUI ALL’ART. 1, C. 25, DELLA LEGGE N. 244 DEL 24.12.2007,  TRASFUSA A REGIME NELL’ART. 1, PARTE PRIMA DELLA TARIFFA ALLEGATA AL D.P.R. 26.04.1986 N. 131.

Contro: AGENZIA DELLE ENTRATE – DIREZIONE PROVINCIALE DI XXX – UFFICIO TERRITORIALE DI XXXX.

RICORSO avverso l’Avviso di liquidazione dell’imposta, del 25.10.2XX1, emesso dall’Agenzia delle Entrate, Direzione Provinciale di XXX,, Ufficio Territoriale di XXX, atto notificato in XXXXXX a mezzo dei servizi postali, in data 08.XX1.2011, raccomandata n. 76XX80830-1, numero di riferimento XXXE20116XXX01566X0, numero dell’atto 200XXXXXXX746000 ;

RICORRENTE

IMMOBILIARE XXXX  Società a r.l. con sede legale in Putignano (Ba) alla via Nxxxxxxxxxte n. xxx, codice fiscale 0xxxx0721, PEC immobiliare e@pec.it, rappresentata dall’amministratore unico e legale rappresentante Mantovani xxxINA, nata a Pxxxxno l’xxx ed ivi residente alla via xxxxxx. 2, codice  fiscale xxxxxxxxxxxxxxxxx  e, per suo nome e conto, il difensore tecnico abilitato: Rag. Tonio Detomaso, nato a Putignano (Ba) il 4.9.1947, Cod. Fisc. DTM TNO 47P04 H096B, fax 080/4913207, PEC: toniodetomaso@pec.it , iscritto all’ordine dei dottori commercialisti e degli esperti contabili di Bari al n. 137, sez. A, giusta  procura  alle  liti rilasciata in calce al presente atto, con studio in Putignano, Via G. Pascoli n. 27/A, presso il quale la ricorrente è

elettivamente domiciliata ai fini del giudizio;

1)      CON RICHIESTA DI SOSPENSIONE DELL’ATTO IMPUGNATO, AI SENSI DELL’ART. 47 DEL D.LGS. 31.12.1992, N.546 e s.m.;

2)      CON LA RICHIESTA DI TRATTAZIONE DELLA CAUSA IN PUBBLICA UDIENZA, AI SENSI DELL’ART. 33, 1° COMMA DEL D.LGS. n.546/92.  

Il sottoscritto difensore rag. Tonio Detomaso, libero professionista in Putignano (Ba), ha ricevuto mandato difensivo dalla società Immobiliare S.r.l. , a cura del rappresentante legale pro tempore di essa, xxxxxxx, essendo a giunto a notifica l’08xxxxxx011 l’avviso di liquidazione della maggiore imposta di registro datato 2xxxxx11, emesso dalla Direzione Provinciale di xxxxx – Ufficio Territoriale di xxxxxi, via xxxxa, n. xxxxxi.

Egli in esecuzione del mandato difensivo ricevuto, ha riscontrato l’ infondatezza ed illegittimità dell’avviso erariale e, pertanto, ai sensi dell’art. 18 e seguenti del D. Lgs. 31.12.1992, n. 546 e s.m.,

RICORRE

A Codesta On.le Commissione Tributaria Provinciale, quale Giudice a quo, affinchè eserciti la relativa cognizione e decida la controversia ai sensi dell’art. 36 dello stesso D. Lgs. N. 546/1992.

MOTIVI DEL RICORSO

IN FATTO

  1. La società Immobiliare xxxx S.r.l., il 2xxxx008, acquistava in Putignano un suolo edificatorio della superficie catastale di mq. xxxxxx113, censito in catasto terreni al foglio xxx, particelle xxxxxxxxxxxxxxxxxxx, a rogito Notaio Dott.ssa Concetta Adriana Della Ratta di Bari, registrato all’Ufficio delle Entrate di xxxx in data 2xxxx008 al n. xxx, serie 1T (all.1). L’acquirente chiedeva l’applicazione delle agevolazioni fiscali previste dall’art. 1, commi 25, 26, 27 e 28 della Legge n. 244 del 24.12.2007, trattandosi di trasferimento di proprietà di immobili compresi in piani urbanistici particolareggiati diretti all’attuazione dei programmi di edilizia residenziale comunque denominati, pertanto il corrispettivo pagato scontava la tassazione dell’1% per l’imposta di registro, del 3 % per l’ipotecaria e dell’1% per la catastale. All’atto notarile veniva allegato lo stralcio del Piano Regolatore Generale del Comune di Putignano, contenente la descrizione delle zone “C”,  “C2”, e “C2a”, a conferma che il suolo di cui trattasi rientrava nel piano urbanistico particolareggiato.
  2. La ricorrente società con rogito del Notaio Dott.ssa Concetta Adriana Della Ratta di Bari, in data 10.xxxx, registrato al n. xxxxx/1T (all.2), cedeva gratuitamente al Comune di Putignano parte del citato suolo, cioè le particelle xxxxxxxxxxxxx039  per complessivi mq. xxxxxx, area destinata alle urbanizzazioni primarie e secondarie relative al comparto PL/C in zona omogenea C2 del Piano Regolatore Generale del Comune di Putignano, in rispetto degli impegni assunti sottoscrivendo la convenzione con il Comune di Putignano il 28xxxxxx9.
  3. Con l’avviso di liquidazione sono richieste le somme: € xx88,59 a titolo di imposta di registro ed interessi, € xxx6 diritti, € 2xxxxx,00 quale sanzione pecuniaria;
  4. La Direzione Provinciale di xxxi, Ufficio Territoriale, con l’avviso di liquidazione che si impugna revoca l’agevolazione fiscale prevista dall’art. 1 della Tariffa parte I del D.P.R. 26.04.1986, n. 131, divenuta norma a regime, aggiunta dall’art. 1, c. 25 della L. 244 del 24.12.2007, relativamente all’area ceduta al Comune, così motivando:
    1. L’agevolazione è revocata, pag. 2/7 dell’avviso, non essendosi verificata la condizione del completamento dell’intervento cui è finalizzato il trasferimento, entro cinque anni dal trasferimento (2008-2013 !);
    2. Con atto a rogito notar…, pag. 2/7 dell’avviso, la società iMMOBILIARE   xxx S.r.l. rivendeva al Comune di Putignano, parte del succitato suolo che, a seguito della convenzione del piano di lottizzazione del comparto, stipulata con il Comune il 28.xxxx09, risultò destinato in parte a viabilità e parte a standards di pertinenza dei lotti a realizzarsi;
    3. Pag.3/7 dell’avviso- L’Ufficio riporta le condizioni necessarie, anche se in parte superate, per usufruire dell’agevolazione fiscale di cui all’art. 1, commi dal 25 al 28, della Legge 244 del 24.12.2007, indicandole in a) la presenza di un piano urbanistico particolareggiato vigente, regolarmente approvato, b) l’intervento edilizio deve essere “ completato” entro cinque anni dal trasferimento;
    4. Si incorre, altresì, nella decadenza dal beneficio in caso di rivendita (!) del suolo edificabile, acquistato con le agevolazioni, in assenza di utilizzazione edificatoria, anche se l’alienazione avviene entro cinque anni dall’acquisto;
    5. Tanto premesso, alla soc. Immobiliare xxx S.r.l. vengono revocate le agevolazioni previste … per aver venduto, parte del terreno edificabile sopra descritto, prima dello scadere del quinquennio, prima della prevista realizzazione edificatoria e comunque prima di aver completato l’intervento edilizio previsto.                   

IN  DIRITTO

1°)- VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DELL’ART. 1, PARTE PRIMA DELLA TARIFFA, D.P.R. 26.04.1986, N. 131, INTRODOTTA COME NORMA A REGIME DALLA LEGGE 244 DEL 24.12.2007, ART. 1, COMMA 25 – PER QUANTO CONCERNE FORMA ED EFFICACIA DELLA MOTIVAZIONE. Continue reading

ACCERTAMENTO DA STUDI DI SETTORE

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ALLA COMMISSIONE TRIBUTARIA PROVINCIALE DI                       BARI.

Oggetto:  Anno 2000 – IRAP – IVA – SANZIONI – INTERESSI per la società in accomandita    semplice.

IRPEF – ADDIZIONALE REGIONALE – CONTRIBUTI INPS – SANZIONI ED INTERESSI per i due soci:

1 socio accomandante – 1 socio accomandatario

RICORSO INTRODUTTIVO CUMULATIVO

Avverso cinque avvisi di accertamento emessi dall’ Agenzia delle Entrate Ufficio di Gioia del Colle, Via Noci, ang. SS100, distintamente specificati, per soggetto d’imposta e tipo di imposta, nelle legende che seguono:

  1. LEGENDA DEI MODELLI CHE SI IMPUGNANO:

1) Numero RF 3020345/2007 (Prot.XX859, in data 0XXX12.2007), relativo alla OXXXXX & c. S.a.s.Via XXXXX e stesso domicilio fiscale, rappresentata daXXXXXXX, nata a Putignano (Ba) il XXX979, ivi domiciliata, Via xxxxxxxxxxxxx;

–          Atto notificato il 0xxxxx007, r.n. 7xxxx6126702-2;

–          Tributi accertati: IRAP – IVA;

2) Numero RF 302xxx545/2007 (Prot.xx61, in data 05xxxx007), relativo alla rappresentante dell’anzidetta Oxxxxx & c. S.a.s., Signora Fxxxxxxxx nata a Putignano (Ba) il 15xxx.1979, ivi domiciliata, Viaxxxxxx;

– Atto notificato il 07.1xx007, nr. 76xxxxxx6701-1

– Tributi accertati: IRAP ed IVA;

3) Numero x 302xxxx2007 (Prot.76xxx3, in data 05xxxx.2007), relativo alla persona fisica-contribuente xxxxxxxxxxxxxx nato il 19xxx76, in qualità di Socio della Oxxxx & c. S.a.s., Via xxxxo xx13, Putignano (Ba): C.F. xxxxxxxxxxxxxxxxx:

–          Atto notificato il 10xxxx2007,r.n. 7627612xx4-4;

–          Tributi accertati: IRAP ed IVA;

4) Numero RF 30xxxxx007 (Prot.7xxx1, in data 05xxx2007), relativo alla persona fisica, in qualità di Socio della Oxxxxxxxxxxxxa & c. S.a.s., signora xxxxxxxxxxxx, nata a Putignano il 1xxx79 ed ivi domiciliata al xxxxx; Putignano; C.F.: xx:

–          Atto notificato l’1xxxx, r.n. 762xxxxxx703-3;

–          Tributi accertati : IRPEF –ADD.LE REG.LE-INPS ;

5) Numero RF 3010xxx07 (Prot.76xxx9, in data 0xxx2007), relativo alla persona fisica, in qualità di Socio accomandante della  Oxxxxxxxxxxxxxx c. S.a.s., Sig. xxxxxx, nato a Putignano (Ba) 19xxx ed ivi domiciliato in viaxxxxxxxxxx, C.F.: xxxx:

–          Atto notificato il 07xxxxxx07, r.n. 7xxxxxxx05-5;

–          Tributi accertati: IRPEF –ADD.LE REG.LE – INPS;

B. LEGGENDA DEI RICORRENTI, PER TUTTI GLI AVVISI DI RISPETTIVA PERTINENZA E COMPETENZA:

1) Oxxxxxxxxxxxxxxxa & C. S.a.s., Via xxxxxxxxxxxxxxx, Putignano (Ba), già corrente al detto domicilio fiscale e legale e già esercitante l’attività industriale di produzione di confezioni, partita IVA: 0xxxxxxxxxxxx27;

2) Fxxxxxxxxxa: nata a Putignano (Ba) il 1xxx979, ivi domiciliata, Viaxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx, C.F. xxxxxxxxxxxxxxx (ricorrente come Persona Fisica-Contribuente e rappresentante pro tempore delle predetta S.a.s.);

3) Fxxxxxxxxxxxxxxxxxxio: nato a Putignano (Ba) il 19.xxx76, ivi domiciliato, ViaxxxxxxxA, C.F. xxxxxxxQ, (ricorrente come Persona Fisica-Contribuente e Socio accomandante dell’indicata S.a.s.);

ED IN NOME E PER CONTO DI TUTTI I SOPRA SPECIFICATI SOGGETTI D’IMPOSTA, IL DIFENSORE  TECNICO ABILITATO

Rag. TONIO  DETOMASO, nato a Putignano (Ba) il 4.9.1947, con studio alla via G. Pascoli, n.27/A, 70017 Putignano (Ba); Codice Fiscale  DTM TNO 47P04 HO96B, giusta procura alle liti rilasciata, secondo i rispettivi atti e titoli rappresentativi e personali, di diritto, degli stessi ricorrenti, come sopra identificati, procura in calce a questo atto di ricorso;

CON RICHIESTA

  1. DI SOSPENSIONE DEGLI ATTI IMPUGNATI, AI SENSI DELL’ART. 47 DEL D. LGS. 31.12.1992, N.546 E S.M.;
  2. DI TRATTAZIONE DELLA CAUSA IN PUBBLICA UDIENZA, AI SENSI DELL’ART. 33, 1° COMMA DEL D. LGS. N. 546/92;
  3. DI ESERCIZIO DI OGNI POTERE ISTRUTTORIO, OVE OCCORRA, ESSENDO LA CONTROVERSIA FORIERA DI ASPETTI COGNITIVI DEL TUTTO PARTICOLARI, NELLA PROSPETTAZIONE DELLA RATIO DI BISOGNO E DI ASSENTIMENTO DELL’ART.7 DEL D.LGS. N.546/1992;
  4. ALL’UFFICIO DELL’AGENZIA DELLE ENTRATE AVVISANTE, DI ANNULLAMENTO DEGLI OPPOSTI AVVISI, MEDIANTE L’APPLICAZIONE DELL’ISTITUTO DELL’AUTOTUTELA, AI SENSI DELL’ART. 68 DEL D.P.R.  287/92 E DELL’ART.2 QUATER DEL D.L. 30.09.1994, IN LEGGE 30.11.1994, N.656 E DELLE DIRETTIVE APPLICATIVE E  REGOLAMENTARI DETTATE DALLE ISTITUZIONI GERARCHICHE SOVRAORDINATE.

———-O———-

Il sottoscritto difensore rag. Tonio Detomaso, libero professionista in Putignano (Ba), ha ricevuto mandato difensivo dalla OLxxxxxxxxxxxxxxx & c. S.a.s., (a cura della Rappresentante Legale pro tempore di essa), dalle persone fisiche Frxxxxxxxo, secondo i rispettivi titoli di diritto e di tutela (e come da rispettiva imputazione dei n. 5 avvisi emessi dall’Agenzia delle Entrate di Gioia del Colle), essendo alla menzionata Società S.a.s. ed alle loro persone, giunti a notifica, come da già evidenziati in leggenda A), n.5 modelli titolati Avvisi di Accertamento.

Egli, in esecuzione del detto ricevuto mandato difensivo, ha riscontrato la totale infondatezza ed illegittimità degli anzispecificati Avvisi Erariali, pertanto, ai sensi dell’art.18 e seguenti del D.Lgs. 31.12.1992, n. 546 e s.m.

R I C O R R E

a Codesta On.le Commissione Tributaria Provinciale, quale Giudice a Quo, affinché eserciti la relativa cognizione e decida la controversia ai sensi dell’art. 36 dello stesso D. Lgs. n. 546/1992, e s.m..

PREMESSA  AI  M O T I V I  DEL  RICORSO

I cinque Avvisi di Accertamento, nel loro costrutto formale, sostanziale, logico e giuro-impositivo, in abbinata constatata ricorrenza della connessione per natura tra gli stessi sul piano dei motivi, dei fatti, dei criteri di discrimine dei presupposti, dei tributi, dell’oggetto e di ogni altro elemento giuridicamente considerabile, nella ratio dell’art.29 del D.Lgs. n.546/1992 e s.m. e delle norme del C.P.C., configurano la Condicio Iurisdi proponibilità “cumulativa”  del presente ricorso. Trattasi cioè di unico fatto economico generatosi nella Oxxxxxa & C. S.a.S. assunto dall’Ufficio come ipotesi di aggiuntiva obbligazione d’imposta, a carico dei detti soggetti, legati, in termini di cointeressenza, alla medesima S.a.s. e come tali attratti nella stessa congettura impositiva.

Da tanto si ha che i cinque Avvisi Fiscali si pongono in lineare connessione soggettiva ed oggettiva; che l’economia delle funzioni di Giustizia (e non solo di essa) attrae nella possibilità di riunione (volontaria) dei ricorsi (S.C. Cassazione a Sezioni Unite 19.01.1970, n.105, in Imp. Dir. Erar., 1970, 815 e molte altre, in consonanza e conformità con la letteratura ela Giurisprudenza Amministrativa).

A ragione di tanta oggettività e soggettività, peraltro tutta propria delle Società a struttura personale (cioè non capitaria) com’è la S.a.s. in parola, il presente ricorso introduttivo della controversia è attinente ed è proposto per la S.a.s., la rappresentate di essa, la stessa signora Frxxxxxxxxxxxxxxx, ed il Sig. Fxxxxxxxio,  per tutti i quali il sottoscritto, negli stessi termini di connessione ed unitarietà, difensivamente si costituisce dinanzi a Codesta On.le Commissione Tributaria Provinciale.

MOTIVI DEL RICORSO

IN FATTO

1)          L’Agenzia delle Entrate Ufficio di Gioia del Colle notificava a mezzo raccomandate del 1xxx007, gli inviti nn. RF3xx00547/2007, aventi prot. 6xxx0, (allegato n.1), prot. 6xxx8 (all.2) e prot. 6xxx (all.3) ad esibire documentazione contabile e a presentarsi il giorno 29.xx2007 in Ufficio ai fini dell’instaurazione del contraddittorio e dell’eventuale definizione dell’accertamento con adesione, ai sensi del Decreto Legislativo 18.6.1997, n.218 ; 

2)          Per l’incontro avvenuto il 29.xxx2007 veniva redatto il verbale di contraddittorio, (all.4), dal quale si evince che si esibivano i documenti fiscali richiesti, tra cui la memoria difensiva esplicativa ( all. 5) con relativi allegati. L’Ufficio proponeva l’aggiornamento dell’incontro al 12xxxx007.

3)          In data 12.xxxx007 aveva luogo l’incontro durante il quale si faceva presente che lo studio evoluto  (all. 6 ) segnava il maggior ricavo di euro 40.xxx,00 , diverso dall’Ufficio, e comunque in considerazione della particolare situazione non doversi procedere all’esame degli studi di settore e chiedeva l’archiviazione della pratica ( all. 7). L’Ufficio rinviava al 22.xx007.

4)          Il 22.xxx.2007, l’incontro non ebbe luogo per assenza del funzionario incaricato e non fu redatto alcun verbale ma concordato un altro incontro per il 3xxxx2007.

5)          In data 3.xxxxxxxxxx07 (all. n. 8) durante l’incontro l’Ufficio al fine di pervenire alla definizione con adesione riduce i maggiori ricavi da lire 191.xxxxxx58.000 a lire 12xxxxx0.000, riconoscendo in parte fondate le ragioni addotte dal contribuente. Il contribuente non condivide l’operato dell’Ufficio ed anzi ne contesta la procedura che, oltre a risultare stressante, capziosa ed  illegittima, non è codificata nel nostro ordinamento tributario, nè nella normativa degli studi di settore e chiede l’archiviazione della pratica.

6)          Nelle date 7-xxx11 dicembre 007, come sopra descritto, ai ricorrenti venivano notificati gli avvisi di accertamento, qui impugnati, con la quantificazione della pretesa erariale,

Oxxxxxxxxxxxxxxx & C. S.a.S. (RF 3020xx545):

  • Ricavi dichiarati  lire 300xxxx.000, maggiori ricavi non dichiarati lire 12xxx90.000.=
  • € 9xx,66.= per  la maggiore imposta irap;
  • € 2xxx,69 per interessi;
  • € 12xxxx0,72 per  IVA;
  • € 3.0xxxxx06 per interessi;   
  • € 13xxxxx,38 per sanzioni.

xxxxxxxxxxx (RF 301030xxxx1):

Maggior reddito di partecipazione lire  9xxxx08.000;

  • € 94xx67 per Irpef dovuta;
  • € 21xxx29 per interessi;
  • € 45xxx6 per addizionale Regionale;
  • € 10,xxx36 per interessi;
  • € 9xxxx,67 per sanzioni irpef;
  • € 45,96 per sanzioni addizionale;
  • € 1.xxx,98 per contributi INPS.

FRxxxxxxGIO (RF 301xxxx030):

Maggior reddito di partecipazione lire 3xxxxxx3.000;

  • € 4.8xxxxx,46 per Irpef dovuta;
  • € 1.1xxxx2,76 per interessi;
  • € 1xxx4,38 per addizionale Regionale;
  • € 4xxxx54 per interessi;
  • € 4.xxxx94,46 per sanzioni irpef;
  • € 1xx,38 per sanzioni addizionale;
  • € 3.3xxx,17 per contributi INPS.

7)          Con le memorie prodotte il ricorrente spiegava e documentava all’Ufficio le ragioni dello scostamento tra il dichiarato e quello da studi di settore. Ma sopratutto insisteva nel rappresentare che il soggetto in esame non avendo operato in normali condizioni d’impresa per l’anno 2000, non poteva essere considerato soggetto inquadrabile ed attendibile ai fini degli studi di settore, i quali, come è noto, proprio perchè sono strumento statistico medio di sofisticata elaborazione, tant’è che non è dato conoscere al contribuente come si perviene al presunto maggior ricavo, non poteva ragionevolmente rappresentare la situazione della ditta in questione, ma poteva agire solo come elemento indiziario. E’ noto che i coefficienti degli studi si applicano ai costi dichiarati dal contribuente  ed il prodotto si somma alla base producendo solo numeri positivi; ciò significa che il risultato è sempre in progressione ( maggiori ricavi) e mai negativo ( perdita), ovvero la procedura non prevede che l’azienda possa chiudere l’esercizio in perdita oppure con un risultato modesto; da qui l’assoluta certezza e conferma che lo strumento studio di settore è di ausilio all’Ufficio nell’attività di controllo ma mai esso può sostituirsi alla delicata attività di accertamento e determinazione del reddito. Apparve subito chiaro che, nonostante l’evidenza dei fatti, all’Ufficio interessava solo fare “ CASSA”.

Contestava, quindi, gli studi di settore e ne chiedeva la disapplicazione e l’archiviazione della pratica, dopo aver richiamato fonti normative, Giurispriudenziali e di dottrina. In sintesi rappresentava all’Ufficio che gli studi di settore, in presenza di gravi incongurenze, autorizza l’Ufficio semplicemente a procedere all’accertamento analitico-induttivo, previsto dall’art. 39, comma 1, lett.d), del D.P.R. 29.9.1973, n.600, cui l’art. 62 sexies del D.L. 331/93 fa esplicito ed esclusivo riferimento, ampliandone le possibilità, fermo restando il rispetto della procedura che deve necessariamente svilupparsi in:

fase dell’accertamento, fase della determinazione dei ricavi, fase della liquidazione e quella della riscossione.

Si intende con il presente ricorso trattare preliminarmente le due distinte fasi che devono contraddistinguere l’attività dell’Ufficio tributario, ovvero quella dell’accertamento e quella della determinazione dei ricavi.

QUESTIONI PRELIMINARI:

DIRITTO

 

A) FASE DELL’ACCERTAMENTO

A).1.GRAVE INCONGRUENZA E  DIFETTO DI MOTIVAZIONE

L’art. 62-bis del D.L. 30 agosto 1993, n.331 in L. 29.10.1993, n. 427, in particolare, ha previsto l’elaborazione degli studi di settore in relazione ai vari settori economici di esercizio delle attività imprenditoriali e professionali “ al fine di rendere più efficace l’azione accertatrice”. Ai sensi dell’articolo in esame, gli studi sono strumenti elaborati dall’Amministrazione finanziaria, secondo la procedura così articolata:

  • Identificazione di campioni significativi di contribuenti appartenenti ai medesimi settori, che presentano, cioè, caratteristiche aziendali simili;
  • Controllo di questi campioni “allo scopo di individuare elementi caratterizzanti l’attività esercitata”.

Il non corretto uso della metodologia degli studi di settore, nella linea del sistema garantista cuila Carta Costituzionalesi ispira,  non soddisfa almeno per due argomenti :

per primo la notifica di un avviso di accertamento ha conseguenze in sè sanzionatorie, essa implica, infatti, un pregiudizio per il contribuente, sopratutto economico, essendo l’atto suscettibile di diventare definitivo e motivo dell’iscrizione a ruolo di una parte delle imposte accertate;

per secondo:

  • manca l’identificazione del campione di contribuenti, economicamente coerenti, assunto per la formazione della “ base di riferimento “, poichè nè la nota tecnica e metodologica, nè altre fonti ufficiali forniscono chiarimenti sullo specifico punto. In via astratta o il riferimento è a posizioni soggettive verificate mediante attività ispettive e di riscontro ( ma anche tale ipotesi lascia pur sempre dei margini di incertezza ) oppure l’enucleazione è scaturita dal confronto con indici di produttività o di redditività forniti dalle categorie economiche interessate, cioè di parte;
  • non esistono correttivi territoriali, nè a livello Regionale nè a livello di centro abitato in cui l’attività viene esercitata. Ciò significa che in base agli studi di settore la stessa attività commerciale o professionale al centro di Milano o in un paese ipotetico della Puglia con meno di 1000 abitanti dovrebbe, produrre il medesimo fatturato e lo stesso volume di compensi. La mancanza di certezza, quale indice di attendibilità, è conseguenza (dannosa) inevitabile delle procedure per valori medi. Sarebbe davvero pretestuoso pretendere di raggiungere, per tale via, risultati conseguibili esclusivamente con metodologie analitiche per cui, una volta optato per uno schema sintetico-induttivo, occorre gioco forza accettare anche possibili profili negativi quale inevitabile conseguenza del sistema procedurale prescelto.

L’ultimo periodo dell’art. 62-bis stabilisce, infine: “ Gli studi di settore sono approvati con Decreti del Ministero delle Finanze, da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale entro il 31 dicembre 1995, possono essere soggetti a revisione ed hanno validità ai fini dell’accertamento a decorrere dal periodo di imposta 1995”; risulta subito evidente l’incerta affidabilità dello strumento statistico e sicuramente ogni volta che la stessa Amminstrazione Finanziaria, per qualsiasi ragione, deve  revisionare uno o più studi di settore o addirittura, come nel caso in esame, che con lo stesso studio si possono enunciare almeno due risultati diversi  ( CTP di Bari, sezione VIII, 12.5.2006, n.24). 

L’art. 62-sexies, comma 3, dello stesso Decreto, che rappresenta la norma di riferimento in tema di accertamento da studi di settore, stabilisce, invece, che gli accertamenti (analitici-induttivi) di cui agli artt. 39, co.1, lett. d), del D.P.R. 29.9.1973, n. 600 (imposte dirette) e 54 del D.P.R. 26.10.1972, n. 633 (IVA) “ possono essere fondati anche sull’esistenza di gravi incongruenze tra i ricavi, i compensi ed i corrispettivi dichiarati e quelli fondatamente desumibili  dalle caratteristiche e dalle condizioni di esercizio della specifica attività svolta, ovvero dagli studi di settore”.

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Rimborso Irap silenzio rifiuto

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ALLA COMMISSIONE TRIBUTARIA PROVINCIALE DI BARI

Ricorso avverso il silenzio rifiuto istanza di rimborso IRAP per gli anni 2005 – 2006 – 2007 – 2008.

CONTROPARTE:   AGENZIA DELLE ENTRATE

DIREZIONE PROVINCIALE di BARI.

La sig.ra zzzzzzzzzzzzzzz nata a xxxxxxxx) il xxxxxxxxxxxxxxxxxxx e  residente in Putignano alla Via xxxxxxx, c.f. xxxxxxxxxxxxxxx esercente la professione di ingegnere , difesa dal rag. Tonio Detomaso nato a Putignano il 04 settembre 1947, c.f. DTM TNO 47P04 H096B, iscritto all’Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Bari al n. 137, sez. A, giusta procura rilasciata a margine del presente atto, con studio in Putignano, Via Giovanni Pascoli n.27/a, presso il quale la ricorrente è elettivamente domiciliato ai fini del giudizio;

CON LA RICHIESTA

DI TRATTAZIONE DELLA CAUSA IN PUBBLICA UDIENZA, AI SENSI DELL’ART. 33, 1° COMMA DEL D.LGS. n.546/92. 

PREMESSO CHE

1.1  A seguito dell’istituzione dell’imposta regionale sulle attività produttive di cui al d.lgs. 446/97, sono state versate, a mezzo F/24 (all.4), le seguenti somme a titolo IRAP:

Esercizio Codice Tipologia Importo Rate Data versamento
2006 20.06.2006
2006 3813 2^ rata acc.to 29.11.2006
2006 3800 Saldo 26.06.2007
24.07.2007
24.08.2007
2007 3812 1^rata 26.06.2007
24.07.2007
24.08.2007
2007 3813 2^ rata 12.12.2007
2008 3812 1^ rata 17.07.2008
2008 3813 2^ rata 02.12.2008
Totale

 

 

1.2  Con l’istanza del 25/05/2010 (all. 1) la  ricorrente ha chiesto il rimborso di quanto versato oltre agli interessi di legge all’Agenzia delleEntrate Ufficio di Gioia del Colle ( racc.ta n.xxxxxx del 26/0x/2010), eccependo l’illegittimità del prelievo Irap per violazione dei principi sostenuti dalla Corte Costituzionale conla Sentenza n. 156 del 2001;

RILEVATO CHE

– Con la legge 662/96 (commi 143 e 144 dell’art. 3) di accompagnamento  alla Finanziaria 1997 è stata istituita l’Irap (imposta regionale sulle attività produttive),  la cui disciplina è stata poi statuita dal decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446;

– L’Irap non colpisce né il reddito, né il consumo, né il patrimonio, bensì colpisce un indice di capacità contributiva che viene individuato “nell’esercizio di una attività organizzata per la produzione di beni e servizi” ;

RICORRE

Avverso il silenzio rifiuto dell’Agenzia delleEntrate Ufficiodi Gioia del Colle in relazione all’ istanza di rimborso dell’Irap per gli anni dal 2005 al 2008, per i motivi che seguono, salvo altri ai sensi dell’art. 24, comma II, del decreto legislativo n. 546/92:

DIRITTO

  • La Corte Costituzionale, con Sentenza n. 156 del 10/05/2001, partendo dal presupposto che l’Irap è un’imposta che si applica sul “valore aggiunto” prodotto dalle attività autonomamente organizzate così come previsto dall’art. 2 del d.lgs 446/97 si è espressa nei seguenti termini:”….E’ evidente che nel caso di un’attività professionale che fosse svolta in assenza di elementi di organizzazione, il cui accertamento, in mancanza di specifiche disposizioni normative, costituisce questione di mero fatto, risulterà mancante il presupposto stesso dell’imposta sulle attività produttive, per l’appunto rappresentato, secondo l’art. 2, dall’esercizio abituale di un’attività autonomamente organizzata diretta alla produzione o allo scambio di beni ovvero alla prestazione di servizi, con conseguente inapplicabilità dell’imposta stessa”.

In conseguenza della citata Sentenza, numerose sono state le pronunce giurisprudenziali di merito, fra cui si cita quella della Comm. Trib. Prov. di Bari, Sez. 12, del 28.03.2010, n. 43/12/10 (all.2), depositata il 09.04.2010, riguardante xxxxxxa per gli anni di imposta 2000-2003. Il Collegio, nell’accogliere il ricorso, osserva che l’art. 2 del D. Lgs. 446/97 individua il “ presupposto dell’imposta nell’esercizio abituale di una attività autonomamente organizzata diretta alla produzione o allo scambio di beni ovvero alla prestazione di servizi”. Richiama la definizione dell’attività autonomamente organizzata ai fini della tassazione IRAP fornita dalla Corte Costituzionale con la Sentenza n. 156/2001 ed enuncia che “ … non può essere assoggettato all’IRAP il lavoratore autonomo o il libero professionista la cui prestazione personale è condizione indispensabile per lo svolgimento dell’attività che può espletare personalmente, in via diretta ed esclusiva in quanto indispensabile l’intuitus personae”. In definitiva non può esserci “ una autonoma organizzazione quando l’attività è strettamente connessa e vincolata alla figura del professionista, non surrogabile da qualsivoglia organizzazione, quando cioè, la struttura di supporto all’attività non è in grado di poter produrre reddito in assenza del titolare”.

Sancisce che non è sufficiente la “ esistenza” di una organizzazione, così come viene intesa dall’Agenzia delle Entrate, che, se pur minima, rappresenta una connotazione tipica del lavoro autonomo, ma è indispensabile perché possa soddisfarsi il presupposto impositivo dell’imposta che la organizzazione, oltre che autonoma, sia produttiva di ricchezza o di valore aggiunto.

La ricorrente xxxxxxx, per gli anni oggetto di rimborso ha mantenuto la stessa configurazione di libero professionista di sempre, cioè opera personalmente, senza dipendenti e senza l’ausilio di altri collaboratori, impiegando modesti beni strumentali.

La sorte ha voluto che proprio Lei fosse chiamata a dimostrare gli effetti e le conseguenze subite dal lavoratore autonomo che non abbia una autonoma organizzazione, ai fini dell’attrazione a tassazione dell’ IRAP del reddito prodotto.

La ricorrente in data 1x.1xx.20x è stata sottopposta ad intervento chirurgico per un carcinoma mammario (all. 3). L’intero anno xxx, salvo qualche sporadica puntatina allo studio fatta più per distrarsi che per altro, si è aggrappata alla vita non mollando mai  e non ha potuto espletare alcuna attività professionale né personalmente, né con l’ausilio di altri soggetti, teoricamente configurabili quale autonoma organizzazione; il reddito prodotto ( per compensi riscossi nel 20xxx ma per prestazioni professionale ante 20xx)  è stato di € 2.838,00 !. L’evento ed i fatti consequenziali esprimono in pratica il Principio emanato dalla Suprema Corte e non abbisognano di alcun commento.        

  • La Corte di Cassazione, con Sentenza del 5.11.2004, n. 21203, ha confermato l’orientamento dei Giudici delle Commissioni Provinciali e Regionali, secondo cui l’Irap non è dovuta in caso di inesistenza di struttura stabile, confermando con la Sent. 1414 del 23.1.2008 che “ non sono assoggettati all’IRAP i professionisti e i lavoratori autonomi che non si avvalgono del lavoro altrui e che posseggono beni strumentali ridotti”.

Quindi, il presupposto dell’Irap viene meno quando mancano gli elementi costitutivi dell’organizzazione (Corte Costituzionale, Sentenza n. 156 del 2001), senza i quali l’organizzazione o struttura non può raggiungere il fine della funzionalità ed economicità dell’attività.

MERITO

La ricorrente per gli anni 2005 – 2006 – 2007 – 2008 ha esercitato l’attività professionale di ingegnere  personalmente, senza dipendenti, né collaboratori utilizzando nello svolgimento del lavoro quotidiano i comuni mezzi necessari quali il computer, il fax, la fotocopiatrice, un scrivania, un tavolo da disegno, una libreria, le sedie; beni registrati sui registri dei beni ammortizzabili (n. 4, uno per ciascun anno)  che si allegano in fotocopia.(All. 7).

L’assenza degli elementi quali l’irrilevante strumentazione utilizzata per l’esercizio professionale e lo svolgimento dell’attività senza collaboratori e/o dipendenti sono rilevabili e riscontrabili dalla documentazione allegata, dai dati in possesso dell’Amministrazione tributaria, attraverso l’anagrafe tributaria, (art. 6 della Legge 212 del 27.07.2000).

Inoltre si precisa che:

A) non avendo dipendenti non ha istituito alcun libro matricola e paghe, né ha prodotto il modello 770 quale sostituto d’imposta, né è soggetto a contribuzione INAIL, di conseguenza è possibile riscontare l’inesistenza del costo del personale da:

Anno Modello Quadro Rigo Allegato n.
2005 Unico RE   10 6
2006 Unico RE   11 6
2007 Unico RE  11 6
2008 Unico RE  11 6

B) Circa i quadri IQ, per la determinazione dell’Irap, si osserva che il 1° comma dell’art. 11, D. Lgs. 15.12.1997, n. 446, ancorché modificato negli anni, ha sempre recitato “ Nella determinazione della base imponibile:

a) sono ammessi in deduzione i contributi per le assicurazioni obbligatorie contro gli infortuni sul lavoro e le spese relative agli apprendisti, ai disabili e, nei limiti del 70 per cento, le spese per il personale assunto con contratti di formazione lavoro”. Detta regola è poi stata riportata nelle istruzioni per la compilazione del modello IQ.

Nella sottostante tabella si riportano le indicazioni dell’assenza del costo e dei contributi per i dipendenti; il che significa che la ricorrente lavoratrice autonoma non aveva dipendenti:

Anno Modello Quadro Rigo Allegato n.
2005 Unico IQ 29-IQ 44 5
2006 Unico IQ 29-IQ 44 5
2007 Unico IQ 34 5
2008 Unico IQ 63 5

 

E’ evidente che l’attività della ricorrente è priva di organizzazione e non utilizza, per l’espletamento dell’attività, impianti complessi il cui funzionamento, diversamente, avrebbe richiesto l’intervento di collaboratori.

La Corte di Cassazione ha, inoltre, riconosciuto ( Sent. N. 367/2007) che “ l’IRAP colpisce una capacità produttiva impersonale ed aggiuntiva rispetto a quella propria del professionista perché, se è innegabile che l’esercente una professione intellettuale concepisce il proprio lavoro con il contributo determinante della propria cultura e preparazione professionale, producendo in tal modo la maggior parte del reddito di lavoro autonomo, è altresì vero che quel reddito complessivo spesso scaturisce anche dalla parte aggiuntiva di profitto che deriva dal lavoro dei collaboratori e dipendenti, dal numero e grado di sofisticazione dei supporti tecnici e logistici, dalle prestazioni di terzi …”.

A parere dei giudici della Suprema Corte, è la presenza di questo “ differenziale” di arricchimento prodotto dalla struttura organizzativa a determinare l’assoggettabilità all’Irap.

Soltanto al verificarsi dell’esistenza di questa peculiare forza e capacità, il fattore organizzazione si qualifica di quella “autonomia” che sancisce la capacità di integrare il presupposto del tributo.

Si allegano gli unici 2005-08 per una valutazione complessiva.

La ricorrente rappresenta il Principio enunciato dalla Suprema Corte.

Dal suo caso di malattia, emblematico per certi versi, si apprendono effetti e sfaccettature che investono il lavoratore autonomo che non ha una autonoma organizzazione, ai fini dell’attrazione a tassazione dell’ IRAP del reddito prodotto.

La ricorrente in data 1xxxxxxxx è stata sottopposta ad intervento chirurgico per un carcinoma mammario (all. 3). Tutto l’anno 20xx si è dedicata a salvarsi e non ha potuto espletare  alcuna attività professionale né personalmente, né con l’ausilio di altri soggetti, teoricamente configurabili quale autonoma organizzazione; il reddito prodotto ( per compensi riscossi nel 20xx ma per prestazioni professionale 20xx)  è stato di € 2.838,00 !. Si ritiene superfluo aggiungere qualsiasi altro commento, basti immaginare quali siano gli effetti negativi sia sotto il profilo economico che morale del predestinato.

CHIEDE

  • Che Codesta On.le Commissione Tributaria Provinciale, in accoglimento del presente ricorso, dichiari l’illegittimità, l’infondatezza e la nullità del silensio rifiuto nonchè il diritto al rimborso della somma di €  xxxxxx  con gli interessi come per legge e vittoria delle spese in giudizio.
  • Condanni l’ufficio  al rimborso del tributo, con gli accessori.

SI DEPOSITA

  1. Copia dell’istanza di rimborso indirizzata all’Agenzia delleEntrate Ufficiodi Gioia del Colle e relativa ricevuta di presentazione  raccomandata;
  2. Fotocopia sentenza CTP di Bari n.
  3. Fotocopia cartella clinica e documenti correlati;
  4. Fotocopia di n. 8 versamenti F/24 Irap per gli anni 2005 – 2006 – 2007 – 2008  (acconti e saldo)
  5. Fotocopie del modello Irap IQ anni 2005 – 2006 – 2007 – 2008;
  6. Fotocopie dei quadri RE anni 2005-6-7-8-;
  7. N. 4 Fotocopie Registro dei Beni ammortizzabili;
  8. Fotocopia unico 2005;
  9. Fotocopia unico 2006;
  10. Fotocopia unico 2007;
  11. Fotocopia unico 2008.

Putignano 04.xx.2011

Il difensore

 

_________________________

Rag. Tonio Detomaso

 

DICHIARAZIONE DI CONFORMITA’

Il sottoscritto rag. Tonio Detomaso in qualità di difensore abilitato della  sig.ra xxxxxxx nella presente controversia, attesta, ai sensi dell’art. 22, co. 3, del D.Lgs 546/1992, che la presente copia del ricorso è conforme all’originale spedito alle controparti.                                                           

 

                                                                     __________________________

                                                                                  Rag. Tonio Detomaso

 

Agevolazioni fiscali accorpamento piccola proprietà contadina

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ALLA  COMMISSIONE TRIBUTARIA PROVINCIALE DI TARANTO

Oggetto: Anno 1995 – IMPOSTA DI REGISTRO ed IMPOSTA CATASTALE.

Agevolazioni fiscali sugli atti  pubblici inerenti alla formazione, all’arrotondamento o all’accorpamento della piccola proprietà contadina,
chieste con atto pubblico di compravendita, a rogito del notaio xxxxxxxxxx, da Palagiano (TA), datato 3xx1.1995 ( Rep. N.2×4 – Raccolta n. 22×9 ), registrato al n. 1×10, in data 1xx.1995 a cura dell’Ufficio del Registro di Taranto.

——–O——-

Ricorso: Avverso l’avviso di liquidazione dell’imposta – irrogazione delle sanzioni, mod. 16 Mecc (Tasse), n. 951Vzzz410/002/R, datato 5 settembre 2000, notificato a mezzo dei servizi postali il 9zzzx2000, emesso dall’Ufficio del Registro di Taranto.

Ricorrente: MxxxxxRO CxxxxELA MxxA, (Acquirente), nata a xxxssafra (Ta) il 3xxx6 ed ivi residente, Via Bxxxxi n.xx/A coltivatrice agricola, coniugata: C.F. xxxxxxxx

e per suo nome e conto, il difensore  tecnico abilitato

Rag. TONIO  DETOMASO, nato a  Putignano (Ba) il 4.9.1947 con studio Commerciale alla via G. Pascoli, n.27/A, 70017  Putignano (Ba). Codice Fiscale DTM TNO 47P04 HO96B, incaricato, come da procura alle liti, rilasciata a margine di questo atto a cura della ricorrente suddetta Mxxxr Caxxxx Maria, già testè compiutamente generalizzata.

  1. CON RICHIESTA DI SOSPENSIONE DELL’ATTO IMPUGNATO, AI SENSI DELL’ART. 47 DEL D. LGS. 31.12.1992, N.546 E S.M.;
  2. CON RICHIESTA DI TRATTAZIONE DELLA CAUSA IN PUBBLICA UDIENZA, AI SENSI DELL’ART. 33, 1° COMMA DEL D. LGS. N. 546/92 ( SENTENZA N. 526 DEL 23.6.1997, DEPOSITATA IL 23.12.1997, DELLA COMMISSIONE TRIBUTARIA PROVINCIALE DI SALERNO;
  3. CON RICHIESTA ALL’UFFICIO DELLA P.A.F. AVVISANTE DI ANNULLAMENTO DELL’OPPOSTO AVVISO, MEDIANTE L’APPLICAZIONE DELL’ISTITUTO DELL’AUTOTUTELA, AI SENSI DELL’ART. 68 DEL D.P.R. 287/92 E DELL’ART. 2 QUATER DEL D.L. 30.09.1994, IN LEGGE 30.11.1994, N.656.

———-O———-

Il sottoscritto difensore rag. Tonio Detomaso, libero professionista in Putignano (Ba), ha ricevuto mandato difensivo dalla Signora MxxxxxxO Cxxxxa Maria, essendo a Lei giunto a notifica postale, il 9xxx 2000, l’avviso di liquidazione dell’imposta – irrogazione delle sanzioni, mod. 16 Mecc (Tasse), n. 9xxxxx/002/R, datato 5xxxxxe 2000, corredato dal prospetto di liquidazione della maggiore imposta, emessi dall’Ufficio del Registro di Taranto, Piazzale Dante Bestat, n. 26.

Egli in esecuzione del mandato difensivo ricevuto, ha riscontrato la totale infondatezza ed illegittimità dei qui appena specificati atti di imposizione fiscale, pertanto, ai sensi  dell’art. 18 e seguenti del D. Lgs. 31.12.1992, n. 546 e s.m.

                                                                                     R I C O R R E

A Codesta On.le Commissione Tributaria Provinciale, quale precostituito Giudice naturale, affinché eserciti la relativa cognizione e decida la controversia ai sensi dell’art. 36 dello stesso D. Lgs. n. 546/1992.

PREMESSA  AI  M O T I V I  DI  RICORSO

La controversia si origina dal fatto che la signora Maxxxxxo Cxxxxla Maria, da Massafra (Ta), dando esecuzione alla sua inclinazione di matrice intro-familiare, al suo progetto di vita, alla sua vocazione ed al suo requisito di studio di Perito Agrario ( conseguito a tempo debito presso l’Istituto Tecnico Agrario Statale di Massafra), in data 3xxxxx, su prestito di suo padre, acquistava dalla concittadina Pxxxxxnga xxxxxarietta, classe 1xxxx un appezzamento di terreno coltivabile a seminativo, esteso ettari 1 e centiare sessanta, ubicato alla contrada “ Fxxxli” del detto Comune Ionico ( foglio xx, particella 1xx del N.C.T.).

Dei relativi adempimenti di trasferimento della titolarità del cespite si incaricava il notaio xxtonio xxxxxxza, notaio in Palagiano (Ta), che, in data 3xxx, redigeva l’apposito atto di compravendita (repertorio n. xx4, raccolta n. xxx), atto che, a sua cura, in data 1xxxx95, al n. 1xxx, veniva registrato presso l’Ufficio del Registro di Taranto.

Sussistevano tutte le condizioni soggettive ed oggettive stabilite e volute dalle leggi, affinché la registrazione dell’atto notarile avvenisse, com’è avvenuto, a tasse fisse e non proporzionali, trattandosi di un trasferimento fondiario fiscalmente agevolato, per essere finalizzato alla formazione o per l’arrotondamento della cosiddetta “ Piccola proprietà contadina” ( art.1 legge 6.8.1954, n.604 e norme precedenti e successive a stesse finalità).

Il notaio rogante nell’art. 9 del suo atto pubblico evidenziava la circostanza che l’acquisto veniva effettuato “ ai fini dell’accorpamento e arrotondamento della piccola proprietà contadina “, così come dichiarato dalla parte acquirente Masxxxxxxro xxla Maria, che chiedeva, per trovarsi nelle condizioni di legge, di beneficiare delle agevolazioni fiscali in sede di registrazione fiscale della scrittura.

In conformità alla richiesta di parte, l’Ufficio tra le norme indicate dal notaio V. xxxxa, decideva di applicare l’appena specificata Legge 6.8.1954 , n. 604 e s.m. e proroghe ed assoggettava l’atto a registrazione a quote fisse, sia per l’imposta di Registro che Imposta ipotecaria, in rispettiva misura di £.150.000.=

La stessa parte acquirente, consapevole dell’onere legale di dover completare l’aspetto e la parte documentale del suo stato di persona dedita al lavoro dei campi e dare contezza della idoneità del fondo acquistato, alla formazione o all’arrotondamento della piccola proprietà contadina, in data 1xxxxx ( cioè in tutta sollecitudine e tempestività), avanzava la relativa istanza all’Ispettorato Provinciale all’agricoltura di Taranto, dagli artt. 3,4 e 5 della stessa legge n. 604, deputato agli accertamenti ed alla certificazione
dell’esistenza delle condizioni di legge.

La richiesta, sebbene nel tempo sollecitata e caldeggiata più volte, veniva evasa dall’adito Ispettorato Provinciale dell’Agricoltura di Taranto in data 15 giugno 1998, cioè oltre il termine triennale ( un tempo annuale e biennale ), stabilito dall’art. 4, II comma della stessa legge n. 604, per la produzione dell’atto certificativo all’Ufficio del Registro.

Il certificato, rilasciato in unico esemplare originale, in data 19.6.1998 veniva consegnato a mano all’Ufficio del Registro di Taranto, che così lo datava col suo datario ufficiale e lo assumeva al protocollo n. 8xxx7. L’atto veniva acquisito dall’Ufficio avvisante e custodito nei suoi atti, custodia costante e tuttora mantenuta.

Il ritardo del rilascio del certificato è stato dovuto al fatto che l’Ispettorato Provinciale dell’Agricoltura è oberato di lavoro e con  insufficiente personale di cui dispone non è sempre in grado di assolvere al suo compito entro termini più ragionevoli e congrui.

L’Ufficio del Registro di Taranto, quantunque in possesso dell’atto certificativo di supporto:

a)     Comprovante il buon diritto della Maxxro Cxxxxla Maria alla spettanza delle invocate agevolazioni fiscali, già concesse in sede di registrazione dell’atto notarile del 31.1.1995;

b)     Comprovante l’incolpevolezza piena nel ritardo di esibizione fatta dalla medesima coltivatrice agricola acquirente, decideva
di revocare le agevolazioni di cui trattasi, con la seguente unica ultrasintetica motivazione:

per aver prodotto certificazione IPA oltre i termini di Legge”. Redigeva i relativi atti impositivi di revoca, assunti in forma di avviso mod. 16, con i quali chiedeva alla contribuente la corresponsione all’Erario della complessiva somma di £. 2x.xxxx0.000.=, importo che si assume da essa non dovuto, per i motivi che qui di seguito si esplicitano, in termini di impugnazione e contestazione della richiesta e degli atti che la portano.

MOTIVI  DEL RICORSO IN  FATTO PER FALSA O ERRONEA APPLICAZIONE DELLA LEGGE 6.8.1954, N. 604 E S.M. MODIFICHE E PROROGHE E DELLE ALTRE NORME DI SETTORE, AVENDO LA PARTE ASSOLTO CORRETTAMENTE A TUTTI GLI ONERI DI SUA COMPETENZA.

Innanzitutto  in questa parte del ricorso si recepisce la parte crono-storica della vicenda già sopra esposta nella “ Premessa ai motivi di ricorso “ e ciò si pratica per linearità concettuale, continuità logica, economica, espositiva e completezza difensiva. Per la parte della cognitio che può interessare Codesta On.le Commissione, tale così recepita parte preliminare, è porzione integrante,basilare, essenziale e cumulata (accorpata) del novero degli argomenti difensivi riferibili alla fattispecie. Pertanto si fa viva preghiera a Codesta On.le ommissione, affinché consideri e ritenga essa del tutto alla stregua e facente parte dei motivi di ricorso, sia per questa sezione attinente
al fatto e per la successiva, concernente il segmento dei motivi di diritto della presente impugnativa.

Dopo aver così collegato e composto nella sua inscindibile unitarietà le diverse sezioni del ricorso, in questo punto di esso, per esigenza di chiarezza, di completezza argomentativa e di dimostrazione, che, a quanto stabilito dalla Legge, per ministero del notaio XXrza o per personale impegno della parte MXXXXXaro M. CXXela, è stato dato esecuzione, in sostanziale regolarità, (questa non infrangibile dal ritardo con cui è stato rilasciato dall’I.P.A. il certificato definitivo e consegnato all’Ufficio del Registro), si specifica ulteriormente e meglio quanto segue:

–  Nell’atto notarile del 31.1.1995 sono state ritualmente richieste le agevolazioni fiscali normativamente previste per gli acquisti di terreni agricoli effettuati ai fini della formazione, dell’accorpamento e arrotondamento della piccola proprietà contadina;

–  L’atto veniva rogato lo stesso giorno 31.1.1995 in cui l’Ispettorato Prov.le dell’Agricoltura di Taranto rilasciava “l’ATTESTAZIONE
PROVVISORIA”
e previo ritiro della stessa, a cura della parte interessata, e consegna della medesima attestazione al notaio Laterza, che redigeva la scrittura di compravendita nel suo studio nelle ore serali, cioè dopo aver acquisito nelle ore antimeridiane l’attestazione in
parola;

–  Rileva e significa particolarmente in proposito la circostanza precipua che l’istanza di richiesta all’IPA dell’attestazione provvisoria e del certificato definitivo veniva prodotto in data 19.1.1995, cioè 12 giorni prima della stipula dell’atto fatta il  31.1.1995, ( art. 34 della Legge
26.5.1965, n. 590; artt. 3-4 e 5 Legge 6.8.1954, n. 604 e s.m. e proroghe).
L’attività premonitoria della MaXXro CXXXXa si significa nel senso che avveniva, aveva luogo, ancor prima, nella condizione di poter così
dimostrare il suo buon diritto al beneficio delle agevolazioni fiscali
, condizioni, queste riconosciute dallo stesso Ufficio del Registro, che, con l’atto da registrare, acquisiva l’Attestazione Provvisoria depositata dal notaio Laterza e concedeva le agevolazioni erariali chieste nell’atto;

–   All’IPA era possibile rilasciare il certificato definitivo di sua competenza ad esso richiesto ( si è già detto il 19.1.1995) in data 15.6.1998;

–  La parte presentava il testè detto originale certificato I.P.A. all’Ufficio del Registro il 19.6.1998, che lo acquisiva ai suoi atti e ne anteneva il possesso, con carattere di definitività e d’imperio acquisitorio, tuttora in atto,  pur essendo ben evidenziato , a stampa, nel corpo del documento, il “non rilascio di duplicati”.   

La cronologia dei fatti qui appena esplicitati, tutti documentalmente autodimostrati con gli atti che si allegano al presente ricorso,  provano che alla MaXXXXro XXXla Maa non è possibile ragionevolmente e sensatamente muovere alcun addebito, avendo essa diligentemente ottemperato a tutto quanto la norma ad essa richiedevano. Né il ritardo nel rilascio del certificato dell’I.P.A. può essere ad essa ascritto.

Né il caso che alla stessa concerne, così come si configura nei suoi reali termini fattuali e giuridici, integra le condizioni dalla legge previste, perché si possa procedere in un’azione di revoca dei benefici fiscali a suo tempo concessi, direzione in cui l’Ufficio mostra di voler operare.

L’avviata revocatoria, infatti, la si vuole incentrare unicamente su “un ritardo”   ( si è già detto dovuto unicamente all’attività dell’IPA di Taranto) e non su un fatto “omissivo” o di “imperfezione” del procedimento, che è stato dalla parte gestito e concluso del tutto, così
come prefigurato dalle norme di settore.

Il ravvisato ritardo l’ufficio lo ha probabilmente individuato con riferimento al termine triennale  di legge, entro il quale il certificato
definitivo I.P.A. andava prodotto all’ufficio stesso.

Ma la ravvisione dell’Ufficio, nella fattispecie non sussiste, in linea di verofatto, come non lo è in linea di diritto, in quanto essa nasce da un distorto apprezzamento dell’operato della MXXXXro CXXXXa Maria e da una falsa o erronea interpretazione delle norme delle quali si assume voler fare applicazione.

Invero dalla stringatezza e caducità della motivazione non si capisce bene ai sensi di quale precipua norma l’ufficio va procedendo ,
essendo la legge n. 604/1954 riccamente articolata e costituita da n. 9 articoli, ma, dovendo assolvere comunque al compito difensivo, si confuta la “apparente” tesi a carico dell’ufficio, in quanto esso in motivazione asserisce trattarsi di certificazione I.P.A. prodotta oltre i termini di legge.

Il sottoscritto, spera fortunosamente , si pone difensivamente in tale linea (non senza muovere le relative censure per la insufficiente motivazione), rimarca all’attenzione di codesta On.le Commissione che, alla signora XXaro XXX Maria, non è attribuibile, per sua propria e diretta colpa, nessuna inadempienza, ritardo e responsabilità, ostando pure il disposto contenuto nell’art.5 del D.Lgs. 18.12.1997, n.472 (colpevolezza) e nel paragrafo 5 della relativa circolare applicativa, provvedimenti dai quali discendono i seguenti
principi e statuizioni:

  • Ciascuno risponde della “propria” azione ed omissione , cosciente e volontaria, sia essa dolosa o colposa;
  • … ne deriva che, per potersi avere responsabilità, è necessario che la violazione sia stata commessa quanto meno
    con colpa;
  • per esserci “colpa fiscale” debbono ricorrere i fattori personali di negligenza, imprudenza ed imperizia. Evenienze
    queste tutte assenti nel comportamento della signora MaXXXo CXXXXXa Maria, assolutamente tempestivo , accorto ed indefettibile, circostanziatamente dimostrate dagli atti di controversia.

L’infondatezza della pretesa erariale dell’ufficio è data, nella fattispecie, dal pessimo governo che esso ha fatto della stessa legge n.604/1954, con riguardo ai fatti a sua cura, perché, come si evincerà e si comprenderà di più e meglio della successiva sequela dei motivi di diritto di questo ricorso, i fatti stessi risultano essere in tutta armonia e non in difformità con le previsioni della legge n.604/1954, di modo che volerne fare applicazione, così come vuole fare l’Ufficio, è cosa arbitraria, abusiva ed illegittima.

Con riferimento ai fatti, si antepone che la norma esige un’eccezionale ed accuratissimo lavoro interpretativo, per ricavarne tutta la sua ratio, che è quella di consentire il recupero dell’imposta ordinaria nel caso in cui “non sia stato prodotto né il certificato definitivo, né l’attestazione provvisoria”(Artt.5 e 4, 1° comma, lett. B), cioè nel caso in cui non vi è nessuna prova certificativa dell’esistenza oggettiva e soggettiva al diritto alle agevolazioni. Ma giacchè la legge, in combinato disposto tra gli Art.4 e 5, non prevede l’ipotesi della tardività  della produzione del certificato IPA (poiché prevede solo la omessa produzione dello stesso), “MEDIO TEMPORE”, fino alla sua presentazione , se l’ufficio non ha già provveduto al recupero dei tributi, una volta comprovata l’esistenza del diritto alle agevolazioni (se pur tardivamente) non può procedere al recupero delle imposte ordinarie, essendo così sopraggiunta la causa giuridicamente impeditiva e ragionevolmente inutile ed inopportuna all’azione a ripresa erariale.

Trattasi delle cosiddette “Sanatorie dirette a regolarizzare ex post  situazioni ancora pendenti”, a volere risolutivo espresso della nostra Corte Costituzionale.

La disciplina sostanziale della norma è quindi ben diversa da quella che l’Ufficio “a massa” coltiva da decenni, non discriminando da caso a caso, (come invece dovrebbe, ha suggerito in proposito l’Avvocatura Generale dello Stato, Ministerialmente interpellata) ed accomunando e confondendo chi ha provveduto a tutti gli adempimenti di legge (se pur con qualche incolpevole ritardo), con
chi tali adempimenti ha omesso.

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Ricorso avverso accertamento Irpef – Iva – (da indagine della G. d. F.)

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ALLA COMMISSIONE TRIBUTARIA PROVINCIALE DI                       BARI

Oggetto: Accertamento Anni 2001-2002-2003- IVA – IRPEF – ADDIZIONALE REGIONALE E COMUNALE IRPEF- IRAP – SANZIONI ED ACCESSORI.

RICORSO INTRODUTTIVO CUMULATIVO

Avverso gli avvisi di accertamento emessi dall’Agenzia delle Entrate di Gioia del Colle, distintamente specificati, per ciascun anno d’imposta e tipo di imposta:

1) Numero RF xxxx0300271 (Prot.7xx23 del .10.2005), per l’anno 2001  Atto notificato il 07.11.2005;

–         Tributi accertati: IVA ;     Imposta accertata euro  3.8xxx2,81

2) Numero RF 301xxxxx272 (Prot.74xxx7, del 2.2005),  per l’anno 2002 Atto notificato il 07.11.2005;
– Tributi accertati: IVA ;          Imposta accertata euro  1xxx60,00
3) Numero RF 3xxxxx676 (Prot.xxx8 del 0.2005), per l’anno 2003

Atto notificato il 07.xx.2005;
Tributi accertati: IVA – IRPEF-ADD.LE IRPEF-IRAP-ADD.LE COMUNALE;

Imposte accertate Irpef euro 6xxx2,00, Add.le Regionale euro 2xx,00, Add.le Comunale euro xx6,00, Irap euro xxx4,00, I.V.A.  euro xxxxx9,00;

RICORRENTE: xxxxxxxTA  Rosaria: nata a xxxxxx) 2xx.xx4, domiciliata in Via xxxxxxx 70017 – PUTIGNANO (BA), CODICE FISCALE  xxxxxxxxxxxxxxxxxxx

CONTRO: AGENZIA DELLE ENTRATE DI GIOIA DEL COLLE.

IL DIFENSORE  TECNICO ABILITATO

Rag. TONIO  DETOMASO, nato a Putignano (Ba) il 4.9.1947, con studio alla via G. Pascoli, n.27/A, 70017 Putignano (Ba); Codice Fiscale  DTM TNO
47P04 HO96B, giusta procura alle liti rilasciata a margine di questo atto di ricorso;

CON RICHIESTA

  1. DI SOSPENSIONE DEGLI ATTI IMPUGNATI, AI SENSI DELL’ART. 47 DEL D. LGS. 31.12.1992, N.546 E S.M.;
  2. DI TRATTAZIONE DELLA CAUSA IN PUBBLICA UDIENZA, AI SENSI DELL’ART. 33, 1° COMMA DEL D. LGS. N. 546/92 ( SENTENZA N. 526 DEL
    23.6.1997, DEPOSITATA IL 23.12.1997, DELLA COMMISSIONE TRIBUTARIA PROVINCIALE DI SALERNO);
  3. DI ESERCIZIO DI OGNI POTERE ISTRUTTORIO, OVE OCCORRA, ESSENDO LA CONTROVERSIA FORIERA DI ASPETTI COGNITIVI DEL TUTTO PARTICOLARI, NELLA PROSPETTAZIONE DELLA RATIO DI BISOGNO E DI ASSENTIMENTO DELL’ART.7 DEL D.LGS. N.546/1992;
  4. ALL’UFFICIO DELLA P.A.F. AVVISANTE, DI ANNULLAMENTO DEGLI OPPOSTI AVVISI, MEDIANTE L’APPLICAZIONE DELL’ISTITUTO DELL’AUTOTUTELA, AI SENSI DELL’ART. 68 DEL D.P.R.  287/92 E DELL’ART.2 QUATER DEL D.L. 30.09.1994, IN LEGGE 30.11.1994, N.656 E DELLE DIRETTIVE APPLICATIVE E  REGOLAMENTARI DETTATE DALLE ISTITUZIONI GERARCHICHE SOVRAORDINATE.

———-O———-

Il sottoscritto difensore rag. Tonio Detomaso, libero professionista in Putignano (Ba), ha ricevuto mandato difensivo dalla Signora
xxxxxxxtta per l’impugnazione dei tre atti di accertamento giunti a notifica il xxxxxx05, riguardanti gli anni d’imposta 2001-2002-2003.

Egli, in esecuzione del detto ricevuto mandato difensivo, ha riscontrato la totale infondatezza ed illegittimità degli anzispecificati Avvisi Erariali, pertanto, ai sensi dell’art.18 e seguenti del D.Lgs. 31.12.1992, n. 546 e s.m.

R I C O R R E

a Codesta On.le Commissione Tributaria Provinciale, quale Giudice a Quo, affinché eserciti la relativa cognizione e decida la controversia ai sensi dell’art. 36 dello stesso D. Lgs. n. 546/1992, e s.m..

PREMESSA  AI  M O T I V I  DEL  RICORSO

v  I tre Avvisi di Accertamento, nel loro costrutto formale, sostanziale, logico e giuro-impositivo, in abbinata constatata ricorrenza della
connessione per natura tra gli stessi sul piano dei motivi, dei fatti, dei criteri di discrimine dei presupposti, dei tributi, dell’oggetto e di ogni
altro elemento giuridicamente considerabile, nella ratio dell’art.29 del D.Lgs. n.546/1992 e s.m. e delle norme del C.P.C., configurano la Condicio Iuris di proponibilità “cumulativa”  del presente ricorso.

Da tanto si ha: che i tre Avvisi Fiscali si pongono in lineare connessione soggettiva ed oggettiva; che l’economia delle funzioni di Giustizia (e non solo di essa) attrae nella possibilità di riunione (volontaria) dei ricorsi (S.C. Cassazione a Sezioni Unite 19.01.1970, n.105, in Imp. Dir. Erar., 1970, 815 e molte altre, in consonanza e conformità con la letteratura e la Giurisprudenza Amministrativa).

v  L’indagine della G.d.F. è iniziata il 5xxx03 e si è conclusa il 7.xxxx200x, mettendo in evidenza la modestia del risultato erariale, stimato insignificante ove si consideri la smisurata importanza attribuita dalla G.d.F. al caso. L’esito, ancorché viziato, non riflette la REALTA’ E VERITA’ DEI FATTI. Eppure si rappresentava già all’avvio dell’indagine che la ricorrente, per il fisco, era poco più del “nulla”. Inoltre e principalmente l’attività di verifica, accertamento ed indagine non ha fornito, né poteva essere diversamente, alcun dato certo, serio e di verità, riferiti alla reale situazione della contribuente la cui vera configurazione personale nell’ambito sociale ed economico è di piccolissimo soggetto che ha iniziato a collaborare con alcuni operatori esteri del settore abbigliamento.
La lettura e l’esame del P.V.C. confermano l’irrilevanza, sotto il profilo della consistenza patrimoniale riferita agli affari che la riguardono
seriamente, del soggetto verificato.

L’attività di verifica si è svolta senza il preventivo inquadramento storico del soggetto e ne è conseguita un’attività della G.d.F. del tutto fuorviante, aggressiva, spropositata, immeritata, non osservante delle norme tributarie e procedurali, quindi infondata ed illegittima.

La G.d.F. ha scelto di accreditare fonti esterne.

MOTIVI DEL RICORSO

IN FATTO
La Guardia di Finanza inizia il .xxx5.200x la verifica fiscale nei confronti della ricorrente ma commette da subito un grave errore, cioè qualifica la signora xxxxxxxta quale “ intermediario del commercio di abbigliamento e commercio di abbigliamento”. La ricorrente fa notare che Lei non ha mai commercializzato, né ha intermediato nel senso giuridico del termine. A fine indagine, infatti, non è risultato nè una fattura di acquisto merce né una sola fattura emessa a clienti. Le dichiarazioni unanimemente rese da soggetti economici interpellati dalla G.d.F. sono del seguente tenore:

… conosco la signora Loliva che accompagna gli operatori stranieri,

… funge da interprete,

… non ho mai corrisposto alla stessa alcuna provvigione o emolumento. Tuttavia la verifica incardinata su input falsi continua a svolgersi nella convinzione di aver scovato un’importante evasore, di dimensioni ragguardevoli, ma così non è. I verificatori nel tentativo di fare emergere, a tutti i costi,  “l’impresa” che non esiste, finiscono con il violare l’art. 4 del D.P.R. 26.10.1972, n. 633 per falsa applicazione.

La poca ed irrilevante documentazione in copia rinvenuta ( pag. 4 del P.V.C.) all’atto dell’accesso doveva servire, cioè bastare, a valutare saggiamente il caso ai fini dell’indagine e, qualora la G.d.F. avesse deciso di continuare, misurare lo sforzo indagativo, fino ad adottare la più ponderata decisione di definire in via breve la questione. La contribuente non aveva documenti contabili, registri e quant’altro perché non ne aveva bisogno, né ricorrevano i presupposti di legge. Il corpo ispettivo ha rinvenuto una agenda, qualche copia di fattura al cliente estero, qualche copia commissione, insomma  il minimo di carte necessario per seguire, con un minimo di cognizione e dovere, l’andamento degli affari e spedizioni affinché il contratto commerciale tra l’operatore italiano, produttore, ed il cliente straniero avvenisse nel migliore dei modi.

QUESTO E’ QUANTO SVOLTO DALLA RICORRENTE DEDICANDO UNA MANCIATA DI MINUTI AL GIORNO PER POCHI GIORNI DELL’ANNO, NE’ PIU’ NE’ MENO.
L’irrituale quantità di energia destinata all’attività d’ indagine si manifesta nella definizione che la G. d. F. fa dell’attività svolta dalla contribuente: “  pag. 7 del P.V.C.- L’attività della Signora xxxxtta pertanto, consisteva nello svolgere la funzione di longa manus   in Italia, del cliente straniero…” Ma allora longa manus o impresa ?. E’ necessario che i verificatori e l’Agenzia delle Entrate di Gioia del Colle, inquadrino correttamente la natura e gli effetti giuridici di questa insinuazione.
Si legge a pag. 11 del P.V.C. la sostanziale contraddizione con tutto l’assetto verificatorio ed accertativo così presentati dalla G.d.F e l’agenzia delle entrate,  “ pertanto, questo Comando ha richiesto al Comando Compagnia di San Giuseppe Vesuviano (NA), di effettuare un controllo incrociato nei confronti dei soggetti beneficiari dei suddetti assegni. Dal controllo effettuato è emerso che non esiste nessun rapporto commerciale tra i soggetti di nazionalità cinese e le aziende estere, clienti della ditta verificata, né tantomeno con la stessa xxxxxxxxxxxxxa” . L’allegato 16 che riguarda un assegno di lire 9.886.000, emesso in pagamento a fornitori della zona è stato incassato a Napoli da Cinesi!, i quali interpellati dalla G.d.F. del posto hanno dichiarato di non conoscere la signora xxxxxxxta.      

Danno atto i verificatori, pag. 12 del P.V.C., che” in sede di accesso i militari operanti non hanno rinvenuto giacenze di magazzino”. Si rammenta
che l’accesso è avvenuto nei locali dell’agenzia di assicurazione xxxxx, condotta dal coniuge xxxxxxxed altri, dove pensavano di rinvenire un magazzino con capi di abbigliamento ed una copiosa documentazione contabile per gli affari intrattenuti. Nulla di tutto questo perché laxxxxxiva, all’epoca dei fatti é una dipendente dell’Azienda xxx e solo part time, visto che conosce l’inglese, ama vestire gli abiti di collaboratrice occasionale per alcuni operatori stranieri; si dedica saltuariamente conoscendo la lingua e gli usi dell’area araba ed assiste due operatori stranieri per il disbrigo di pratiche commerciali. Intanto,  si rende utile nel circuito delle imprese locali, all’interno delle quali raramente c’è personale capace di parlare l’inglese.
Riceve in compenso un emolumento forfetario, quale rimborso spese, del quale da prova alla G.d.F. ma che, tuttavia, non è assunta agli atti.
E’ fatto certo e dichiarato dagli operatori commerciali italiani di non aver mai corrisposto alla signora xxxxxa né compensi provvigionali, né emolumenti diversi , né somme in pagamento per altri titoli.
Nel P.V.C. frequentemente si legge “in mancanza di elementi certi…” L’attività della G.d.F. è rivolta  alla ricerca della verità dei fatti, degli
elementi, delle prove e circostanze da segnalare agli Uffici preposti spontaneamente all’attività di accertamento; l’attività condotta dalla Finanza
con metodologia presuntiva è illegittima, essa va respinta e non ammissibile nel procedimento amministrativo in cui l’attore deve essere
soggetto qualificato e la materia del contendere deve essere certa. Infondata evidenziazione della capacità contributiva del contribuente e quindi violazione dell’art. 53 della Costituzione.
Le evidenziazioni  che precedono vogliono mettere in evidenza la non conformità dell’azione verificatrice rispetto alle regole che il COMANDO GENERALE DELLA GUARDIA DI FINANZA ha emanato con la Circolare n. 1/1998 del 20 ottobre, di cui si ritiene dover riportare alcuni passaggi fondamentali ed inderogabili:

  • La verifica è una indagine di polizia amministrativa finalizzata a:

-prevenire, ricercare e reprimere le violazioni alle norme tributarie e finanziarie;

qualificare e quantificare la capacità contributiva del soggetto che ad essa viene sottoposto;

-L’attività di verifica, come è noto, non è fine a se stessa: essa, infatti, è destinata a produrre esiti che intanto assumono valore in quanto sono destinati ad essere recepiti a fondamento dell’ulteriore attività di accertamento demandata agli Uffici finanziari che ne cristallizzeranno definitivamente le risultanze in un atto a rilevanza esterna, deputato a produrre effetti giuridici nella sfera di colui che ne è per legge il destinatario. 2.2  PROGRAMMAZIONE- Il principale strumento di questa conoscenza è costituito dall’attività di polizia tributaria investigativa,
atteggiamento operativo che distingue l’azione della Guardia di Finanza rispetto alle procedure degli altri organismi deputati alla tutela degli interessi erariali.

4.3 I TEMPI DI DURATA DELLA VERIFICA- Il Fattore tempo costituisce elemento rilevante nell’esecuzione della verifica e,  più in generale, nella realizzazione della programmazione annuale Il direttore della verifica ed il capo pattuglia, nella scelta degli strumenti investigativi, devono quindi considerare attentamente anche tale elemento sia per le evidenti incidenze sulla operatività del Reparto e la puntuale attuazione del principio dell’economicità dell’azione amministrativa in base al rapporto costi-benefici dell’attività ispettiva, sia per gli effetti che determina sull’attività economica del contribuente controllato.

OBBLIGO DI MOTIVAZIONE DEGLI ATTI ISPETTIVI-

…nella fase istruttoria vengono esperite le indagini del caso per ricercare e verificare i fatti fiscalmente rilevanti ed al termine delle stesse, nell’ambito della fase conclusiva, si perviene, di regola, all’emanazione del provvedimento impositivo, salvo che non ne ricorrano i presupposti. In tale contesto si colloca l’azione della Guardia di Fiananza quale organo ausiliare dell’attività di accertamento, attraverso l’esecuzione di una serie di atti endoprocedimentoali aventi parimenti natura amministrativa.
La verifica attuata nei confronti della ricorrente, quanto a tempi, modi, tempi, metodologie impiegate e  risultati, non si giustifica e soprattutto non trova fondamento alcuno nella realtà del soggetto verificato, poiché, come già riferito, la signora xxxxxxx non ha mai posto in essere attività di intermediazione e/o vendita di capi di abbigliamento; ha solo assistito due operatori esteri.

CON RIFERIMENTO AGLI AVVISI DI ACCERTAMENTO 
ANNO D’IMPOSTA 2001- imposta IVA-

  • L’Ufficio dice che il contribuente ha omesso di fatturare operazioni attive per euro 39xxx0,00. E’ assolutamente scorretto perché l’importo di cui innanzi, tratto dal P.V.C. pag.17, è la sommatoria di tre elementi eterogenei:

-ricavi per provvigione ( 2xxx,00, colonna C, calcolati sui bonifici esteri disposti per il pagamento ai fornitori delle merci );

-altri versamenti non giustificati (1xxxxx,00, colonna D);

– vendite senza fattura con ricarico del 10% (24xx,00, colonna F).

Per l’Ufficio le tre voci rappresentano operazioni attive!. E’ totalmente inesatto, falso ed arbitrario.

Nell’intero P.V.C. non è mai stata indicata la circostanza e/o meglio la prova che la ricorrente abbia mai acquistato merce per la
successiva rivendita. L’Ufficio, allora, non può sottrarsi dall’indicare quale disposizione normativa consente di dedurre le citate operazioni attive. Bene, se detta procedura non è collocata nell’ordinamento tributario, e per la verità neppure in altri ordinamenti, deve l’Ufficio con assoluta precisione e seriamente  motivare quali sono i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche su cui fonda le presunzioni degli accertamenti. Di fatto, si continuerà a dimostrare che la procedura è affetta da  totale illegittimità per aver costruito materia imponibile su elementi non veri, errati ed inesistenti. E’ quanto meno singolare l’affermazione dell’Ufficio che si contesta e confuta in toto per infondatezza ed erroneità.

La duplice presunzione fatta dall’ Ufficio non è precisa, né grave, né concordante; essa è improponibile. Al contrario la parte dimostra e prova che i versamenti che secondo l’Ufficio non sono giustificati ( xxx12,00) , lo sono invece ed infatti 12xxx2,00 è la somma dei versamenti eseguiti presso
l’Unicredit Banca, come da estratto conto qui allegato:

valuta vers.to                  importo in lire                             importo in euro

24.8.2001                   2.xxx.000                               1.0xxx92

29.8.2001                   3xxxxx0.000                               1.xxxx60

09.10.2001                 5.2xxx500                               2xxxxx,11

25.10.2001                 1.xxxx000                                 8xxx,28

15.11.2001                 ————
già in nuova valuta 1.xxx8,74

09.11.2001                 ————-   “
“                3.xxx4

21.11.2001                 ————-    “
“                  8xxx,98

07.12.2001                 ————-   “
“           1.xxxxx,50

euro    12xxxxx,87

pari all’importo della colonna D, pag. 17 del P.V.C., indicato come altri versamenti non giustificati, mentre sono inconfutabilmente documentati, trattandosi di somme personali detenute a diverso titolo, la cui disamina mette in luce che, ad esempio, il versamento di euro 1.0xxxxx91, in
prospetto pvc allegato n. 2, risultante non giustificato, è invece giustificato perché si riferisce al versamento fatto il 24.8.2001, come da estratto conto dell’unicredit banca £.2.xxx.00=euro 1.0xxxx91, da cui si evince il versamento rappresentanti le due mensilità di affitto di luglio ed agosto  riscosse, come da n. 2 fotocopie fitto di ricevute allegate (all.3). Ove necessario la ricorrente è pronta a produrre ulteriore documentazione.
ANNO D’IMPOSTA 2002-imposta IVA-xxxnche per quest’anno valgono le stesse annotazioni, considerazioni e contestazioni fatte per l’anno 2001, pertanto si passa a dimostrare che:

  • Pag. 17 del PVC, anno 2002, colonna D, euro xxx7,37 quali versamenti non giustificati, si dimostra che euro 4.3xxxx0 e euro 4.xxx,84 prelevati dal conto xxx, rispettivamente il 20 ed il 24 dicembre 2002, costituiscono versamenti sul conto n. xxxx versati rispettivamente il 20 ed 24 dicembre 2002 e quindi trattasi di giroconto. Con ciò si prova che non trattasi di versamento non dimostrato, come  erroneamente indicato sia dall’Agenzia delle entrate che dalla Guardia di Finanza.
  • Colonne E euro xxxxx95,00 e F euro xxxxx4,00, del citato prospetto, non sono vendite senza fattura come sostiene la G.d.F., ma pagamenti ai fornitori. Si noti che l’assegno di euro xx2,00, progressivo 3 del prospetto riportato a pag.11 del PVC, è stato dato in pagamento della fattura n.574 della TRICONF S.r.l. il cui importo è appunto 7.xxxxxx00 (all. n.5).

Le fatture delle ditte Vxxxle ed Fxxxz , allegate, dimostrano che gli assegni corrisposti sono a fronte di fatture emesse.

Del residuo importo di euro 37.xxxxxxx,00 si allegano le copie delle fatture di acquisto (all.6). Ove necessario la parte è pronta a produrre
ulteriore documentazione.
ANNO D’IMPOSTA 2003-imposta
IVA-Imposte dirette-
         Anche per quest’anno valgono gli stessi rilievi, annotazioni e motivi rappresentati per gli anni precedenti.
L’accertamento per l’anno 2003 è, come per gli anni 2001 e 2002, è
infondato ed illegittimo sia ai fini I.V.A. che ai fini delle Imposte dirette.

Infatti, nella colonna E del prospetto riportato alla pag. 17 del P.V.C., ripreso integralmente dall’ Agenzia delle Entrate nel suo accertamento, è detto che sono stati riscontrati “ euro 6xxxx,00 per altre uscite per acquisti senza fattura”. La ricorrente a confutazione dell’assunto dai verificatori, allega copia dell’assegno tratto sul Crxxxxto Ixxxxiano di euro 6xxxxx0,40 intestato alla ditta xxxx S.r.l. che fu dato in pagamento di diverse fatture, vedasi fotocopia dell’estratto e fotocopia delle fatture.
Queste prove offerte al vaglio di Codesta Commissione, confermano quanta approssimazione ed imprecisione (incertezza), quasi colposa-dolosa, è presente nell’attività investigativa della Guardia di Finanza e nell’accertamento dell’Agenzia delle Entrate, e quanta  verità, invece, è portatrice la ricorrente che, si ribadisce, si è trovata accerchiata da inverosimili situazioni e fatti inesistenti.

Inoltre, per l’esercizio 2003, anno di inizio dell’attività in modo professionale (all.12), la scrivente ha posto in essere le scritture contabili le quali
racchiudono con assoluta precisione i movimenti degli acquisti e delle fatture emesse, dati poi trasfusi nella dichiarazione dei redditi, quadro RG, qui in fotocopia (all. 8), i cui dati sono in sintesi:

Ricavi dell’attività                                                        euro  14xxx00

Componenti negativi                                                       “      xxxx38,00

xx
Reddito d’impresa    “       10xxxxx777,00

Ove necessario la parte è pronta a produrre ulteriore documentazione. P.V.C. ed Accertamenti vanno disattesi in toto.

IN DIRITTO

1- INABILITA’ ED IMPRODUTTIVITA’ DI EFFETTI GIURIDICI DEI TRE AVVISI DI ACCERTAMENTO-

L’imposta sul valore aggiunto agisce sui consumi, attraverso la tassazione delle cessioni di beni e delle prestazioni di servizi effettuate nel territorio dello Stato nell’esercizio di imprese o di arti o professioni. La Guardia di Finanza nelle sue indagini non riferisce di aver rinvenuto acquisti di beni destinati alla successiva rivendita.
L’occasionale azione attivata dalla ricorrente, non può identificarsi con le prestazioni di servizi così come definite dal D.P.R. 633/72, né in concreto lo è, dal momento che l’esatta configurazione è aver prestato collaborazione a soggetto estero, consistente nella generica assistenza, compreso pagamenti ai fornitori ed interpretariato per pochi giorni dell’anno. Per detta collaborazione è stato pattuito un compenso forfetario di euro 3xxxx00, per un soggetto e di euro 1.xxxxx,00 per l’altro, vedasi conferimento incarico delle parti sottoscritto dalle parti in epoca anteriore alla verifica della Guardia di Finanza, quindi in tempi non sospetti (all. 9 e 10). Si ritiene utile chiarire che le operazioni commerciali con l’estero, ed in particolare con il medio oriente, sono regolate mediante pagamenti con lettera di credito irrevocabile oppure, come nel caso in esame, in divisa italiana a ricevimento del bonifico dall’estero.

Perché si abbia un’operazione rilevante ai fini IVA, deve in primo luogo realizzarsi una cessione di beni o una prestazione di servizi, ovvero un acquisto intracomunitario  o un’importazione e l’operazione deve  inquadrarsi nell’esercizio di imprese o di arti o professioni.

Il soggetto ricorrente era impiegata e non poteva assumere nessuno dei ruoli specificati. L’operazione va considerata fuori campo o esclusa dall’IVA. L’art. 4 della VI direttiva comunitaria definisce soggetto passivo d’imposta chiunque esercita in modo indipendente un’attività economica per ricavarne introiti aventi un certo carattere di stabilità.         La prestazione è privatistica e di natura occasionale, cioè al di fuori di un’attività economica. Tutto è confermato dalla circostanza che i verbalizzanti all’accesso non hanno rinvenuto né merci, né libri contabili, né fatture, né appunti di vendite, né altre diavolerie quindi mancano gli strumenti di base per l’espletamento di qualsiasi attività, anche minima.

L’agenzia delle Entrate non ha effettuato alcun accertamento presso la ricorrente, ma ha emesso i tre accertamenti sulla base del P.V.C. della Guardia di Finanza. La G.d.F. ha posto in essere solo  presunzioni, da ciò la conseguenza che gli accertamenti dell’Ufficio, basati esclusivamente sul P.V.C.,  sono accertamenti presuntivi e non accertamenti.      

L’Agenzia delle Entrate non ha posto in essere alcuna attività di accertamento, ma si è limitata a far proprio le rilevazioni della G.d.F.

 2 – VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 3 E 53 DELLA COSTITUZIONE-

L’indagine della G.d.F. non ha fornito agli Uffici competenti dati e prove della sottrazione di materia imponibile, ma solo presunzioni; ne deriva che i tre atti di  accertamento emanati dall’Agenzia delle Entrate non hanno svolto alcuna funzione accertatrice, cioè non hanno fornito l’elemento principe dell’accertamento cioè la certezza delle rilevazioni. L’infondato impianto degli imponibili da luogo alla richiesta, altrettanto infondata, di somme, tra imponibile, sanzioni ed interessi, che opprimono di gran lunga la reale capacità contributiva del contribuente, violando quindi il dettato dell’art. 53 della Costituzione. Il reddito effettivo della ricorrente, ai fini delle imposte dirette,  è stato correttamente appresentato nelle dichiarazioni dei redditi degli anni 2001-2-3 e tra l’altro producendo condono ai sensi della L. 289/2002. L’aspetto delle imposte dirette, nella fattispecie, non si pone affatto,  semmai l’unico aspetto che la Finanza avrebbe dovuto definire è se le somme percepite da Baby’s xxxxce e Axxxxxira, pari ad euro 4xxxx00 ( vedasi allegati n.9 e 10 ) fossero da assoggettare ad IVA oppure no. Ma la parte era  già pervenuta alla conclusione che la somma non era soggetta ad I.V.A. per due ragioni:

  • Per un aspetto, l’attività svolta non abitualmente, ma molto occasionalmente e solo per pochi giorni l’anno, in presenza di rapporto di lavoro dipenendete, non faceva nascere alcun obbligo di natura contabile trattandosi di prestazione fuori dal campo I.V.A..
  • Per altro aspetto, volendo considerare applicabile la discpiplina IVA, avrebbe dovuto optare o per l’art. 7, 4C lett. d) D.P.R. 633/72, per cui l’attività di consulenza ed assistenza tecnica sono fuori dal campo IVA, oppure per l’art. 9, p.7, e l’attività di intermediazione è non imponibile: Per entrambi le soluzioni non avrebbe dovuto corrispondere alcuna IVA.   In sintesi, l’Iva era non dovuta e le imposte Irpef sono state assolte, di conseguenza la ricorrente non deve nulla all’Erario. Si è testè scritto che l’interesse fiscale non può essere la comodità del fisco, né l’arbitrio, né la irragionevolezza. Ogni azione sull’applicazione delle imposte, sul modo dell’imposizione, non può alterare il quantum dell’imposta, che deve essere necessariamente collegata alla sua base economica. La capacità contributiva deve essere qualcosa di obiettivo, legato alla struttura dell’imposta, nel senso che la base imponibile deve essere incorporata nella fattispecie legale, come valutazione dell’elemento di ricchezza. Il principio di capacità contributiva esige prima di tutto che vi sia un collegamento effettivo tra la prestazione imposta ed il presupposto economico considerato. Ed il presupposto costituisce il fondamento ed il limite dell’imposizione.

Esso è alterato quando l’attività impositiva si traduce in sanzioni improprie e sfugge alla razionalità, non è fondata nella coerenza logica, assume come fatti tassabili elementi che diversamente non lo sarebbero. Non è legittimo spezzare il collegamento tra l’imposta teoricamente dovuta secondo norma ed il presupposto effettivo dato dalla base imponibile. Anche quando il contribuente viene accertato con il metodo induttivo, il
ricorso a tale metodo non può precludere l’applicazione delle regole relative alla struttura ordinaria dell’imposta. Anche quando vi è violazione di obblighi tributari, una volta “accertata” l’imposta secondo la procedura prevista (senza aggravio della situazione procedimentale come stabilita dalla legge), essa non può essere aggravata “a titolo e come sanzione“, pena la violazione del principio di capacità contributiva. L’interesse
fiscale, perciò, non può portare alla vanificazione del “principio di capacità contributiva”. L’uno deve coesistere con l’altro.

La giurisprudenza Costituzionale, come ricorda la stessa Corte nella sentenza n.200 del 1976, ha costantemente riconosciuto la necessità che le presunzioni,per poter essere compatibili con il principio di capacità contributiva, devono essere confortate da elementi concretamente
positivi, che la giustificano razionalmente
. Il principio suddetto – dice la Corte – nella misura in cui l’art.53, risponde alle esigenze di garantire che ogni prelievo tributario abbia causa giustificatrice  in indici concretamente rilevatori di ricchezza, dai quali sia razionalmente deducibile l’idoneità soggettiva al pagamento dell’obbligazione tributaria. Orbene, gli indici “concretamente rilevatori di capacità contributiva” attengono alla definizione del presupposto (mentre le presunzioni attengono alla prova di esso). E’ esclusivamente il collegamento tra presupposto economico e imposta dovuta che condiziona l’attitudine alla contribuzione, l’idoneità a pagare una somma a titolo d’imposta. Tale collegamento esige prima di tutto che la somma sia partita dalla ricchezza considerata e che vi sia proporzionalità inoltre fra l’una e l’altra: il collegamento non deve essere distorto per effetto di una dilatazione del carico tributario, con alterazione in eccesso del risultato quantitativo. (cioè presupposto come fondamento e limite dell’imposizione nell’attività di valutazione congruità e congruenza reale, non supposta).

L’aspetto del rispetto del principio di effettività si pone sotto il profilo dei metodi di calcolo per la definizione della base imponibile, che non può essere mai fittizia.  Un ulteriore profilo del principio di cui all’art.53 della Costituzione, inerisce il carattere attuale della capacità contributiva. Il principio in esame infatti deve essere riferito ad una idoneità effettiva alla contribuzione, che, per essere tale deve essere valutata in relazione ad un determinato momento.

3-VIOLAZIONE ALL’OBBLIGO DI MOTIVAZIONE DEGLI ATTI AMMINISTRATIVI: ART.42 DEL D.P.R. 29.09.1973, N.600; ART.7 DELLA LEGGE 27.07.2000, N.212; ART.3 DELLA LEGGE 07.08.1990, N.241.

Gli accertamenti impugnati  non sono motivati. Alle presunzioni della G.d.F., semplici o legali ed all’inattività accertatrice – ma anzi di adesione al P.V.C. dell’Agenzia delle Entrate -, sono state contrapposte con il presente atto ed allegate le inconfutabili  prove a dimostrazione della nfondatezza delle presunzioni. Ne consegue la nullità degli accertamenti.    In ordine all’elemento-requisito “motivazione” degli atti amministrativi e fiscali,  la disponibilità dei materiali dispositivi, normativi, illustrativi, di dottrina, di studio, di giurisprudenza di ogni specie e livello, ecc. ecc. è così ampia e ricca che è per davvero problematico e poco agevole nel suo ambito operare la scelta, in modo da poter dare (a misura ed appropriatamente) difensivamente conto a codesta On.le Commissione ed allo stesso Ufficio, del perché il sottoscritto è convinto che i tre accertamenti , in pratica, sono privi del requisito della motivazione, intendendo per privi che l’apparenza, l’insufficienza, la non congruità e l’inidoneità di essa vale per mancanza: (così dice in proposito e conclude il Prof. E. Demita: “Non esiste l’atto insufficientemente motivato; o è motivato o non lo è” (pag.319 del Testo I Principi di Diritto Tributario – Milano – Giuffre Editore 1999).

Con riserva perciò di ampliare, se necessario e controversia durante, gli argomenti di diritto e di ragione che confortano questo punto di ricorso, il sottoscritto, per ora, si limita a porne in evidenza alcuni, cioè i seguenti, individuati con il criterio della più stretta attinenza ed autorevolezza
vincolativa delle fonti, ben si intende significativamente vincolativa per l’Ufficio nel suo compito di articolazione territoriale dello Stato Italiano e
della Amministrazione Finanziaria dello stesso.

Dalla sentenza n.2990, del 23.5.1979, della Suprema Corte di Cassazione, Civile Sez.1° ( in giur.I.T., 1979, I, 1, pag.1774):

“La Pubblica Amm/ne non può dar vita ad alcun provvedimento che incida nella sfera patrimoniale del “cittadino”, senza aver prima, nell’ambito dello stesso procedimento che conduce all’emanazione dell’atto amministrativo “offerto a se stessa la prova dei presupposti di fatto che possono condurre all’emanazione del provvedimento”.

Dalla Circolare del Segretariato Generale del Ministero delle Finanze, n.49/S/186/95/UDC, del 13.2.1995 (della quale si allegano le pag.1807/1910,
come tratte dalla pubblicazione “Il Fisco” n.8/95):

Punto 3.4. L’obbligo di motivazione – Indicazione in ogni atto notificato dell’autorità a cui è possibile ricorrere. La terza ed ultima
disposizione riguardante i principi generali dell’attività amministrativa (art.3 della L. n.241 del 1990) stabilisce l’obbligo della motivazione per
“ogni provvedimento amministrativo”, con esclusione degli atti generali o a contenuto generale; la stessa norma fissa il contenuto minimo della
motivazione.

Si deve sottolineare che la puntuale osservanza di tale obbligo impone di dar conto in modo adeguato di tutte le tappe essenziali dell’iter procedimentale, con particolare riferimento alle memorie ed ai documenti presentati dai soggetti che hanno partecipato al procedimento.”

Dall’art.7 della Legge n.212/2000 e dall’art.3 della Legge n.241/1990:

“Gli atti dell’Ammi/ne Finanziaria, sono motivati secondo quanto prescritto dall’art.3  della Legge 7.8.1990, n. 241, concernente la motivazione dei provvedimenti amministrativi, indicando i presupposti di fatto  e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione dell’amministrazione. Se nella motivazione si fa riferimento ad un altro atto, questo deve essere allegato all’atto che lo richiama”.

L’Ufficio è parte dell’Amm/ne  Finanziaria, che è organo dello Stato, il quale ha pure ordinativamente stabilito che le sue articolazioni territoriali (nessuna esclusa) applichino esattamente le leggi, in modo conforme alla loro corretta interpretazione. E’ così questo uno dei modi di perseguire la giustizia tributaria. Tutt’intorno all’elemento motivazione il mondo del diritto, inteso nell’accezione più ampia considerabile, si è cimentato moltissimo, atteso il ruolo ad esso assegnato dall’ordinamento e la grande importanza del medesimo in termini di senso, utilità, doverosità, razionalità, efficienza ed indispensabilità che esso stesso ha, come fattore di regolamentazione e di guida della vita giuridica dei cittadini, costituitisi in consorzio civile ed in Stato di Diritto e Costituzionalizzato.

Per i fini che il presente atto di ricorso persegue, qui se ne riportano alcuni spunti, tutti di estrazione dai testi, ora di studio, ora di partecipazione
pubblicistica:

  • il nostro Paese sta attualmente procedendo sulla strada di altri Paesi (USA, la Germania, i Paesi  Scandinavi, ecc.) di più solido
    impianto di “Democrazia Amministrativa“;
  •    la gestione del potere è così aperta a tutte le componenti “attive” della società, passando da una fase definita di “sacralizzazione” degli atti amministrativi, ad una fase contrassegnata da nuovi diritti fondamentali del cittadino nei confronti della Pubblica Amministrazione, radicati ormai nella coscienza civile della collettività, quali il diritto  di partecipazione all’attività amministrativa, il diritto all’efficienza della
    Pubblica Amministrazione, il diritto alla comprensibilità e semplicità degli atti amministrativi e delle attività amministrative, eccetera, fino a giungere verso una sorta di “coamministrazione” in cui sono privilegiate le esigenze comunitarie e partecipative, nell’ottica di fondare, per quanto possibile, rapporti paritari fra Pubblica Amministrazione e cittadini non più da considerare come amministrati (cioè come supini soggetti passivi), in ossequio al principio della sovranità popolare (ex art.1, comma 2, della Costituzione) che riguarda la titolarità di tutte le funzioni pubbliche.
  • si è esattamente osservato che il principio della sovranità popolare tende non tanto a ripristinare il tipo di democrazia formale, fondata sulla concezione meramente rappresentativa del potere, sebbene a garantire un sistema sostanzialmente democratico, il cui intento è la piena realizzazione del singolo nel duplice aspetto di privato e di cittadino. Si può quindi correttamente sostenere, oggi, che l’ordinamento va riguardato come un vero e proprio “bene“, la cui determinazione è rimessa al popolo per la soddisfazione dei propri interessi (T.E. Frossini, in Sovranità Popolare e Costituzionale – Milano, 1997);

Tra l’abbondantissima disponibilità della manualistica di settore (nel cui ambito la scelta e la preferenza non sono certamente facili, proprio a ragione della vastità e della grande qualità delle trattazioni) è presente il “Manuale Professionale di Diritto Tributario” – IPSOA -, del Prof. Raffaello Lupi. Da tale manuale si riportano i seguenti periodi, tralasciando, a malincuore, tutta l’esposizione che l’eminente e chiarissimo studioso-cattedrattico ha dedicato all’importante e sostanziale argomento, di tutta conferenza con la tesi difensiva qui avviata dal sottoscritto difensore:

–  la motivazione non consiste quindi nella mera indicazione dell’imponibile e dell’imposta, ma essa deve piuttosto definire la materia del contendere e far capire al contribuente le ragioni della pretesa, consentendogli di prefigurarsi le prospettive di un possibile ricorso;

–  quando, come avviene spesso, la motivazione si basa su presunzioni occorrerà descrivere i relativi fatti indizianti ed i passaggi logici attraverso i quali si è giunti all’ipotesi da dimostrare;

–   i suddetti principi (esposizione dei dati di fatto, dell’iter logico-giuridico e l’indicazione della sequenza dei passaggi logici su cui si fonda la rettifica) valgono anche per le questioni di diritto, in quanto la motivazione deve riportare, in modo sufficientemente preciso, il ragionamento giuridico su cui  fonda l’accertamento stesso. Quindi l’importanza, l’indispensabilità e la rilevanza dell’elemento “motivazione” negli atti di accertamento fiscale è assoluta. Deve trattarsi altresì di motivazione seria ed esaustiva e non di una serie di presunzioniProvvisoriamente, pertanto, si limita la tesi difensiva attinente alla motivazione, confutando del tutto la tesi dell’Ufficio di aver munito i suoi avvisi dell’elemento motivazione, che, così com’è composta, si qualifica e si delegittima da sola, senza scomodare tanto diritto e tanta dottrina.

Non senza però sussidiare la qui in disamina vicenda, di alcuni argomenti, ad essa specifica e di diretta inerenza difensiva.

Essa così com’è concettuata e formata:

  • è apparente, insufficiente, inadeguata, sedicente;
  • è senza costrutto estimativo, di ragionevolezza, di sensatezza giuridica;
  • è priva di senso reale.

4- VIOLAZIONE DEI PRINCIPI E DELLE NORME SUL GIUSTO PROCEDIMENTO, ESSENDO L’ACCERTAMENTO TRIBUTARIO UN PROCEDIMENTO AMMINISTRATIVO NON LIBERO, MA REGOLATO E CANONIZZATO IN FUNZIONE DELLA CORRETTEZZA AMMINISTRATIVA DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE. VIOLAZIONE DEL PRINCIPIO DI LEGALITA’, CUI DEVE ESSERE INFORMATA L’ATTIVITA’ AMM/VA DELLE ARTICOLAZIONI TERRITORIALI DELLO STATO. ARTT.23,28 E 97 DELLA CORTE COSTITUZIONALE. VIOLAZIONE DEI PRINCIPI E DELLE NORME SUL “RAPPORTO GIURIDICO D’IMPOSTA”. 

Neppure le norme, i concetti, i principi e gli Istituti di Diritto determinativo, regolamentativi e qualificativi del:

–         Giusto procedimento Amministrativo-tributario;

–         Principio di legalità;

–         Rapporto giuridico d’imposta,

sono acqua fresca, inutile peso e bagaglio di cui la P.A.F., nelle sue espressioni territoriali periferiche, possono e sono legittimate, a piacimento, di fare a meno. Sono invece fonti e canoni (ora statuiti e scritti, ora come patrimonio della nostra cultura ed ora della nostra tradizione e del nostro sentire umano, civile e sociale) che pervadono l’organizzazione, l’azione amministrativa e quant’altro presidia la vita di ciascun consociato e degli
Ordinamenti-Istituzioni pubblici che si giunge a determinare. E’ giusto il procedimento amministrativo se è sostanziato da vera ragione e da
buona ragionevolezza, correttezza d’azione, sensatezza ed equilibrio di giudizio, ortodossia legale, natura ed indole di piena equità ed efficacia
della specie e quantità che solo da tutto questo consegue. Il principio di legalità, ben si sa, così si situa, si significa ed opera nelle società civili:

¨      l’attività amm/va deve rispettare costantemente il principio di legalità, inteso in senso sostanziale e funzionale ed in tal modo perseguire i propri fini, nell’ambito e secondo i principi dell’Ordinamento Giuridico e Istituzionale;

¨      Esso è ancorato al principio di tutela dei beni giuridici, di rilevanza costituzionale;

¨      Deve esistere ed assistere in ogni momento dell’agire amministrativo e si deve risolvere nell’obiettività ed imparzialità dell’azione, quindi ancora ad essa la riscontrabilità del giudizio espresso;

¨      La P.A., nello svolgimento della sua attività, deve rispettare quei limiti e quei vincoli che derivano direttamente dai principi costituzionali desumibili  dall’art.97. Inoltre le modalità di azione della P.A. devono trovare forme ed istituti, rinvenibili nell’Ordinamento e che dell’Ordinamento stesso, nel suo complesso, traggono legittimazione;

¨      Il principio di legalità consiste ed esige il rispetto del principio di efficienza, imparzialità, buon andamento e trasparenza della P.A.;

¨      Esso è molto altro, fino a porsi come fattore primario dell’etica, del senso e dell’azione di giustizia e persino dell’ordine pubblico.

Il rapporto giuridico d’imposta è dato dal coacervo delle norme che:

  • regolano e determinano i casi in cui l’imposta è dovuta;
  • indicano le persone obbligate al pagamento di essa;
  • stabiliscono i modi e le forme in cui l’imposta stessa deve essere accertata e riscossa;
  • prescrivono dover essere la potestà tributaria non esorbitante dal potere di disposizione dello Stato;
  • prestabiliscono lo speciale procedimento amministrativo, che deve svolgersi secondo le forme prescritte, la cui osservanza costituisce l’oggetto di un diritto soggettivo nei confronti dell’autorità finanziaria. Trattasi perciò di un rapporto giuridico costituito da relazioni con la P.A.F., previsto e tutelato dal diritto oggettivo, che riconosce alle parti attrici poteri, diritti e doverosità di condotta. L’Ufficio nei suoi avvisi asserisce e scrive che ha accertato, cioè che ha svolto un procedimento amm/vo-accertativo, dal quale ha tratto la motivazione, i valori
    dei beni ceduti e delle prestazioni eseguite, l’imponibile e le relative imposte (ed interessi) supplementarmente dovute
    . Gli stessi atti, a ben vedere, spiegano e dimostrano che l’Ufficio non ha svolto affatto un decente procedimento amm/vo di accertamento, organico, gionevolvente satisfativo e giuridicamente normale.

Sono tante le definizioni che si danno al procedimento accertativo tributario.

Si vuole che i contenuti di esso siano:

–  constatazione obiettiva dei fatti e situazioni;

–  contenuto di manifestazioni di conoscenza;

–  valutazione dei presupposti;

–  fase costitutiva (che è la fase centrale);

–  riscontro ed acquisizione dei presupposti oggettivi (istruttoria), che consistono in fatti giuridici o in condizioni di fatto materiali;

–  insieme di sequenze di atti ed operazioni rivolti alla constatazione storica del presupposto impositivo (valutazione dell’AN e determinazione del quantum).

Da tutto ciò nasce la fallacità del procedimento accertativo tributario di cui l’Ufficio fa attestazione nei suoi avvisi, che non riescono quindi a raggiungere i requisiti e la dignità dell’istituto “procedimento accertativo tributario” così come l’Ordinamento, la Costituzione li esigono, nei
suoi elementi generali e particolari. Autorevoli autori hanno sostenuto di aver chiarito che la “motivazione” va valutata con riferimento all’idoneità dei motivi adottati in concreto nell’atto, in vista della funzione perseguita per il loro tramite, onde apprezzare le ragioni in fatto e in diritto poste a fondamento dell’atto fiscale medesimo e stabilire se la motivazione c’è o non c’è, ha puntualizzato che:

¨      l’art.42 del D.P.R. 29.9.1973, n.600 è norma portatrice di un principio di portata generale, talché ad identica conclusione deve pervenirsi tutte le volte che l’atto in questione comunque non si conformi al paradigma legislativo che lo concerne;

¨      Vi è vizio e violazione di legge, sanzionabile con la nullità, tutte le volte in cui i presupposti ed i requisiti dell’accertamento si estraneino
dall’ortodossia giuridica
e l’atto in cui sono confluiti risulta non conforme alle prescrizioni normative che lo riguardano.

L’iter procedurale e procedimentale è parte essenziale, fondamentale, decisivo del meccanismo impositivo fiscale. E’ attraverso esso rocedimento che si attuano, le procedure di legge, si individua il “rapporto d’imposta” e si giunge alla formazione, alla fondatezza dell’obbligazione tributaria.

Ogni debordo è abuso, dolo o colpa, è violazione del proprio compito; è ragione di qualificazione della responsabilità omissiva o commissiva. Specie quando si opera a tavolino, nei nostri giorni, è azzardato dire di aver accertato.
Dire e pensare di fare non è come effettivamente aver fatto. Si sa: dire e fare non sono la stessa cosa.

A ragione di tutto ciò come sia possibile attestare impositivamente che vi è stato accertamento, procedimento amministrativo-accertativo? Così non è stato né prima né dopo, di modo che le relative censure sono conseguenti.

5.VIOLAZIONE DI NORME TRIBUTARIE ed in particolare:

–   Art. 53 del D.P.R 26.10.72, n.633 in quanto non può esserci presunzione di cessione se non sono stati acquistati beni per la rivendita.

– Art.54 D.P.R. 633/72 per non aver la ricorrente agito nell’esercizio di impresa, né di arti o professioni.

–   Art. 55 D,P.R. 633/72 per non essere la ricorrente obbligata alla tenuta delle scritture contabili, e quindi alla dichiarazione IVA annuale, atteso la natura del compenso percepito per gli anni 2001 e 2002.

– Art. 56 D.P.R. 633/72 perchè la motivazione indicata dall’Ufficio non costituisce motivazione in relazione al fatto fiscale rilevante della ricorrente,
bensì al quadro che la G.d.F. ha voluto e dovuto costruire presuntivamente sulla base di dati errati, infondati, falsi. La parte per sua scelta non ha
assistito alle operazioni di verifica e non ha firmato il verbale di constatazione, disconoscendo da subito la mole di inesattezze ivi riportate
.

–    Art. 39 D.P.R. 29.9.1973, n. 600 in quanto la parte non ha agito nell’esercizio di impresa, né arti o professioni. Il compenso percepito è di
natura occasionale. Inoltre per detti anni è stato prodotto istanza di definizione dei redditi ai sensi della Legge 289/02.

L’espansione forzosa della verifica ha comportato, al fine di dare un’apparente giustificazione all’operato, la violazione di più norme.

SINTESI DELLA RAPPRESENTAZIONE FEDELE DEL CASO IN ESAME E DELLA RICORRENTE:

  • La ricorrente ha sempre svolto mansioni di lavoro dipendente fino all’anno 2003, anno in cui, visto anche i fatti accaduti, decide di
    lasciare il lavoro dipendente per avviare l’attività di prestazioni di servizi per aziende estere in maniera più organizzata, cioè a tempo pieno e
    professionalmente;
  • Negli anni 2001 e 2002 ha svolto solo occasionalmente ( ha iniziato per caso ) ed a tempo limitato funzioni di interpretariato ed assistenza a due operatori stranieri attenendosi alle istruzioni dettate per iscritto, vedasi allegati n.(9 e 10 ), che prevedono il compenso forfetario,
    già a disposizione della G.d.F: prima che iniziasse l’attività ispettiva, ma che stranamente non sono mai stati considerati!;
  • La ricorrente è stata ingenua ed avrà probabilmente pasticciato con la documentazione contabile afferente i pagamenti tramite banca avendo fatto confusione con le sue personali disponibilità finanziarie nello stesso conto concorrente, ma ciò non vuol dire che la ricorrente sia  evasore commerciale. Il disordine è giustificato dal fatto che prima del 2001 non aveva mai  svolto compiti commerciali; infatti
    il lavoro alle dipendenze di agenzia di xxxxxxxxxxxxxxxxne richiede tutt’altra capacità, quali la riscossione del xxio ( non l’emissione di fatture e quant’altro) la predisposizione di preventivi di xxxze e l’invio del resoconto alla casa madre; mentre nell’uso commerciale  i termini fatture, cambiali, tratte, registri contabili, spedizioni, ordini, bolle di accompagnamento etc rappresentavano per la ricorrente cose incomprensibili, specie per il primo anno 2001;
  • Non ha mai venduto merci e di questo la stessa G.d.F. nel verbale afferma di non aver rinvenuto né capi di abbigliamento né documenti amministrativi, se non qualche fotocopia di fattura del produttore italiano che spediva merce al rappresentato straniero. Tutti gli interpellati hanno dichiarato di non aver corrisposto alla ricorrente né provvigioni, né somme ad altro titolo e meno che mai per vendita di capi di
    abbigliamento. Il patrimonio immobiliare e mobiliare, grazie al cielo apprezzabile, della sottoscritta si è formato grazie all’eredità ricevuta dai suoi genitori, vissuti ad Addis Abeba ed al proprio lavoro di decenni nel campo assicurativo; elemento questo bastante per far desumere che la ricorrente non aveva certamente bisogno di evadere il modesto compenso degli arabi;
  • E’ illegittima la modalità di esecuzione dei controlli presso la banca per due ragioni:
    • I verbalizzanti hanno assunto i movimenti contabili come relativi alla presunta attività.
    • Non hanno estrapolato i movimenti relativi ai titoli personali, agli interessi, ai versamenti e prelievi di denari personali serviti per il sostenimento di spese familiari, quali il matrimonio della figlia, la ristrutturazione edilizia dell’abitazione, la riparazione dell’autovettura e così all’infinito.
  • La ricorrente ha prodotto ai fini Irpef per gli anni dal 1997 al 2002 definizione ai sensi dell’art. 9 della legge n. 289 del 2002, provvedimento tombale, mentre non ha, perché non tenuta, prodotto alcunché ai fini I.V.A. non essendo mai stata soggetto passivo d’imposta ai fine delle
    indirette (allegato n. 11);
  • Per l’anno 2003 ha istituito la partita Iva ed ha tenuto le scritture contabili; ha prodotto le dichiarazioni fiscali previste dall’ordinamento tributario. L’indagine condotta per il periodo fino al 30.6.2003 non può misteriosamente fornire gli elementi per presumere il reddito dell’anno 2003 !. E’ evidente l’omissione dell’Agenzia delle Entrate, che pur essendo a conoscenza del’esistenza del  soggetto d’imposta, non ha neppure chiesto le scritture contabili dell’anno 2003, quanto meno per verificarne  il comportamento;
  • Evasore è colui che organizza la propria vita per volontariamente evadere le imposte e non chi può aver commesso, semmai, qualche errore commerciale, mentre l’aspetto cruciale che ci riguarda, fin dal sorgere della questione, è stabilire se xx.000,00 euro ricevuti da soggetto estero per una prestazione occasionale, non nell’esercizio d’impresa, sia soggetta ad IVA o meno, fermo restando che le imposte dirette sono state pagate; Questo evento fortuito, incredibile e sciocco per il suo reale peso e non per quello montato, ha inciso negativamente nella struttura morale e, cosa grave, ha distrutto il clima di serenità della famiglia, fino a cancellare decenni di consolidati rapporti familiari.

P.Q.M.

Il sottoscritto, avuto altresì riguardo allo spirito ed alle prescrizioni dello Statuto dei Diritti del Contribuente (Legge n.212/2000), viene a finale
considerazione e conclusione che i tre avvisi di accertamento risultano completamente ed in radice, come pure nella loro orditura tempore-sequenziale e concatenazione ordino-giuro-strumentale, estranei al nostro Stato di Diritto ed al nostro Ordinamento Giuridico Tributario. Tanto a ragione della loro infondatezza, intrinseca illiceità, abusività, arbitrarietà e piena illegittimità. Per cui sono da estromettere dal sistema fiscale, in uno, col procedimento “pagamento/riscossione” che l’Ufficio è proteso a voler prefigurare e svolgere.

Trattasi di atti qualificabili nulli per alcune loro specificità di viziosità, ingravescenti di tal genere di configurazione ed annullabili per le
altre fattispecie di antigiuridicità, che portano all’istituto dell’annullamento.

Ed a tali fini ed esiti di Giustizia, richiamando ciascun punto di ricorso ed elemento difensivo introduttivamente conferito nella controversia, il
sottoscritto

CHIEDE

A)    AI SENSI DELL’ART.47 DEL D.LGS. 31/12/1992, N.546 E S.M. a Codesta On.le Commisione, in via cautelare, voler accogliere l’istanza di sospensione dell’esecuzione dei tre atti impugnati, che qui si formula, non essendo in grado di corrispondere le imposte, le sanzioni ed accessori computate. La sottoscritta, fino ad oggi, ha già sostenuto oneri maggiori di quelli riscossi per la collaborazione menzionata.

B) DI VOLER  AMMETTERE LA TRATTAZIONE, IN OGNI SUO SVOLGIMENTO DISCUSSIVO, IN PUBBLICA UDIENZA, sussistendo, per la Parte ed il Sottoscritto, la necessità di avere completa e diretta conoscenza e contezza dell’agire e dell’atteggiarsi, eventualmente oppositario dell’Ufficio e delle tesi di esso, a confutazione dei motivi oppugnatori assunti dal sottoscritto in questo ricorso.

C) AI SENSI DELL’ART.7 DEL D.LGS. N-546/92, si applichino tutte le attività istruttorie per il più tempestivo, organico e congruente esercizio dell’attività cognitiva, il cui cimento, nel caso di specie, si prospetta come soverchiante, per giungere a definire l’intera sequela delle illegittimità in cui G.d.F. e Ufficio sono incappati.

D) DI VOLER ACCOGLIERE, NELLA SUA TOTALITA’, IL PRESENTE RICORSO, e, per effetto e con riferimento alle previsioni di legge, dichiarare nulli o annullati i tre avvisi ed inesistente ogni obbligazione d’imposta ed accessori, essendo essi del tutto arbitrari ed inidonei a costituire alcuna ebenza erariale, tanto che l’astrattezza di essi, li rende invalidi per mancanza di causalità. Per sua intrinseca ed imprescindibile natura, l’accertamento preclude ogni tipo di valutazione, ma soggiace alla più severa decisione del Giudice, al quale la ricorrente ha fornito prove dell’errata ontabilizzazione dell’imponibile fatta dalla G.d.F. e successivamente dall’Agenzia delle Entrate di Gioia del Colle con i suoi tre avvisi di accertamento.

In via del tutto residuale ed in subordine, qualora Codesta Commissione ritenga territorialmente competente la prestazione, voler dichiarare dovuta l’I.V.A. sul compenso percepito pari ad euro xxx000,00 per l’anno 2001 ed euro 4xxxx0, 00 per l’anno 2002.

CON IL FAVORE DELLE SPESE E DEGLI ONERI DI GIUDIZIO.

 SI PRODUCONO I SEGUENTI ATTI:

  • Copia del ricorso consegnato all’Agenzia delle Entrate;
  • Fotocopia della ricevuta di deposito;

ALLEGATI:

  • All: 1 – Copia  dei n.3 avvisi di accertamento impugnati;
  • 2 –  Copia del PVC;
  •  3 – fotocopie: ricevute affitto,  e/c Unicredit, allegato 5 del P.V.C.;
  •        4 –  fotocopia e/c Unicredit c/ xxxxxxxxxxxxxx;
  •        5 –  fotocopie: pag.11 del P.V.C., fatt. T.M. di xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxl., n. 130 del xxxx002, n. xxxdellxxxxx2002, fattura  n. xxxx del
    19.4.2002 della Trxxx S.r.l., fatt. 1xxx2 dell’8’82002 della Fxxx. S.r.l., fattura n. 7xxx del 21.10.2002 della GexxxxxxxxS.n.c.;
  •        6  – n.28 fotocopie di fatture commerciali;
  •        7  -fotocopie: assegno di euro 6.xxx40 intestato alla soc. Gaxxxx S.r.l. con dichiarazione, fattura  n. 445 del 12xx2002 della ditta Creazioni Gaxxx S.r.l., fattura n. xx2 del 23.10.02 della xxx S.r.l.;
  •        8  -fotocopia Quadro RG modello Unico 2003;
  •        9  -fotocopia conferimento delega di AL xxxxA;
  •       10  -fotocopia  conferimento delega Babxxxxxxlce;
  •       11  -fotocopie: definizione fiscali anni dal 1997 al 2002 ai sensi della Legge 27.12.2002, n. 289,  con relativi versamenti;
  •       12  -fotocopia dichiarazione Inizio attività mod. AA9/7 Agenzia delle Entrate dall’1.1.2003;
  •       13  -fotocopie: Dichiarazioni Unici anni 2001-2002-2003;
  •       14  -fotocopia del libretto di lavoro;
  •       15 – fotocopia assegno me medesimo rilasciato in pagamento di forniture locali ma negoziato nel Napoletano da sconosciuti cinesi.

Putignano, li 15/12/2005
Con ossequio
_________________________

(Il difensoreabilitato, Rag. Tonio Detomaso)

 

DICHIARAZIONE DI CONFORMITA’ DELLA COPIA DEL RICORSO ALL’ORIGINALE.

Il sottoscritto rag. Tonio Detomaso, in qualità di difensore abilitato della Signora xxxxxxxxa attesta, ai sensi dell’art.22, comma 3, del D.Lgs.
546/1992 e s.m., che questo ricorso è conforme all’originale consegnato all’Agenzia delle Entrate di Gioia del Colle in data __________.
Firma del difensore
______________________
(rag. Tonio Detomaso)

Ricorso avverso accertamento da studi di settore

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ALLA COMMISSIONE TRIBUTARIA PROVINCIALE DI B A R I

Oggetto: ANNO 2004 – IMPOSTE  IRPEF –– IRAP – IVA da  STUDI DI SETTORE.  

RICORSO avverso l’ Avviso di Accertamento n. xxxxxx per l’anno 2004, prot. n. xxxxx del xxx, atto notificato
in Putignano il xxxxx, raccomandata n. xxxxx, emesso dall’AGENZIA DELLE ENTRATE UFFICIO DI xxxxxx.

Contro:
AGENZIA DELLE ENTRATE UFFICIO DI xxxxx.

ricorrente: xxxxxxxxxxxxxxxxxxx, nato
a xxxxxxx il xxx ed ivi domiciliato in Via xxxxxxxxxxxxxxx, C.F. xxxxxxxxxxxxx,
amministratore di condominio;

e per
suo nome e conto, il difensore tecnico abilitato
:

Rag. Tonio Detomaso,
nato a Putignano (Ba) il 4.9.1947, con studio alla Via G.
Pascoli, n.27/a, 70017 Putignano (Ba), Cod. Fisc.

DTM TNO 47P04 H096B, giusta procura alle liti,  rilasciata a margine del presente atto di ricorso, a cura

dello  stesso ricorrente xxxxxxxxxxxxe.

 CON LA RICHIESTA

A)  DI TRATTAZIONE DELLA CAUSA IN PUBBLICA UDIENZA, AI SENSI DELL’ART. 33, 1° COMMA
DEL D.LGS. n.546/92. 

B) DI ESERCIZIO DI OGNI POTERE ISTRUTTORIO, OVE OCCORRA, ESSENDO LA CONTROVERSIA FORIERA DI ASPETTI COGNITIVI DEL
TUTTO PARTICOLARI, NELLA PROSPETTAZIONE DELLA RATIO DI BISOGNO E DI
ASSENTIMENTO DELL’ART.7 DEL D.LGS. N.546/1992;

C)  ALL’UFFICIO  DELL’AGENZIA DELLE ENTRATE AVVISANTE, DI ANNULLAMENTO DELL’ OPPOSTO AVVISO,
MEDIANTE L’APPLICAZIONE DELL’ISTITUTO DELL’AUTOTUTELA, AI SENSI DELL’ART. 68
DEL D.P.R.  287/92 E DELL’ART.2 QUATER  DEL D.L. 30.09.1994, IN LEGGE 30.11.1994, N.656 E DELLE DIRETTIVE APPLICATIVE
E  REGOLAMENTARI DETTATE DALLE  ISTITUZIONI GERARCHICHE SOVRAORDINATE.

Il sottoscritto difensore rag. Tonio Detomaso, libero  professionista in Putignano (Ba), ha ricevuto mandato difensivo dal Sig. xxxxxxxxx,xx
essendogli giunto a notifica il xxxxxxxx l’ avviso d’accertamento n. xxxxxxx/2009  (Prot. n. xxxxxxxx del xxxxxxx), emesso
dall’AGENZIA DELLE ENTRATE UFFICIO DIxxxxxxxxxxxxxxxxx .

Egli in esecuzione del mandato difensivo ricevuto, ha  riscontrato la totale infondatezza ed illegittimità del citato avviso
d’accertamento, pertanto, ai sensi dell’art. 18 e seguenti del D. Lgs.  31.12.1992, n. 546 e s.m.,

RICORRE

A  Codesta On.le Commissione Tributaria Provinciale, quale Giudice a quo, affinchè  eserciti la relativa cognizione e decida la controversia ai sensi dell’art. 36  dello stesso D. Lgs. N. 546/1992.

MOTIVI DEL
RICORSO

IN FATTO

1)  Il 25  giugno 2007 due Funzionari dell’Agenzia delle Entrate di xxxxxx iniziavano nei confronti del ricorrente xxxxxxxxxle la verifica per l’anno in corso (2007) ed  il controllo per il periodo d’imposta 2004 ai fini degli Studi di settore,  giusta autorizzazione prot. xxxxxx del xxxxxxxx (all.5) a firma del  Direttore dell’Ufficio di xxxxxxxxxxxxxx. La verifica iniziava il giorno 25 e  si concludeva il 28 del mese di xxxx 2007, con la redazione dei relativi  verbali giornalieri. Il giorno 29.06.2007 veniva redatto il Processo Verbale di  Constatazione (all.1).

2)  Dal  verbale di constatazione, in sintesi, si apprezzano i seguenti elementi di  sintesi comprovanti la corretta tenuta delle scritture contabili e la
corrispondenza dei dati dichiarati con la documentazione contabile
:

  • Pag.  4- “ Per quanto concerne l’esame formale  relativo all’anno in corso, si rileva che dall’eseguito controllo in ordine  alla regolare istituzione ed aggiornamento delle scritture contabili, non  emergono situazioni che potrebbero essere sanzionate”. Pag.  5- “ Considerato che la ditta xxxxxxxxxx,  con riferimento alle due attività esercitate ( amministrazione e gestione di  beni immobili per conto terzi di cui al codice 70320 e Agenzia di mediazione  immobiliare di cui al codice 70310), risulta essere assoggettata agli Studi di Settore,  i verbalizzanti hanno acquisito i modelli dei dati rilevanti ai fini  dell’applicazione degli studi di settore forniti dalla parte e, dopo aver  constatato la veridicità dei dati extracontabili e dei dati contabili inseriti  negli stessi, hanno rilevato l’esito del calcolo…”

3)  Il 18  dicembre 2009 è stato notificato l’accertamento impugnato con il quale  l’Agenzia di xxxxxxxxxxx, con riferimento all’attività di amministratore di  condominii, per l’anno 2004, accerta maggiori  ricavi pari ad € xxxxx.444,00 e chiede il pagamento delle seguenti  somme:

IRPEF                                                                           €     xxxxxx40,00

ADDIZIONALE REGIONALE                                    €
xx0,00

ADDIZIONALE COMUNALE                                    €         xxx,00

IRAP                                                                            €
xx xxxxx,00

IVA                                                                              €
xxxxx,00

SANZIONE AMMINISTRATIVA                              €
xxxxx,00

INTERESSI                                                                  €       xxxxx

L’Ufficio eleva il reddito di lavoro autonomo (amministratore di  condominii) da  € xxxx6,00 ad € xx020,00,  mentre lascia invariato il reddito d’impresa dichiarato pari ad € xxxx448,00 ( per l’attività svolta di intermediazione immobiliare) e pertanto il reddito  complessivo per l’anno 2004 da € xxxx.241,00 passa ad € xxxx5,00.

***.     IN  DIRITTO      .***

  • DIFETTO ED  INVALIDA MOTIVAZIONE DELL’ ATTO DI ACCERTAMENTO. ILLEGITTIMA APPLICAZIONE DEGLI
    STUDI DI SETTORE –  NULLITA’.  
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Controlli Bancari

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L’art. 32 del D.P.R. 29.09.1973, n. 600 ( accertamento), 1° c, n.7, prevede che l’Amministrazione Finanziaria  possa richiedere alle banche, e ad altri soggetti, dati, notizie e documenti relativi a qualsiasi rapporto intrattenuto od operazione effettuata, ivi compresi i servizi prestati, con i loro clienti, nonché alle garanzie prestate da terzi. Tutti i versamenti ed i prelevamenti devono essere giustificati dal contribuente, altrimenti sono attratti come corrispettivi imponibili, presunzione legale questa superabile solamente fornendo la prova specifica, per ciascuna movimentazione bancaria, volta a dimostrare l’estraneità della stessa all’attività svolta. Continue reading